Era l'anno di grazia 1983, e, su un battello la cui vita era allietata da ballerine di varietà con gonne a ruota e furti degni dell'acume di Agatha Christie, Boy George canticchiava Kharma Chameleon. Il video realizzato per la canzone divenuta hit poco dopo, mostrava il cantante dei Culture Club in treccine infiocchettate e abiti improbabili – ma d'altronde erano gli Anni 80 – e soprattutto, perfettamente truccato. Se il suo non era un primato – abbondavano all'epoca i performer che, per rimanere più impressi o far parlare di sé, facevano pesante ricorso al maquillage, a volte adottando addirittura un abbigliamento femminile, come succedeva con il punk dei New York Dolls – il make up per Boy George è stata una costante, mai utilizzata (solo) per strategia di marketing, ma parte integrante della sua eclettica personalità, tanto che, ancora oggi, non si mostra mai in occasioni ufficiali senza uno smoky eye sfumato comme il faut.

Tre decadi dopo, e con le dovute aggiustatine, quella che negli Anni 80 era considerata una follia concessa solo all'interno del perimetro dello star system, è divenuta (quasi) normalità, almeno a leggere i dati ufficiali. L'industria della bellezza al maschile sta infatti sperimentando negli ultimi anni una crescita esponenziale, tramutandosi nel paese dei balocchi dei principali competitor, che ormai hanno saturato gli scaffali delle profumerie con prodotti dedicati a lei. La cura personale dell'uomo, e tutto quello che vi afferisce (dalle creme idratanti alle maschere da viso, passando, a volte, anche per il make up) vale oggi 122 miliardi di dollari, secondo NPD Group, e il futuro è carico di promesse:

Allied Market Research stima infatti che entro il 2022, la cifra arriverà a 166 miliardi.

Un aumento delle vendite non esponenziale, ma di certo costante (solo l'anno scorso del 7%) che è il risultato di anni nei quali si è modificata la percezione di lui rispetto a creme idratanti e contorno occhi: non più sinonimo di femminea vanità e quindi da evitare a ogni costo, ma necessità imprescindibile, inserita a pieno diritto nella sfera della cura personale.

A ben vedere, l'inizio di questa tendenza è imputabile al nuovo successo di cui godono barberie e barber shop, divenuti non solo posti dove farsi tagliare i capelli o radere la barba, ma luoghi di aggregazione al maschile, secret club di eletti che condividono lo stesso olio da barba, al pari dei sarti, anche loro nell'ultima decade in grande spolvero, ma con dei costi molto meno democratici. Se i conservatori milanesi non hanno mai smesso di andare dall'Antica Barbieria Colla, nascosta discretamente – o forse per sfuggire ai modaioli che riempirebbero la piccola sala, la stessa del 1904, di parvenu – in una via poco distante da San Babila, gli hipster rampanti frequentano con una certa regolarità Bullfrog nella centralissima Cordusio, dibattendo su lozioni e mousse con la stessa vivacità con la quale ci si scambia consigli su tatuatori e annate di whisky, altri complementi imprescindibili della filosofia al maschile sposata dal marchio.

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E infatti, solo l'anno scorso il marchio nativo digitale Harry's, è stato acquistato per 1,37 miliardi di dollari da Edgewell, fondo che è anche proprietario del marchio di rasoi Schick e Wilkinson. Il motivo del prezzo astronomico è nel valore aggiunto della start-up nata dalla necessità del fondatore, Jeffrey Ryder, di trovare rasoi (e prodotti per la barba) di qualità, a prezzi economici. Il marchio, che difettava di una struttura logistica e commerciale paragonabile a quella dei grossi competitor, ha così puntato sull'infallibile tattica dello storytelling, costruendo un profilo Instagram cromaticamente gradevole, e puntando su una comunicazione contemporanea, che abbatte gli stereotipi a colpi di ingegnosi micro-video, da quello nel quale i clienti raccontano la loro prima rasatura – e le conseguenti complicazioni e effetti collaterali, comici oppure carichi di emotività – allo spot nel quale un alieno arriva sulla terra e chiede ad un ragazzino di passaggio di raccontargli come si fa ad essere un uomo, scoprendo che non sono più validi gli assunti stereotipati a cui il passato ci ha abituato. I primi proventi sono così serviti per acquistare una fabbrica in Germania, eccellenza in materia di manifattura dei rasoi. Il successo è stata una naturale conseguenza.

