È passato più di un decennio da quando l'APA, ovvero l'American Psychological Association, ovvero la più grande organizzazione statunitense nel campo delle questioni che riguardano la psiche umana, ha pubblicato le sue celebri linee guida sull'universo femminile. Si trattava di un documento che spaziava dalle molestie sessuali alla disuguaglianza salariale nei confronti della popolazione maschile, fino a discernere nei minimi dettagli come e perché le donne soffrissero in modo sproporzionato di disturbi alimentari e ansia. Il tutto, corredato da una serie di consigli comportamentali rivolti a loro, ovviamente, ma anche ai medici. Successivamente, l'associazione si è concentrata, pubblicando documenti distinti, sulle caratteristiche e sulle modalità di gestione delle persone anziane, delle minoranze etniche e razziali, dei membri della comunità LGBT.

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Mai prima d'ora si era invece occupata dello sesso maschile e, probabilmente, per una serie di freni impartiti dalla cultura dominante. Basti pensare a come ha reagito l'establishment conservatore statunitense nei confronti di We believe, il nuovo spot della Gillette che riprende notizie sul movimento #MeToo, scene di sessismo nei film, pubblicità, scuole o sul luogo di lavoro. Mentre una voce fuori campo si (e ci) chiede se questo sia il meglio che un uomo può ottenere da se stesso. Questa mancanza è stata appena colmata da un’indagine, durata 13 anni, su ciò che gli psicologi hanno definito mascolinità tradizionale, una locuzione che si riferisce a un concetto occidentale di virilità basata sul dominio, sulla competitività, sull'aggressività, sullo stoicismo. Sullo sfondo, una considerazione che suona come una sentenza senza appello e dagli esiti molto preoccupanti: “Molti uomini malati di mascolinità e il comportarsi seguendo le caratteristiche degli elementi che la contraddistinguono è fortemente associato alla produzione di effetti negativi”, ha dichiarato Ronald Levant, tra gli autori dello studio. In altre parole, più gli uomini si aggrappano a una visione rigida della mascolinità, più è probabile che vadano incontro alla depressione e alla solitudine.

Nel contesto della mascolinità tossica, il problema sorge quando il soggetto educato a essere autosufficiente sempre e comunque ed a perseguire una visione del maschio-cowboy silenzioso si accorge che gli strumenti che ha a disposizione non sono adatti a fronteggiare una condizione di difficoltà. Pertanto, di fronte a un bisogno di aiuto che non chiedono per il timore di apparire deboli, oppure quando si trovano a provare emozioni che neppure sapevano di avere o, più in generale, se percepiscono che la situazione sta sfuggendo al loro controllo, l'unica reazione che vedono possibile è la violenza. Contro le donne e contro se stessi. Cifre alla mano, non è un caso se, in generale, la probabilità di morire suicidi è tre volte e mezzo superiore negli uomini. E, per avere un ordine di grandezza più preciso, scorrendo i dati del report APA risulta che dal 1999 al 2014 la percentuale di suicidi tra gli uomini bianchi americani è aumentata del 38% e, che a loro volta, questi ultimi risultano essere vittime del 77 per cento degli omicidi (e ne commettono il 90 per cento).