Benedetta da un broncio à la Brigitte Bardot, Staz Lindes non è un’ambasciatrice qualsiasi. La scelta di Yves Saint Laurent Beauté per questa modella-rocker come égérie per il makeup è stata una scossa di novità. Cresciuta a Los Angeles, ha 24 anni e un profilo Instagram dall’estetica ruvida e sincera, con 70 mila follower (e non una manciata di milioni, come ormai è requisito imprescindibile per le modelle considerate di successo).

Staz combina moda e musica anche grazie al dna: è figlia di un’ex modella e di Hal Lindes, chitarrista dei mitici riff dei Dire Straits (mentre lei è musicista e frontgirl della band punk-rock The Paranoyds).


Quali sono i suoi primi ricordi legati al makeup?
Osservare mia mamma mentre si trucca prima di uscire.

Quando si sente bella? Non penso mai di essere realmente bella in questo periodo, capisce cosa intendo? A volte esco completamente struccata, altre volte invece ne sento la necessità. Sono in pace con me stessa solo nel mezzo di una canzone suonata dal vivo: sul palco non penso mai a come appaio.

Se potesse trascorrere un giorno con Yves Saint Laurent a Los Angeles, dove lo porterebbe per fargli conoscere la vera Staz? Dovrebbe vedermi suonare, perché sul palco mi sento veramente io e vulnerabile. Di solito ci esibiamo al The Echo o The Smell (famoso club underground, da cui sono banditi alcol e droghe, ndr). Preferisco i posti con un pubblico di tutte le età e con gente che balla.

Diventare un’ambasciatrice YSL significa “parlare” a molte giovani, che messaggio vorrebbe trasmettere? Vorrei che le ragazze non si disconnettessero da chi sono in realtà per diventare qualcuno che pensano di dover essere per forza. È molto più cool essere semplicemente se stessi.

Com’è il suo rapporto con i social media (@yostazyo)? Non voglio essere quel tipo di persona che li sfrutta per vantarsi. A volte li uso in modo più personale, ma li ritengo utili per diffondere informazioni. Sui nostri concerti, sulle notizie, su tutte le cose terribili che stanno succedendo in America.

La situazione la fa arrabbiare? Sì, ma spesso sono solo triste. La rabbia mi fa reagire, per cui frequento tante riunioni e manifestazioni, dove trovo persone sconvolte quanto me. Trovo triste quel comportamento da bullo, che attacca solo le persone più deboli (non pronuncia mai il nome Trump, ndr).

Questo senso dell’impegno l’ha ereditato dai genitori? Mia mamma mi ha sempre incoraggiata ad avere un’opinione su cosa mi sembrasse giusto o sbagliato. Ed è sempre stata sincera sulle sue idee, in particolare riguardo la questione femminile. Ricordo le discussioni quando volevo diventare cheerleader e lei non approvava (sorride).

Qual è la forza e la debolezza della sua generazione? Da una parte tanti lottano per i diritti e difendono chi viene attaccato. Dall'altra, abbiamo iniziato a credere che non si debba lavorare per ottenere qualcosa. Su Instagram nessuno posta la fatica o i “no”ricevuti, ma solo le vittorie, per cui sembra che gli obiettivi si raggiungano senza un percorso. Ma la strada più facile non funziona mai.

È così anche nella musica? Bisogna sempre darsi da fare: se le cose arrivano facilmente, non durano a lungo. Esistono band travolte dal successo, perché una canzone finisce in un film o in una pubblicità, ma si schiantano subito. La longevità artistica richiede duro lavoro.

Come la descriverebbero gli altri membri della band? Spero dicano che sono divertente (ride).

Cosa è “punk”oggi? Usare una piattaforma che si ha a disposizione per difendere gli altri. Come quando Marlon Brando ha mandato la ragazza nativa americana a ritirare l’Oscar per Il Padrino in segno di protesta.

Immagini due persone che parlano di lei fra 50 anni: «Ricordi StazLindes? Era quella che...». Non posso completare la frase: so che farò qualcosa di importante, ma non è ancora successo. Almeno lo spero! Be’, stanno ancora parlando di me dopotutto.