Mi chiamo​ Maria e vivo a Roma. Sono incinta da 9 mesi.
L’inizio della mia gravidanza coincide con lo scoppio, perlomeno mediatico, della pandemia in Italia. E le ansie, le paure, tutti gli stati d’animo della gravidanza si moltiplicano e si confondono con quelli della pandemia mondiale. Da tempo rifletto su come una circostanza così singolare nella storia dell’umanità, per un assurdo giro del destino, si sia sovrapposta a una circostanza altrettanto singolare nella mia storia.

9 marzo: il test positivo e il lockdown

Il 9 marzo ci chiudiamo tutti in casa, e io faccio quello che fanno gli altri: canto Rino Gaetano sul balcone, partecipo a numerosi aperitivi su Zoom, la domenica gioco al Quizzone su Facebook (un format inventato da due carissimi amici), mi lancio coi lieviti, coi dolci inizio a prendere la mano mentre con i salati è un fallimento. E, soprattutto, divento costante nell’allenamento: workout e pilates in diretta streaming tutti i santi i giorni e la mia pancia non è mai stata così piatta. Conto le sigarette, non più di 4 al giorno, mi incavolo per il blocco del lettore, solo la saga dell'Amica geniale riesce a riportarmi il mio ritmo di lettura. In questo periodo scopro anche il mondo degli audiolibri.
Arriva la fine di aprile e mi sveglio con un ritardo di 10 giorni. Sarà lo stress da lockdown, mi dico, sta succedendo a molte donne.
Stacco, come dicono quelli che lavorano nel cinema: faccio il test, è positivo.

4 maggio: nausea da fase 2, camminare ti salva

Si avvicina il 4 maggio che segna l'inizio della famigerata fase due, nonché, grande ironia della sorte, la data del mio compleanno. Insieme ai miei primi 40 anni arrivano i primi segnali di riapertura: si può uscire senza autocertificazione, riaprono i parchi, fioriscono i papaveri. Per me, invece, dopo il test di gravidanza inizia una fase 2 completamente diversa da quella che avevo immaginato. Gli amici mi spediscono bottiglie di champagne che non posso bere, mi fanno gli auguri e mi raccomandano di festeggiare.
Mentre fuori tutto pian piano riparte, per me partono solo nuove misure restrittive: smetto di bere, di fumare, di allenarmi. Scordati gli addominali, prosciutto crudo, insalata verde e uova non pastorizzate sono da evitare come la peste. E questo è solo l’abc del primo trimestre, poi c'è da fare attenzione giusto a un altro miliardo di cose.

Scopro, inoltre, che ​la gravidanza non si annuncia come lo stato di grazia che avevo immaginato. Nella mia mente evocava immagini tipo un bus affollato in cui un bel giovanotto prende l'iniziativa di cederti il posto e intorno tutti gli altri sottolineano il gesto con un sorriso di approvazione, oppure saltare la fila alla posta perché al tuo cospetto i pensionati si aprono come le acque del Mar Rosso davanti a Mosè, o ancora farsi invitare alle feste solo per andar via per prima, insomma godere di quell’alone di ammirazione che per una volta non ti fa sentire vecchia ma INCINTA. Invece no, niente di tutto questo è possibile, non muoverti da casa perché c’è il Covid.

Allora decido di investire energie nella formazione, smetto di leggere compulsivamente gli articoli sul Covid e inizio a leggere compulsivamente gli articoli sulla maternità. Al posto di ​Immuni ​scarico ​I-mamma​. Prendo l'abitudine di camminare tutti i giorni, come una pazza. Non perché sono tornata libera, cammino perché se mi fermo do di stomaco.

