Isabelle Huppert ha il fascino di una magnifica ossessione e l’eleganza per indossarla come una seconda pelle, insieme a mille volti e i corpi del desiderio prestati ad altrettanti personaggi ambigui e disturbanti. Sublimi, bramati e premiati, come la psiche frugata dalla pianista di Michael Haneke e tante donne di Claude Chabrol, i misteri noir di François Ozon, o la Elle vendicativa di Paul Verhoeven. Le numerose sfumature di un talento versatile, incurante di generi e margini, mai della luce, diretta da cineasti che spaziano da Jean-Luc Godard a Michael Cimino, o quella di centinaia di obiettivi fotografici. Una vasta gamma di prospettive sulla star del cinema e sulla donna altrettanto sfuggente, già sintetizzata dal percorso espositivo di Woman of Many Faces nel 2006, inquadrato da Helmut Newton e Richard Avedon, insieme a Peter Lindbergh o Robert Frank, da Henri Cartier-Bresson a Nan Goldin. Una donna dai mille volti che, rispetto a tutti gli altri, Carole Bellaïche fotografa da venticinque anni, condividendone la relazione intima che instaura con qualsiasi cosa. Anche il vento tra i capelli che agita lo scatto fugace di questa segnalazione, tra quelli raccolti da Isabelle Huppert par Carole Bellaïche. Il volume pubblicato lo scorso ottobre da Editions de La Martinière e la mostra allestita alla Galerie XII di Parigi (fino al 17 gennaio 2019).

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Venticinque anni di scatti e complicità, senza trucco e messa in scena, strappati al tempo libero e ai corridoi dei festival, i ponti di Parigi e la sua casa di famiglia, restituiscono nuove sfumature del talento versatile di Isabelle Huppert. Carismatico e seducente, quando indossa gli abiti di una donna qualsiasi (si fa per dire), quanto le vesti sontuose e la sessualità fluida dell’Orlando di Virginia Woolf, messo in scena da Bob Wilson al Théâtre Vidy-Lausanne (1993). Il teatro ospita anche il primo incontro tra l’attrice e la giovane fotografa parigina della prestigiosa Les cahiers du cinema (con la quale collabora dal 1992). Un anno dopo, è la Huppert a chiederle di fotografarla nei panni glamour e conturbanti di Marlène Dietrich per il film mai realizzato di Louis Malle.

Nel 1994 assecondando una richiesta dell’attrice, la fotografa la segue anche in Brasile durante il festival del cinema di Rio. Il loro primo viaggio trasforma simpatia e complicità in profonda sintonia e Isabelle Huppert nel soggetto ideale e ricorrente della fotografa e delle sue dichiarazioni: "Ogni serie mostra un volto diverso dell'attrice, lei si trasforma. Lei è un'altra, ci sfugge, misteriosa e quotidiana, questa è la sua magia". Una magnifica ossessione per la fotografa, appagata da una lunga frequentazione e collaborazione, affidata alle pagine di questa nuova pubblicazione e la selezione di fotografie inedite, esposte e in vendita nella galleria parigina.

Le immagini ci mostrano nuovi volti e aspretti di questo mistero chiamato Isabelle Huppert (Parigi, 1953), solo Isa per la fotografa francese di dieci anni più giovane (Parigi nel 1964) che ama accompagnarla ovunque come una buona amica. Forse anche qualcosa di più, visto che lei riesce a scattare fotografie ai momenti privati, di abbandono, intimità, o di stanchezza, in strada e nelle stanze d'albergo, in spiaggia e lunga la passerella di Cannes, in giacca di pelle al bar o in carezzevole vestaglia da casa. Lontana da set e riflettori, dentro la sua realtà.

Una fata in sfarzoso abito rosa in occasione dell'uscita del film La pianiste, Maria Stuarda in abiti d'epoca per Mary Said What She Said (2019), diretta di nuovo da Robert Wilson, dal Théâtre de la Ville di Parigi all'esclusiva italiana alla Pergola di Firenze. Al ritorno da un servizio fotografico di moda, una serie di scatti improvvisi la riprendono anche mentre sale i gradini della metropolitana parigina e si gira un momento a guardare Carole Bellaïche, diventata l’unica testimone d'istanti d'intimità e dei suoi cambiamenti d’immagine, di un ritratto inaspettato e sorprendente, per la stessa Huppert. Ancora enigmatica per tutti.