Una tattica intelligente, che ha colto nel segno: quasi il 40% degli uomini tra i 18 e i 22 anni ha mostrato un certo interesse verso prodotti gender-neutral, secondo il Beauty Consumer Report di NPD dello scorso anno. Così Chanel ha lanciato lo scorso settembre la prima linea di skin care da uomo, Boy de Chanel. Nel mentre, più del 56% degli uomini americani ammette di aver usato, almeno una volta nello scorso anno, un concealer, un fondotinta o una bb cream. E in effetti i più attratti da questo tipo di prodotti sembrano gli uomini dall'altra parte dell'Oceano, che comunque si posizionano al secondo posto rispetto all'Asia: Jason Chen, manager del sito di retail Tmall sostiene che il numero dei prodotti disponibili non è al momento capace di soddisfare la richiesta.

E così come per la moda – che pure ha avuto un impatto significativo sul superamento del genere, basti pensare al lavoro di Alessandro Michele per Gucci o a Jaden Smith testimonial di Louis Vuitton, in gonna – anche nel settore beauty hanno iniziato a proliferare i blogger, o, nello specifico i vlogger. Appassionati in materia, hanno dato via a canali YouTube con milioni di iscritti, dove spiegano, con dei tutorial, come illuminare al meglio gli zigomi, divenendo appetibili testimonial per i colossi del settore. Manny Gutierrez, ad esempio, forte dei suoi 5 milioni di subscriber su YouTube, è stato ingaggiato da L'Oreal per pubblicizzare il Colossal Mascara, mentre James Charles aveva solo 17 anni quando il gruppo Coty ha acquistato il marchio CoverGirl, chiedendogli di divenire testimonial della linea CoverBoy. Il successo dell'adolescente di Bethlehem, che insegnava come disegnarsi delle finte efelidi e chiedeva ai suoi amici dai 5 ai 10 dollari per fornire i suoi servigi estetici, è stato tale da trasformarlo in una celeb, di quelle che hanno sfilato allo scorso Met Gala. Peccato che pochi giorni dopo abbia subito un fortissimo e vibrante j'accuse da parte della sua mentore e amica, Tati Westbrook, che lo ha pubblicamente accusato, come si usa fare su YouTube tra le personalità che contano (milioni di subscriber), di aver pubblicizzato nelle sue stories degli integratori vitaminici di un brand competitor (il suo si chiama Halo Beauty, ben visibile per tutti i 40 minuti del cahier des doléances telematico). Profondamente tradita da un ragazzo nel quale lei, più famosa, aveva creduto dall'inizio, promuovendolo con la sua nutrita fan base di 10 milioni di subscriber, il video di Tati ha spinto proprio chi la seguiva a fare tutto ciò che è in loro potere: cliccare su unfollow. Un calo di 3 milioni secco, che ha spinto Charles a creare un video a sua volta, in un'infinita spirale di egocentrismo e kajal.

Eccessi da celeb a parte, nel Belpaese non esiste ad oggi una personalità al maschile capace di raggiungere questi risultati, e forse non avrebbe neanche un pubblico a cui rivolgersi.

Ad avere raggiunto un simile successo fuori dai confini americani, per il momento, è solo Jonathan Van Ness (che sempre dal nuovo continente però arriva). Quello che oggi è l'hair stylist delle celeb, è salito agli onori delle cronache quando due anni fa Netflix ha rilanciato Queer Eye for the Straight Guy (oggi solo Queer Eye, complice una platea che include donne e uomini di qualunque orientamento sessuale). Nel format di grande successo, un gruppo di cinque uomini gay si impegnano in puntate auto-conclusive a rivoluzionare la vita di persone comuni, candidate al ruolo da amici o parenti, dando un twist al look, alla casa, alle abitudini alimentari e, ovviamente, all'armadietto del bagno. Attitudine positiva – immortalata in una serie di gif ormai iconiche, una su tutte “Yes Honey”– con la sua lunga chioma e una personalità (molto) sopra le righe, Van Ness si ingegna proponendo rimedi per le mani o la pelle secca, che persino i taglialegna del Minnesota possono ricreare in casa, senza sentirsi meno mascolini, o semplicemente sperduti in un drugstore di provincia. Tra i suoi fan c'è Alexandria Ocasio-Cortez, che lo ha invitato, insieme agli altri quattro Fab Five, nel suo ufficio di Washington, testimoniando l'accaduto su Instagram.

In gonna (rigorosamente arcobaleno) Jonathan ne ha approfittato per ribadire il suo attivismo dedito alla causa LGBTQ+, già noto a chi ha seguito lo show. Il suo libro è atteso per settembre, e non è una sorpresa considerato che la figura di Van Ness trascende il settore del beauty, per imporsi come icona trasversale di questi anni dieci. Quando si deciderà a lanciare una linea beauty con il suo nome, a fare la fila, non saranno certamente solo gli uomini...