La depressione post parto: una patologia che colpisce in forma lieve l’80% delle neo mamme (in questo caso viene chiamata “baby blues”) e nel 15% in forma grave. Una battaglia che molte madri combattono in silenzio, perché essere infelici dopo quello che viene definito “lieto evento” fa anche sentire in colpa. Il malessere si aggiunge al malessere portando a volte a conseguenze estreme. Come è accaduto alla californiana Elizabeth Ludlam di cui oggi, dalle pagine di Good Housekeeping, il marito Greg è costretto a parlare al passato, nel primo anniversario del giorno in cui è diventato un vedovo.

«Devo convivere con la domanda “perché non mi sono accorto di niente?”», dice Greg Ludlam, padre di due bambini, Emma, di 9 anni, e Ethan, di 2. Lui ed Elizabeth si erano conosciuti in una biblioteca in Northampton, Massachusetts, dove Elizabeth lavorava. Di lei lo aveva colpito il carattere solare, la sicurezza con cui si muoveva, il sorriso. Avevano iniziato a uscire insieme e, un anno dopo, lei lo aveva accompagnato in California per sistemare le cose di famiglia dopo la morte del patrigno. Elizabeth si è innamorata delle coste scoscese, il clima mite, il Golden Gate Bridge della West Coast. Al rientro nel Massachusetts aveva espresso il desiderio di andare a vivere lì. Nel 2001 si erano sposati e sistemati in una casa a Rohnert Park, vicino San Francisco. «Tutto stava andando per il verso giusto», ricorda Greg. Lui ingegnere meccanico, lei coordinatrice di un progetto importante. La loro prima figlia, Emma, è nata nel 2007 ed Elizabeth sembrava molto presa. Era entrata a far parte della comunità di madri di Rohnert Park e partecipava a tutte le iniziative e ai corsi per neo mamme. Si divertiva.

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Nel 2015 nasce Ethan, ed Elizabeth, che ora ha a che fare con una famiglia di quattro membri, e ha maggiori responsabilità sul lavoro, non riesce più a partecipare alle iniziative di sostegno. «Ma mi sembrava che tutto andasse per il verso giusto. Ci dividevamo le poppate notturne e tutte le faccende domestiche. Eravamo una meccanismo perfetto», racconta Greg. Invece stava succedendo qualcosa di cui non si accorge. Circa un anno dopo la nascita di Ethan, Elizabeth diventa infatti insofferente a tutto, non ha pazienza. Non frequenta nessuno. A un certo punto inizia a dire che non è una brava madre. Greg lo interpreta come stress e la incoraggia a prendersi una serata tutta per lei per uscire con le amiche. «Ma non lo faceva», ricorda.

Elizabeth esprime il desiderio di tornare a vivere sull’East Coast, dove entrambi avevano i genitori. Nella primavera del 2016 prendono in considerazione insieme l’idea di trasferirsi. Ma è solo un’ipotesi. Elizabeth invece inizia a impacchettare tutto rapidamente dando per scontato che il trasloco si farà entro l’anno. Greg la asseconda perché le sembra che avere un obiettivo le faccia bene. «Ma qualcosa, in lei, era cambiato. Se la portavo a cena nei nostri posticini preferiti mi dava la sensazione che fosse priva di entusiasmo. Di felicità».

Quello che Greg non sapeva è che Elizabeth stava lottando da sola contro la depressione post parto. Una forma gravissima, che negli Stati Uniti colpisce una donna su nove, in particolare quelle con più di un figlio. I sintomi sono la mancanza di interesse per i bambino, di speranza per il futuro, occasionali pensieri di far del male ai bambini o a se stessa. E senso di colpa e vergogna per ciò che si sta provando. Elizabeth diventa scontrosa anche sul lavoro, confessa agli insegnati dei figli di sentirsi sopraffatta e insiste per accelerare il trasloco. Greg non capisce che quello è solo l’estremo tentativo di curare il suo malessere. Lo scopre la sera del primo giugno 2016 in cui, dopo una giornata come le altre, Elizabeth si lamenta per la lentezza del trasloco e lui propone di parlarne al ritorno dal consueto giro di faccende serali, fare il pieno alla macchina, comprare qualcosa all’emporio. Quando torna, trova la moglie priva di sensi e chiama un’ambulanza.

Mentre il personale ospedaliero si prende cura di lei, Greg si sente come se stesse vivendo un incubo, qualcosa di irreale. Racconta gli eventi recenti, i sintomi, e si sente dire per la prima volta dai medici che sua moglie ha sofferto di depressione post parto per lungo tempo. «Ho pensato “ok, affronteremo insieme questa cosa, Elizabeth seguirà una terapia, ne usciremo fuori"». Non sa ancora che sua moglie non supererà la giornata seguente. «Sulla via di casa, mi sembrava tutto surreale. Ho dovuto spiegare ai bambini che la mamma non sarebbe più tornata, che ce la dovevamo cavare senza di lei. Il piccolo non era ancora in grado di recepire la notizia. Emma invece ha pianto per mesi e ha dormito a lungo abbracciata al fratellino. Siamo entrati in modalità sopravvivenza. Uniti da una dramma che nessuno prevedeva».

È passato un anno. Grazie all’assicurazione vita che Elizabeth aveva sottoscritto, Greg è riuscito a rimanere a casa per fare il papà a tempo pieno, per garantire ai figli la routine a cui erano abituati. La scuola e l’asilo, gli amichetti, le lezioni di ukulele per Emma, la passione per i modellini di camion di Ethan. Ai bambini non nasconde nulla. Ethan è ancora molto piccolo, ma Emma ha preso atto che il cervello della mamma non funzionava bene, ha voluto vedere il posto dove è spirata. A volte piange, ma sta accettando quello che è successo. Greg, fino a sei mesi dopo, si è ritrovato sul punto di mandare un messaggio whatsapp alla moglie, per informarla di qualcosa di divertente. Un attimo dopo si ricordava che non c’è più.

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«Vorrei che gli uomini che stanno per diventare padri venissero istruiti sulla depressione post parto», dice oggi Greg. «Siamo noi gli unici in grado di accorgersi di quello che non va. Se avessi interpretato quei sintomi nel modo giusto avrei portato subito mia moglie da uno specialista. E forse, ora sarebbe ancora con me, a pianificare la prossima festa di compleanno dei nostri figli».