Marzapane, pop corn, nocciola tostata, fetta biscottata, albicocca, lampone, un calice di amarone. Libidinosi, lussuriosi, eroticamente edibili. Se qualcuno non avesse già codificato per noi la santissima trinità dei colori primari, ci avrebbe pensato oggi Carlota Guerrero. Nessuna ruota cromatica da studiare, nessun calcolo scientifico da analizzare, nella personalissima palette della fotografa spagnola classe 1989 solo sfumature da interpretare, recepire, accogliere “di pancia”, mettendo per un attimo in stand-by tutto ciò che si trova nel perimetro della nostra scatola cranica. Di fronte al suo obiettivo fotografico sta in posa il suo obiettivo di vita: spogliare il corpo umano di ogni giudizio, restituircelo vestito della sua verità. Scatti corali o in solitaria, donne che indossano pancioni al nono mese di gravidanza o body di glitter colorati, donne che piangono tutte le loro lacrime, donne che ridono arricciando i muscoli attorno alla bocca, donne che sfiorano donne, fiori che sfiorano pelle nuda, calda, accogliente, fertile. Scevre da uno sguardo maschilista, voyeurista o forzatamente sessualizzato, le fotografie di Carlota Guerrero, ovvero l’artista entrata in punta di click nel cuore di Rosalía e Solange, cantantesse per cui ha curato l’immaginario discografico, o maison di moda come Givenchy e Dior, celebrano la bellezza della diversità, dell’inclusione, della nudità, intese come forza spirituale. Come punto di partenza, da condividere, le une con le altre, come antidoto all’oggettificazione del corpo femminile che permea la nostra società sin dalla notte dei tempi.

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Courtesy Carlota Guerrero
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L’artista sputa quel veleno social scatto dopo scatto e pagina dopo pagina del suo nuovo libro Tengo un dragón dentro del corazón - La fotografía de Carlota Guerrero (Prestel Publishing) con la preziosa prefazione di Rupi Kaur, la giovane poetessa e illustratrice, autrice del best-seller di poesia Milk and Honey. «In un’industria dominata dallo sguardo maschile, dove imperversa il problema del male gazing, dove sono in maggioranza gli uomini fotografi a scattare modelle donne, la visione di Carlota è una boccata d’aria freschissima», racconta nella sua introduzione la scrittrice, che ha provato in prima persona cosa voglia dire essere protagonista degli scatti delle fotografa spagnola. Per lei, Rupi Kaur ha infatti posato in occasione dell’uscita del suo libro, The Sun and Her Flowers. Sdraiata su una scenografia-nuvola, con il corpo nudo coperto e scoperto da una cascata di petali dai colori tiepidi, antitesi delle sue strofe passionali. «Da donna, non ho più voglia di guardare al mio corpo come farebbe un uomo, l’ho già fatto tutta la vita, e ne ho abbastanza. Ne abbiamo abbastanza. Voglio vedere immagini di donne ritratte da altre donne, che celebrino il corpo, senza sfruttare la loro immagine, senza violare la loro femminilità. Il lavoro di Carlota è il più onesto e potente si possa desiderare».

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Tra epifanie che l’hanno colta di sorpresa mentre concedeva al Mediterraneo di accarezzare il suo corpo nudo in una notte di mezza estate e il primo, rivelatore, trip di Lsd, Carlota Guerrero ha partorito Tengo un dragón dentro del corazón, un libro-raccolta fotografica «dove non ci sono maestrine, preti, o lezioni di vita. Ma ci sono donne che si accettano per quello che sono, dove bellezza è naturalezza, forza, pace, connessione con il mondo», racconta. Dove le sue eroine scalano saline come fossero piramidi e, loro, dee egizie. Dove sirene trascinate dal moto ondoso si riversano languide su un bagnasciuga, sostituendo alla foglia di fico di Eva un bouquet di alghe, per (s)coprire i loro pudori. Dove le donne assomigliano alla Primavera di Botticelli, se Botticelli avesse partecipato a un corso di pole dancing women only. Dove le donne non hanno bisogno di condividere il letto o lo scatto con un uomo per avere un orgasmo e dove all’Ultima Cena sono tutti traditori e beati al tempo stesso. Dove c’è posto per i contenuti “scomodi”, per le foto che non rispettano le politiche di Instagram, per i nudi che qualsiasi social metterebbe al ban(do): capezzoli, peli pubici, clitoridi, tutti diversi, senza che ci sia bisogno di specificarlo attraverso etichette e didascalie. Le donne di Carlota Guerrero di collant vestite, di collant unite, in una rete in nylon color carne che fa da collante alla loro lotta contro il maschilismo dello sguardo. «Sono stata amica e nemica del mio corpo per trent’anni. E dal mio corpo, e dal corpo di tutte le donne, voglio partire per ristabilire un piccolo ordine, in un mondo che è un grande caos».

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L’ARTISTA
Carlota Guerrero
vive a Barcellona, dove è nata nel 1989, ma le sue opere hanno fatto il giro del mondo. Autodidatta, ha cominciato a scattare foto quando era ancora una teenager. La sua arte è una fusione di femminismo, natura e performance visiva ed è contemporaneamente sovversiva ed eterea. Ha collaborato con molti marchi di moda, da Helmut Lang a Thierry Mugler, da Givenchy a Dior e con artisti come Rupi Kaur, Rosalía, Solange, Arca.

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Courtesy Carlota Guerrero
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