Amedeo Modigliani era bohémienne, che più bohémienne non si può. Frequentava Picasso e Max Jacob, Soutine e Derain, Apollinaire e Cendrars. Di lui hanno scritto tutto e il contrario di tutto. Era seducente ed elegante, inquieto e disinvolto. Ma anche totalmente incapace di resistere alle tentazioni. Droga e alcool comprese. Beveva tanto, soprattutto vino, a volte acquavite e, in casi estremi, anche l’acqua di Colonia. Il suo miglior amico Utrillo a Montparmasse era soprannominato “litrillo” per i litri di alcool che riusciva a bere in una sola sera. Modì è stata l’ultima superstar dell’arte italiana. L’unico, dai tempi di Caravaggio, a meritare decine di film e romanzi perché cinematografica e romantica è stata la sua breve esistenza.

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Il 12 luglio avrebbe compiuto 136 anni, di cui solo 36 vissuti nella vita terrena. Amedeo era un pittore diverso da tutti gli altri, perché più di tutti gli altri aveva uno stile unico e inconfondibile (la sua originalità artistica impediva di etichettarlo in una qualsiasi delle avanguardie del tempo). Uno stile scandito soprattutto da presenze femminili. L’80% delle sue tele era dedicato alle donne, tutte puntualmente ritratte con il collo lunghissimo, stretto e affusolato. Quasi un marchio di fabbrica. “Il futuro dell’arte si trova nel viso di una donna. Come si fa l’amore con un cubo?”, chiese polemico una sera a Picasso. Sembra che il maestro catalano non seppe rispondere.

Per Modigliani il collo era sinonimo assoluto di sensualità e seduzione. Per lui tutto era essenzialmente collo: lo si poteva trovare nei nudi che firmava all’interno del suo atelier ma anche nelle sue rare nature morte e nei suoi paesaggi, dove gli alberi e le case, affusolati più che mai, ricordavano un agglomerato di nuche, gole e pomi d’Adamo. “Il paesaggio? Ma non farmi ridere, il paesaggio non esiste”, disse Amedeo a Diego Rivera al culmine di una delle tante discussioni in un bistrot parigino.

Ma perché proprio il collo? Perché è la parte del corpo che più di altre sa cantare in modo discreto (e provocante) la bellezza e l’eros femminile. Perché è una delle zone più erogene del corpo umano. Perché è il luogo dei baci e delle carezze. Della lingua che sale furtiva fino alle orecchie. E’ il ponte che collega il cervello al cuore, e poi più giù. Sempre più giù. Modì ne era quasi ossessionato. Per tracciare quelle interminabili linee flessuose il pittore livornese si ispirava a certe forme dell’arte primaria africana e alle sculture aerodinamicamente moderne di Brancusi.

italian painter and sculptor amedeo modigliani 1884 1920, at his workshop in rue caulaincourt, montmartre, paris, circa 1918 photo by marc vaux and given by him to thora klinckowstrom thora 
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“Non era Modigliani che distorceva e allungava i gomiti, non era lui che ne mostrava l’asimmetria, che ne allungava il collo. Tutto ciò avveniva nel suo cuore”, diceva Jean Cocteau. Vero. Anche El Greco o il Parmigianino amavano estendere le forme del corpo, ma Modigliani lo faceva in modo più intimo, più voluttuoso e carnale. Ecco perché le donne che ritraeva nelle sue tele, l’equilibrio dei loro seni e la morbidezza delle loro cosce, non potevano essere solo il frutto di fredde sedute di posa. Dietro quei visi allungati si nascondeva anche di un gioco di seduzione che il più delle volte finiva fra le lenzuola bianche di un letto.

Incantatore e incantato allo stesso tempo, si può dire che Modigliani, attraverso la sua arte, abbia traghettato le donne dei primi del ‘900 nel cuore della contemporaneità. Le sue modelle non erano più solo oggetti da raccontare su un quadro, ma donne contemporanee nei cui volti iniziavano ad apparire i primi segni di make-up (che in quegli anni a Parigi stava iniziando a diffondersi). Le protagoniste dei suoi capolavori sono tutte giovani, belle e soprattutto emancipate. C’è Elvira che posa con lo sguardo consapevolmente languido e Almasia che se ne sta accovacciata con gli occhi all’insù. C’è Aicha distesa sul letto, e c’è soprattutto Jeanne, che il pittore e scultore amava perdutamente e chiamava teneramente “noce di cocco”. Appena diciannovenne, silenziosa, schiva, ma determinata, quest’ultima sarà la donna della sua vita. La più adorata e la più immortalata di tutte. Talmente tanto che il suo collo diventerà il più ritratto nella pittura moderna. Mai più nessuno, dopo di lui, riuscirà a raccontare in modo tanto sublime questo scorcio di corpo femminile. E noi siamo felici che questo “primato” sia ancora indiscutibilmente suo.

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Jeanne Hébuterne