Vocal coach: tutti dovrebbero averne una (e non solo i finalisti di X Factor). Sarà che la lezione di aerobica viene meglio urlando a squarciagola il remix di “gloriaaaa/manchi tu nell’a-r-i-aaaa”. Sarà che da piccola non avevo superato l’audizione allo Zecchino d’oro. Sarà che i talent in tivù ti fanno pensare che tutti abbiano una seconda possibilità. Fatto sta che ho voluto riprovarci. Non dico a cantare, ma almeno a usare meglio la voce. Per questo mi sono rivolta a una vocal coach, Danila Satragno. Entrando nel suo studio a Milano, la Casa della Musica, scopro che fra i “protetti” ci sono Lorenzo Cherubini, Giuliano Sangiorgi, Arisa, Manuel Agnelli, Ornella Vanoni, insomma un lungo elenco di ugole blasonate, a cui probabilmente sta per aggiungersi quella di Sting.

Ma il motivo che mi ha spinto qui è un passaggio del suo ultimo libro, Tu sei la tua voce - II metodo per comunicare e cantare al top (scritto con il mental coach Roberto Roberto con l’introduzione di Manuel Agnelli, e pubblicato da Sperling & Kupfer): «È credenza comune che esistano persone “stonate” e persone “intonate”. Nulla di più sbagliato: semplicemente, esistono persone che sanno utilizzare la voce meglio di altre. Se siete tra coloro che si ritengono stonati come una campana, sappiate che anche voi potete cambiare le vostre sorti vocali».

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Eccomi dunque sdraiata su un materassino a fare i primi esercizi con Danila - e a dimostrare a me stessa che un mutamento è ancora possibile. Cominciamo con la base, il respiro “di diaframma”, che gli amanti dello yoga ben conoscono. Si tratta di inspirare spingendo l’aria fino alla pancia, senza trattenerla nel petto. E di buttarla fuori sempre dal basso. Non facile. Ma Danila mi incoraggia spiegandomi che si tratta solo di rispolverare quelle competenze istintive che tutti abbiamo alla nascita: i neonati, con i loro potenti vagiti, il diaframma lo usano benissimo.

Continuerò a casa con questa respirazione benefica per la voce ma anche per l’ossigenazione di cuore, polmoni e cervello, che ha di per sé un potere calmante. Intanto proseguiamo con un riscaldamento delle corde vocali, il fry: un “fritto” di suoni bassi che è l’equivalente del palleggio preparatorio, per i calciatori. È il momento delle vocali, ma con la mandibola allungata e la bocca il più possibile aperta. La coach parla di frontalizzazione del suono, e mi aiuta col pianoforte. Quindi mi fa ripetere gli stessi suoni dentro una mascherina tipo aerosol. Ed è lì che arriva la prima sorpresa: tolta la mascherina, la stessa “Oooooo” esce con una potenza che mai mi sarei aspettata. L’altra sorpresa è che, vocalizzo dopo vocalizzo, l’intonazione comincia a migliorare, e siamo solo alla prima seduta.

Una manna per la mia autostima, ma anche per la gola: «Cantare in modo corretto fa bene a tutti, professionisti e no, perché aiuta l’equilibrio tra gli organi coinvolti: polmoni, laringe e apparato di risonanza», spiega l’otorinolaringoiatra Paolo Petrone, dirigente medico dell’Asl di Bari. «Per chi usa la voce come strumento di lavoro - vedi insegnanti, avvocati, venditori - questo esercizio è ancora più utile». Ma i benefici non sono solo fisici, dice ancora Danila: «Un tono caldo e seducente invece che stridulo; una parlata tranquilla e convinta anziché concitata: si tratta di imparare ad allineare il suono con l’emozione che vogliamo trasmettere. Alcune ricerche rivelano che nel 38% dei casi il successo dei nostri obiettivi si ottiene proprio grazie alla voce. Ecco perché conviene a tutti imparare ad allenarla. E col canto ci si diverte anche parecchio».

Manuel Agnelli: perché con Danila è stato come tornare a correre veloci

Manuel Agnelli e la vocal coach Danila Satragnopinterest
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«La mia formazione musicale è un po’ atipica. Ho studiato per molti anni pianoforte classico, ma se parliamo di cantato ho iniziato a usare la voce in modo del tutto istintivo cercando di imitare i cantanti che mi piacevano. Poi sono arrivati il punk e il post-punk e cantare «bene» non aveva alcuna importanza. L’emozione, la tensione, la rabbia ma anche la gioia, l’energia, vitale o autodistruttiva che fosse, erano i veri obiettivi, le sole cose non solo da comunicare ma anche da provare cantando. L’unico ingrediente imprescindibile era la completa, assoluta sincerità espressiva (...). Esplorare la mia personalità, libero dalle regole, mi ha aiutato a trovare uno stile riconoscibile e mio, ma mi ha anche allontanato dalla consapevolezza della mia sfera fisica: dal mio corpo e dalla mia voce. Così, quando i concerti da dieci-quindici che erano cominciarono a diventare cento-centoventi all’anno, più le prove, le ore di registrazione in studio, le interviste, le riunioni e le inevitabili discussioni... avrei dovuto amministrare meglio la mia voce e invece cominciai a forzare. Devo ammettere che i primi problemi ci misero un po’ a manifestarsi, ma inesorabilmente arrivarono. Il superlavoro e la non impostazione si mangiarono dapprima il falsetto (che si trasformò in una sorta di falsettone acido), poi le armoniche, poi la durata e la resistenza, quindi l’estensione e infine anche il controllo e di conseguenza l’intonazione.

