Chiusi in casa o quasi dall'inizio di marzo i bambini, come sottolineano gli esperti, sono i grandi dimenticati della paralisi sociale causata dall'emergenza Covid-19. Il Coronavirus ai loro occhi all'inizio era una creatura simpatica che ha fatto chiudere le scuole poi un essere insensibile che ha impedito loro di vedere amici, nonni, cugini e zii infine un mostro senza cuore che li ha imprigionati in una casa troppo piccola e noiosa anche se possono fare videochiamate, giocare via Skype, comunicare con i vicini di casa con il walkie talkie o hanno un giardino dove i loro genitori hanno costruito una pista da sci con le lenzuola. Ma cosa amano, odiano, fanno, non fanno più, i bambini in queste ultime settimane?

Giacomo, 7 anni, sente la mancanza del suo migliore amico con cui scambia qualche battuta via chat su WeSchool, non ama le videolezioni perché si sente male e le maestre appaiono e scompaiono come fantasmi e odia il Coronavirus che paragona a un ragno rosso velenoso. Appena ci si potrà spostare più liberamente vuole andare al mare, correre in spiaggia e fare il bagno. "Sto disegnando tanto e ho scoperto che sono bravo a costruire oggetti con scotch, legnetti e carta". A una sua coetanea, Rachele, mancano tanto gli amici e andare in giro soprattutto al mare. "Vorrei giocare sempre, ma devo fare anche i compiti. Mi stufo a stare in casa, per fortuna ho un cortile dove posso correre o andare con i pattini".

Il mare è il luogo che manca di più alla maggior parte dei piccoli intervistati. Emma, 9 anni, vorrebbe farci un pic nic con le cugine: "Stando a casa ho scoperto che mi piace giocare a carte e fare le torte, ma vorrei che questo maledetto virus morisse subito!". "I lavoretti da fare con la colla e le forbici e le videochiamate sono divertenti", dice Viola, classe 2010. "Ma vorrei vedere le mie amiche di persona, mi mancano anche le maestre. Odio non potere uscire per colpa di questo Diavolo di un Coronavirus". A Giulio, anche lui 9enne mancano tanto gli amici e l'intervallo. "In queste settimane ho imparato che si può stare tranquilli e non sempre in movimento. La cosa per me più noiosa è fare i compiti, quella più bella è giocare a calcio con papà. Il Coronavirus è odioso quanto la neve nelle mutande. Quando sarà finito la prima cosa che farò sarà tornare al Centro Sportivo a giocare a calcio".

Per Tommaso, undicenne ancora per pochi giorni, questo virus è insopportabile come la Juve quando ruba la vittoria: "Sento la mancanza del mio compagno di classe Giovanni, della scuola in generale e di andare a giocare a calcio. Però sto vedendo molti film e ho capito che a volte bisogna inventarsi qualcosa per superare gli ostacoli". Marta 12 anni li ha compiuti a gennaio. Per lei il Covid-19 è fastidioso come i compiti: "A casa mi annoio. Per fortuna c'è Netflix ed esistono le videochiamate. La prima cosa che voglio fare quando si potrà è vedere la mia migliore amica e andare a fare shopping". Stesso desiderio per la sorella 15enne Lucrezia. "Mi manca la amica Bea, andare in centro e al cinema, andare a scuola in metro e avere un compagno di banco".

Gli amici, la scuola, il parco, le attività di gruppo sono insostituibili. Così come uniche sono le relazioni che si formano in classe, il confronto quotidiano con i propri coetanei e gli insegnanti. La noia fa bene ma a piccole dosi e avere intorno genitori spesso pensierosi e con umori altalenanti non è di aiuto ai figli. Gli psicologi affermano che è troppo presto per dire quale sarà l'effetto dell'isolamento sociale a lungo termine sui bambini anche se affermano che questa emergenza sanitaria è la "tempesta perfetta" per innescare reazioni cerebrali automatiche e primitive al pericolo e sono preoccupati per i bambini non seguiti e abbandonati ore e ore davanti a tablet & tv, per quelli di età prescolare che hanno perso la dimensione ludica della scuola materna, per quelli con disturbi mentali o comportamentali e per quelli che vivono situazioni di violenza domestica.

"La nostra risposta naturale alle cose che fanno paura è biologicamente il rilascio di ormoni dello stress che attiva la nostra risposta di lotta o fuga", spiega la dottoressa Nadine Burke Harris, pediatra, chirurgo e autrice di The Deepest Well: Healing the Long-Term Effects of Childhood Adversity sul nytimes.com. "Ma in alcuni casi, l'esposizione a eventi stressanti - che in questo momento potrebbero includere l'assenza di una routine, la perdita del lavoro di un genitore e le difficoltà economiche, o la grave malattia o la morte di qualcuno a cui tiene un bambino - può traumatizzare i bambini". Quello che consigliano gli esperti ai genitori è di non volere a tutti i costi stare dietro a tutto, di tollerare un po' di disordine, fare una cosa alla volta, creare ambienti o situazioni che stimolino la creatività e promuovere l'attività motoria che ha ottime ripercussioni sullo stato psicofisico e sul buon sonno.