3 luglio: caldo, paranoia e pipì

Arriva luglio e il caldo in città si fa opprimente. La pancia cresce e i contagi scendono. I primi controlli vanno bene e ora che gli amici e i familiari sono informati, possiamo abbracciarci... ah no, perché ​c’è il Covid. Decido che non ne posso più di guardare le pareti di casa e così partiamo, in macchina verso Sud, torniamo dalla famiglia. Come tutti. Ecco mia madre, la futura nonna, non ci vediamo da 7 mesi e ci stringiamo solo con lo sguardo. ​Pazienza, c’è pur sempre il mare. Il Tirreno è il primo mare che bagna la mia bimba, nel frattempo abbiamo scoperto che è femmina, e dopo un paio di settimane in Calabria ci allunghiamo in Sicilia dalla famiglia del mio compagno.
Non è solo vacanza, però, i controlli continuano: ​«Venga in studio alle 7.40 con la vescica mezza piena». Scusi, in che senso ​mezza piena?​ P​enso tra me e me​. Quando prenoto l’ecografia morfologica la segretaria del dottore mi dà queste importanti indicazioni insieme a una dieta ​anti-aria,​ che per qualche giorno mette in croce le prodezze culinarie della suocera siciliana. Dopo più di due ore di visita, torniamo a casa con buone notizie e le classiche foto 3D color lasagna. Tra la gioia e l’entusiasmo di amici e parenti, io passo il tempo a evitare toxoplasmosi e Covid in pari ordine di importanza. Tutti mi sembrano potenziali zombie-contagiosi affamati di contatto fisico. Vado spesso in paranoia, e altrettanto spesso a fare pipì.

15 settembre: la curva dei contagi vs la curva glicemica

È settembre, torniamo a Roma, non ero mai mancata per così tanto tempo da questa città.
Rifletto sul fatto che proprio un attimo prima di diventare mamma, sono tornata ​figlia per due lunghi mesi. Mentre riacquisto barlumi di indipendenza, i bagordi (non miei) di Ferragosto, la riapertura delle scuole, l’affaire Briatore non lasciano presagire nulla di buono per l’autunno in arrivo. Mi convinco di avere il diabete gestazionale, ​ma per fortuna, dopo il bibitone di glucosio e le tre ore in ospedale con mascherina, il risultato della curva glicemica è nella norma.

La curva dei contagi, al contrario, ​si impenna. I bar chiudono alle 18 e inizia il corso preparto: ​«Ci vediamo stasera su Zoom!». Un bel salto rispetto agli aperitivi di inizio pandemia! Realizzo però che altre 20 donne dal divano di casa, armate di cuscini per la sciatica e leggings premaman per divisa, stanno affrontando come me questa gigantesca tempesta emotiva. Le vedo come piccole finestre dentro uno schermo, ma le loro voci sono la vicinanza che più mi è mancata. Mi commuovo ogni volta che si presentano, lacrime moltiplicate per 20, sì. Piango per me, per noi, per quello che ci hanno tolto e per quello che ci hanno donato.
Il nostro corpo che cambia e accoglie una nuova vita dentro, i corpi decimati dal virus fuori.

Oggi: Work Hard Play Hard

A lezione ci dicono che per superare il dolore basterà respirare. E io già mi immagino con il volto trasfigurato come la tizia dell'​Esorcista ​con la mascherina che pietosamente attenua le urla da giocatore di rugby neozelandese.
E tra le domande più gettonate c'è: «Ma i papà possono entrare in sala parto?». «Solo se già tamponati nelle ultime 72 ore».
Dunque, in caso di parto naturale si consiglia al padre di sottoporsi a test random sperando di beccare il momento magico in cui il pargolo deciderà di aprire le danze. Un po' Gratta e Vinci e un po' tombola, per i padri la strada per la sala parto ai tempi del Covid è lastricata di ​buoni​ ​tamponi.​

Così noi aspettiamo, il vaccino, il Natale e il 25 dicembre che sarebbe anche la presunta data di nascita della bimba: è evidente che mi capitano solo date dal valore altamente simbolico. D'altra parte mi chiamo Maria.