«Cercando di rimediare in maniera casalinga feci tutti gli errori che si fanno in questi casi. Alimentazione sbagliata, medicamenti fai-da-te killer, sforzi su sforzi, prove su prove nel tentativo disperato di capire cosa mi stava succedendo. Tentai di tutto... tranne riposare. Nella mia formazione etico-musicale post-punk studiare era inammissibile, figuriamoci rivolgersi a uno specialista della voce. Così a trentotto anni cominciai ad attribuire i miei deficit all’età (...). Naturalmente lo spirito con il quale affrontavo il palco era radicalmente cambiato. La sicurezza di una volta, quella che mi portava a rischiare ed emozionarmi, e quindi a far emozionare, era scomparsa. Vivevo ogni concerto con una paura e una frustrazione che mi irrigidivano e alla fine mi toglievano energia. Eppure, un tempo alla fine di ogni concerto mi sentivo così rigenerato da poterne fare un altro di seguito e spesso infatti finivamo con la band a suonare fino alle prime luci dell’alba in qualche locale più piccolo o in un bar. Quelle nottate erano un ricordo così lontano che i nuovi musicisti che si aggiungevano a mano a mano al gruppo pensavano fossero fantasie, esagerazioni. Ora andavo a letto subito dopo il concerto, senza proferire parola con nessuno, neppure con gli amici e mi presentavo sul palco solo pochi attimi prima di esibirmi. In questo clima non proprio esaltante incontro, per puro caso, Danila. Ma il caso non esiste.

«Siamo al forum di Milano, al concerto dei Negramaro. Lei è lì per seguire Giuliano Sangiorgi, io per cantare due pezzi con loro. È la prima volta che la vedo, ma entriamo subito in sintonia parlando di musica e di voce. Quando mi dice di essere una vocal coach mi sembra un segno del cielo! La montagna è venuta da Maometto! Be’, più o meno...
Le spiego approssimativamente quello che mi è successo e lei mi tranquillizza subito, tanto che salgo sul palco e canto come non facevo da anni! L’atteggiamento mentale è importante... e Danila lo sa bene. Comincio subito a lavorare con lei. Danila è stata in grado prima di tutto di rassicurarmi rispetto ai risultati che potevo ottenere studiando e applicandomi. Individuare un obiettivo e organizzarsi per poterlo realizzare era la prima cosa della quale avevo bisogno e lei è stata fondamentale nell’indirizzarmi (...). Fin dal primo giorno mi ha fatto capire che era in grado di farmi raggiungere tutti i risultati desiderati senza alterare il mio carattere vocale, il modo di cantare, il timbro, ma semplicemente fornendomi gli elementi necessari per migliorare, semmai, ognuna di queste caratteristiche (...)».

«La muscolatura, la respirazione, la postura, il controllo della tensione e dell’ansia, l’alimentazione, la preparazione fisica e la parte medica più specifica e specialistica sono solo alcune delle cose che Danila e il suo staff sono in grado di seguire e migliorare con sistemi d’avanguardia e un supporto tecnologico d’eccellenza (…). Ma Danila però non si ferma alla scienza. Credo che la facilità che dimostra nell’impostare correttamente ogni percorso venga non solo da un’esperienza enorme e un talento unico, ma anche dalla sensibilità nel comprendere le diverse anime di chi ha di fronte, senza cercare di imporre la propria (...). È per questo che ha un metodo diverso per ciascuno. Credo che si senta soddisfatta solo quando libera ogni suo allievo dalla gabbia dentro la quale è rinchiuso».

«Le cose che mi ha aiutato a riconoscere nella mia voce, il modo che mi ha insegnato per recuperare sicurezza, ciò che mi ha fatto scoprire mi hanno aperto un mondo, un mondo nuovo ancora tutto da esplorare. Mi ha ridato la gioia di cantare. L’energia, il linguaggio, il coraggio. È stato come tornare a correre veloci dopo essere stati per anni completamente immobilizzati …».

(brani di Manuel Agnelli, tratti dall’introduzione al libro Tu sei la tua voce - II metodo per comunicare e cantare al top di Danila Satragno e Roberto Roberto - Sperling & Kupfer).