Nel 2014, dopo la diffusione della notizia del ritrovamento di una fossa comune a Tuam, in Irlanda, vicino a una vecchia casa per ragazze madri gestita dalle suore del Buon Soccorso, il Governo irlandese ha immediatamente nominato una commissione per svolgere un’inchiesta sull’istituzione e, per estensione, su 18 case per giovani madri e orfani gestite da religiose.

Il rapporto pubblicato in questi giorni a conclusione di sei anni di indagini svolte dalla Mother and Baby Homes Commission of Investigation inquadra la situazione economica, religiosa e sociale in cui sono cresciute le donne irlandesi nel secolo scorso. Le 3.000 pagine, un misto di dati e racconti di esperienze ai limiti dell'orrore, sono state presentate al Parlamento di Dublino dal premier Michéal Martin, accompagnate da un atto ufficiale di scuse da parte dello Stato: “Questa storia apre una finestra inquietante su una cultura profondamente misogina che in Irlanda, nel corso di diversi decenni, ha visto una grave e sistematica discriminazione nei confronti delle donne, soprattutto di quelle che hanno partorito al di fuori del matrimonio".

A conti fatti, più di 9.000 bambini e neonati sono morti negli istituti per ragazze madri dal 1922 al 1998, di pochi si hanno i certificati di morte e di pochissimi sono stati trovati i resti. Nella prima metà del Ventesimo secolo l'Irlanda aveva uno dei peggiori tassi di mortalità infantile d'Europa, ma nelle case per ragazze madri i tassi di mortalità erano comunque 4-5 volte superiori a quelli della popolazione locale. Queste giovani donne e i loro bambini erano diventati parte di un sistema crudele promosso dalla Chiesa e tollerato dallo Stato che cercava attivamente di punire e disonorare donne e ragazze per il “peccato” di avere avuto una gravidanza prima del matrimonio, spesso per mancanza di contraccettivi e di una minima educazione sessuale, o come risultato di incesti e abusi.

I dettagli che emergono leggendo il resoconto sono perversi, ricordano il misery porn dei documentari investigativi di Netflix che ci piace guardare per scandalizzarci: ci sono gli abitanti di Tuam (che, come se non bastasse, prende il nome dal latino tumulus, sepolcro), indifferenti e omertosi, c’è l’Erin Brockovich locale, Catherine Corless, nel ruolo della casalinga che si ostina a fare domande e così alza il polverone, ci sono le suore manesche, i preti affamati di potere, i medici che vogliono sperimentare nuovi vaccini, le ragazze che scompaiono nel cuore della notte, ma soprattutto ci sono i bambini - abbandonati, malnutriti e senza cure. Bambini privati degli affetti e di una sufficiente educazione perché “illegittimi”, che se riuscivano a sopravvivere nonostante la fame, il freddo e gli abusi psicologici, dovevano essere adottati entro i 7 anni (per i maschi) o i 9 anni (per le femmine). Chi entrava nella società dopo essere cresciuto in un istituto del genere lo faceva portando su di sé lo stigma di un’infanzia vergognosa. Le giovani madri intanto erano destinate a un’espiazione perpetua, trattenute dopo il parto contro la loro volontà, spesso con la complicità dei loro familiari, preoccupati di mantenere integra la reputazione della famiglia. Ovviamente, dei padri nemmeno l'ombra.

In generale, sembra non ci sia mai stato un momento in cui era facile essere una donna in Irlanda.

Hanno sempre vissuto in un sistema misogino e patriarcale dove contraccezione, aborto e divorzio erano proibiti, così come lavorare dopo il matrimonio o il diritto di proprietà. La donna era confinata alla vita domestica e la stessa Costituzione, scritta del 1937, specificava che la sua mansione era quella di procreare. Stato e Chiesa Cattolica detenevano il controllo totale anche del loro corpo fino a pochi decenni fa. Ci riferiamo spesso con (subconscia) aria di superiorità alle mutilazioni genitali femminili in Africa, quando dietro l'angolo le donne irlandesi combattevano per avere contraccettivi e gravidanze sicure. Come se non bastasse, hanno anche avuto a che fare con la sinfisiotomia (dal 1920 al 1980), l'alternativa al taglio cesareo che prevede la recisione di una delle articolazioni pelviche e lo scardinamento del bacino per favorire il parto naturale, questo perché negli ospedali di orientamento cattolico si temeva che il taglio cesareo riducesse la capacità di una donna di avere altri figli. Va anche menzionato lo scandalo della talidomide, farmaco anti-nausea e ipnotico che veniva somministrato alle donne in gravidanza a fine anni Cinquanta, prima che si scoprisse che le donne trattate con talidomide partorivano neonati con gravi alterazioni congenite dello sviluppo degli arti. Il Governo Irlandese ha deliberatamente ritardato il ritiro del farmaco dal mercato minimizzando il rischio che correvano le donne e i loro feti che nel frattempo hanno continuato a prenderlo.

Tradizionalmente la Chiesa non ha mai commentato questioni del genere, ma dopo lo scandalo del 2014 e la pubblicazione del report in questi giorni, persino l'arcivescovo di Armagh e capo della Chiesa Cattolica Irlandese ha pubblicato delle scuse ufficiali e ha ammesso che la Chiesa faceva parte di una cultura in cui le persone “venivano frequentemente stigmatizzate, giudicate e rifiutate”. Dopotutto negli ultimi anni, a suon di scandali, l'Irlanda è passata da bastione del Cattolicesimo a uno dei paesi dove la secolarizzazione procede a ritmi sostenuti. Forse, come dicono alcune delle persone coinvolte nella storia di Tuam, vittime e non, tra qualche generazione tutto questo sarà solo l'ultimo capitolo di una vecchia Irlanda che quasi non c'è più.