L’ultima volta che era entrata in quella porta era a poche ore dal parto del suo secondo figlio, Elia che oggi ha 4 anni. Era una quarantenne milanese in crisi nera, ancora spaventa dall’idea del parto perché con la prima gravidanza tre anni prima, aveva dato alla luce Mathias dopo dodici ore di travaglio e un’epidurale mai arrivata. Anche questa volta Sofia è in crisi nera perché nessuno sa che è di nuovo incinta a 43 anni. Figlio non cercato, capitato quando la spirale sembrava aver chiuso il capitolo della sua vita fatto di gravidanze, svezzamenti, aspettative al lavoro. Questa volta Sofia ha deciso di abortire alla nona settimana di gravidanza senza condividere con il marito la decisione. Con lui non ha condiviso neppure la notizia di essere rimasta ancora incinta «sono un’egoista anche per questo? No: mai come in quel momento ho ragionato come donna, da sola, nonostante poco prima di essermi recata in clinica per abortire avessi accompagnato all’asilo e a scuola i miei due figli e dopo aver fatto l’ennesima chiamata via Skype con mio marito, ingegnere su una piattaforma petrolifera ripartito pochi giorni fa per l’ennesimo trimestre in mare».

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La scelta di Sofia è di quelle che, altrimenti, l'avrebbe inserita nella lista delle mamme pentite di essere diventate tali? No, il suo è un discorso molto lineare, commosso e semplice «ero appena tornata a vivere una vita che mi era mancata, fatta tanto di riunioni quanto di consegne, lavoro stressante e sì anche prime pagelline, spese fatte online alle 11 di sera e un letto occupato per più della metà dei miei figli invece che da mio marito. Quando ho fatto il primo test di gravidanza ho pensato fosse semplicemente impossibile. Io e mio marito, per via del suo lavoro, facciamo sesso molto raramente. Forse dal suo “congendo” durante le vacanze di Natale sarà capitato un paio di volte in dieci giorni. Eppure. Ho commesso l’errore che neanche un’adolescente impaurita commetterebbe: ho cercato online tra i forum femminili “incinta a 43 anni” e ho trovato un mondo di donne che si rassicuravano o si spaventavano perché questo è uno dei periodi femminili in cui è più facile subire aborti spontanei. Se così fosse stato mi sarei sentita sollevata. Sì hai capito bene: sollevata».

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Invece l’aborto spontaneo non riguarda il caso di Sofia e la sua scelta, a quel punto, diventa estremamente lucida e privata. Rivede la sua ginecologa, una donna tenace con pochi peli sulla lingua: una di quelle che potrebbero benissimo entrare nel registro delle dottoresse che non prescrivono troppe cure alle pazienti perché tanto le donne soffrono meno «e infatti al primo parto non mi prescrisse l’epidurale nonostante l’avessi implorata. Mi sarei aspettata un’ennesima forma di giudizio da lei e invece no. Senza aprire bocca aveva capito tutto. Quando ha pronunciato le parole interruzione volontaria di gravidanza ho chiuso gli occhi, ho pensato a casa mia, casa nostra, ho immaginato i miei figli giocare, io che andava dal mio capo a dire che il meeting di settembre non avrei potuto presiederlo io. Di nuovo. Allora ho aperto gli occhi e lei aveva già messo davanti a me un bigliettino con data e giorno dell’intervento. Mi ha detto soltanto “così sei comoda come sempre, abiti sempre lì vicino, giusto?"». Rincorsa a una carriera che non ti aspetta, educazione dei figli, incertezze matrimoniali: tutto questo quanto ha pesato sulla sua scelta? «Non so dirlo: non saprei se pochissimo o moltissimo. O forse per la prima volta ho deciso di vivere la mia vita, senza sceglierla con nessuno».