La Ka’ba è un cubo nero di pietra situato al nel cortile della grande Moschea, nella città di Mecca, in Arabia Saudita. Nonostante il nome, per me, evochi ben poco, la sua immagine è presente nella mia memoria sin da quando mi hanno piazzata di fronte ad una televisione.

La Ka’ba, un edificio cubico coperto da teli neri ornati da caratteri dorati che riportano testi sacri, è il centro del vorticoso andare dei fedeli in visita alla Mecca ed è entrata nel mio immaginario grazie alle immagini dei notiziari della sera che riprendevano dall’alto la piazza gremita di fedeli musulmani girando vorticosamente attorno all’edificio, adempiendo così al più difficile dei precetti religiosi del Corano: visitare la Mecca almeno una volta nella vita. Chi non se la ricorda, sempre piena di persone e polizia?

La Ka’ba è considerata dai musulmani la casa di Dio ed è situata nella Grande Moschea della Oud, riveste infatti un ruolo fondamentale nell’Islam è: la direzione verso cui i fedeli si rivolgono durante le preghiere e la destinazione più famosa del turismo religioso, dopo il vaticano, per fama e volumi di persone, ogni anno si stima infatti un afflusso di circa 1,5 milioni di persone. L’importanza di fare il pellegrinaggio alla Mecca, chiamato Hajj, è talmente radicata nella società che dopo averlo compiuto il tuo nome si modifica e tutti si rivolgono a te come Haji - termine che ti accompagnerà sempre e che verrà posto davanti al tuo nome, come Dott.ssa ma dal connotato religioso, infatti funziona solo se sei musulmano. Noi oggi la vediamo piccola e circondata, quasi indifesa davanti all’orda di turisti che arrivano per vederla e toccarla ma la Ka’ba era già un santuario già in epoca pre-islamica. La leggenda vuole che il santuario originale sia stato interamente distrutto dal diluvio universale. Solo una piccola parte si è salvata, un pezzo di muro che è stato nascosto per anni nella montagna e che è passato alla storia come la pietra nera - nome dal grandissimo fascino arcano e apocalittico. Sempre secondo la tradizione, brandendo la pietra nera il profeta Ibrahim – l’Abramo della Bibbia – e suo figlio Ismail crearono una nuova costruzione, di forma cubica, che è la Ka’ba che vediamo oggi al centro della piazza sacra della Mecca. La pietra nera venne posizionata nell’angolo a sud-est del nuovo edificio a cubo.


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Ignoravo tutti questi dettagli, sapevo ovviamente che la Mecca era la meta di pellegrini per antonomasia e nello specifico per la religione islamica ma non sapevo altro. Il resto è arrivato piano piano, con libri, viaggi e racconti. L’incipit è partito quando negli aeroporti di paesi arabi o africani ho cominciato a notare con frequenza dei gruppi di persone interamente vestite di bianco. Impossibile non osservarli e non domandarsi il perché di quel look all-white che trovavo molto alla moda. Cosa ci facevano decine di persone vestite di bianco dalla testa ai piedi nelle sale d’aspetto e nei duty free degli aeroporti? Intraprendevano lo Hajj, il pellegrinaggio verso la Mecca. Infatti, nel rispetto della trazione musulmana durante il pellegrinaggio ci si veste solo di bianco a simbolizzare il pentimento e la purificazione dell’anima, vero significato del viaggio verso le origini della fede. Il pellegrinaggio alla Mecca è l’evento più importante nella vita del credente che deve vestirsi di bianco per andare a pentirsi di fronte ad un edificio cubico coperto da teli neri.

In passato i fedeli potevano accedere all’interno della Ka’ba, adesso accessibile solo alla dinastia saudita e a personaggi illustri, e dovevano pulire le pareti interne con un panno imbevuto di olio di rosa e olio di Oud. La purificazione è un elemento comune a tutte le religioni e l’Islam non fa eccezione ma è eccezionale e straordinario che da un costume così elitario e ortodosso sia derivata la fragranza che fa competizione a Chanel N5 per diffusione e storia di seduzione.

L’Oud, noto anche come agarwood, è un composto resinoso molto denso che impregna il cuore del legno di alberi Aquilaria, grandi piante sempreverdi originarie del medio oriente e della sud-est asiatico. Questa resina è particolarmente aromatica quando rilasciata dall’albero per proteggersi dall’attacco del fungo Phaeoacremonium parasiticum e il legno è tanto più pregiato quanto più ricco di resina. La resina è venduta a peso d’oro ed è molto difficile da trovare pura in occidente. In sostanza è il prodotto di un’infezione dell’albero. La produzione spontanea è talmente rara in natura che il prezzo al kg di questa resina si aggira intorno ai 30-40 mila euro, cifra che gli vale il soprannome di “oro nero”. In commercio si trova oud a “soli” 8 mila dollari al chilo, mentre quello più pregiato supera di gran lunga i 50-60 mila euro. Nella cultura orientale l’Oud trova una grande uso. Il suo profumo intenso è legato al sacro e viene definito il profumo degli Dei. Anche Maometto lo cita più volte nei testi sacri tanto da dar vita a indiscrezioni sul fatto che fosse il suo preferito. Oltre ad avere la caratteristica di connettere l’uomo con il divino, era usato quotidianamente per le sue proprietà mediche, antisettiche e anti infiammatorie. I suoi usi sono molteplici ma sempre legati ad un certo status. Viene bruciato nelle cerimonie religiose e in alcune sedute politiche, in queste ultime come simbolo di potere e prosperità. Si ritiene che l'uso dell’Oud aiuti a realizzare i desideri d’amore, il suo aroma legnoso aiuta gli amanti a legarsi l’uno all’altro, grazie alle note calde e vibranti che sprigiona.

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Oggi l’Oud è utilizzato da tantissime case di profumi, sia di nicchia che più accessibili, ed è sempre accompagnato da altre fragranze che sfumano la sua vigorosità. Spesso si trova unito alle note del bergamotto e alla rosa ma lo si può trovare declinato in tantissimi accordi. Una delle caratteristiche principali dell’Oud come fragranza è che cambia molto a seconda della persona che lo indossa, ovvero a seconda del ph della pelle con cui viene a contatto si sprigiona in modo diverso. Questa, che a primo acchito può sembrare una caratteristica negativa, lo rende molto pregiato e simbolo di eleganza perché si adatta all’odore della persona e si amalgama diventando una seconda pelle. Questi accorgimenti sono però arrivati in epoca moderna, nell’antichità l’Oud si usava attraverso la fumigazione, lo si bruciava su dei bracieri appositi e si lo si lasciava sviluppare nell’ambiente e avvolgere tutto con il suo fumo voluttuoso. Nei costumi dell’Arabia Saudita, dell’Oman e dell’Iran veniva usato per profumare il corpo, gli abiti e gli ambienti. In alcune abitazioni private esistevano delle piccole stanze adibite alla fumigazione dell’Oud, solitamente si sostava in queste stanze dopo l’hammam e i capelli e la pelle si impregnavano del fumo profumato. Lo stesso veniva fatto per gli abiti da cerimonia. Oltre che essere molto lenti, ricchi di significato e di attenzione ai dettagli (come un abito profumato) questi rituali erano praticati sia dalle donne che dagli uomini.

Addirittura il Corano e gli Hadith – i detti della vita di Maometto – citano con grande frequenza le fragranze e le profumazioni come bene divino capace di far bene al corpo e allo spirito. Nei secoli le citazioni sono diventate delle tendenze e in quest’ottica si capisce bene l’importanza del profumo del corpo nella cultura islamica. Anche nei riti funebri il copro deve essere cosparso da particolari miscele di oli profumati. Con la secolarizzazione della società le fragranze sono esplose nei centri sociali e diventate oggetto di uso quotidiano dedicato alla bellezza e alla cura della persona di entrambi i sessi, si valuta infatti che il volume della cosmesi maschile nei paesi del mondo arabo si aggiri annualmente sui 9 mila euro pro-capite.

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Nell’antichità l’Oud era molto utilizzato anche nelle case come profumo di ambienti e si dice che servisse per dare il benvenuto all’ospite, la cosa divertente è da questa cura nell’accoglienza l’ospite poteva capire se era benvenuto o meno. Se la resina non era bruciata per il suo arrivo era meglio che non si trattenesse. Nonostante il suo ampio uso, l’Oud è sempre stato un oggetto di lusso, che si trovava nelle case dei più ricchi o nei luoghi di preghiera. I piccoli grumi di resina, delicatamente avvolti in stoffe, erano trattati come una pietra preziosa o un gioiello e venivano ereditati, usati come dote nei matrimoni o regalati da madre a figlia per un matrimonio felice e ricco di figli. Veniva nascosto nelle vesti e sotto i veli delle donne costrette a scappare e portare con sé poche cose preziose, perché consapevoli del valore, potevano usarlo come merce di scambio. Ancora oggi l‘Oud rappresenta un bene di lusso, raggiunge prezzi molto alti e viene commercializzato nella sua forma pura, in scaglie e piccole palline di resina oppure trasformato in olio. Trovarlo puro in Italia è molto difficile, bisognerà concedersi un viaggio in Oman prima o poi...