Il momento più emozionante e indimenticabile della vita di molte future mamme spesso è preceduto da attimi di vera e propria violenza. Si chiama violenza ostetrica e purtroppo se ne parla troppo poco, soprattutto perché le donne che l'hanno subìta preferiscono ricordare solo i ricordi positivi del proprio parto. Ma in cosa consiste questo tipo di violenza? Si tratta di un atteggiamento del personale sanitario durante il travaglio e al momento del parto aggressivo verso la partoriente che viene giudicata e/o ridicolarizzata, per esempio, perché spaventata, o non ascoltata. Negli ultimi 14 anni un milione di mamme italiane hanno vissuto un'esperienza di violenza ostetrica durante il travaglio o il parto. A rivelarlo è la prima ricerca nazionale realizzata dalla Doxaper conto dell'Osservatorio sulla Violenza Ostetrica in Italia, in collaborazione con le associazioni La Goccia Magica e CiaoLapo Onlus.

Esperienze così traumatiche, stando alle testimonianze raccolte, che avrebbero spinto il 6% delle donne negli ultimi 14 anni a scegliere di non affrontare una seconda gravidanza, provocando di fatto la mancata nascita di circa 20mila bambini ogni anno. In particolare, la principale esperienza negativa durante la fase del parto è la pratica dell'episiotomia, il taglio chirurgico del perineo e della vagina, senza che sia strettamente necessaria, subìta da oltre la metà (54%) delle donne intervistate. Il numero più alto di episiotomie viene registrato nelle regioni del Sud e nelle isole, con il 58%, seguite dal centro e Nord-Est con il 55% pari merito, ultimo il Nord Ovest con 49%. Non solo, a fronte di un 67% del campione che dichiara di aver ricevuto un'assistenza adeguata da parte di medici e operatori sanitari, 1.350.000 donne (il 27% delle intervistate) dichiarano di essersi sentite seguite solo in parte dall'equipe medica.

Abuso nascosto sotto una normale prassi ospedaliera, la violenza ostetrica può manifestarsi anche forzando la madre a partorire in una posizione per lei innaturale, accelerando il parto o attuando pratiche ormai desuete e sconsigliate anche dall’OMS come la manovra di Kristeller, che consiste nell'esercitare delle spinte sulla pancia della mamma per accelerare la nascita del bambino che può provocare la lussazione dell’osso sacro; la manovra di Hamilton, che avviene quando il medico allarga il collo dell’utero della partoriente con le mani o con un apposito strumento.

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Ogni donna dovrebbe avere il diritto di partorire come desidera, salvo (reali) complicazioni, invece spesso vengono eseguiti tagli cesarei senza il consenso delle future mamme pur essendoci tutte le condizioni per un parto vaginale, oppure il bambino viene loro strappato alla nascita senza alcuna ragione medica, ostacolando il contatto precoce, l’attaccamento e l’allattamento. «Mi hanno continuato a ripetere che non sapevo spingere» e «Mi sono saltati sulla pancia per fare uscire il bambino» sono alcune delle frasi più comuni che riportano molte donne se chiedi loro com'è stato il loro parto. Basta dare un'occhiata all'hashtag #bastatacere, nato sulla scia di #breakthesilence lanciato dal network internazionale Human rights in childbirth.

L'11 marzo 2016 è stato presentato il disegno di legge Norme per la tutela dei diritti della partoriente e del neonato e per la promozione del parto fisiologico che prevede, tra l’altro, l’introduzione di un reato di violenza ostetrica punibile con la reclusione da due a quattro anni, salvo che il fatto costituisca più grave reato. Nell'attesa di nuovi sviluppi le parole d'ordine rimangono "basta tacere" e "basta violenza": questo abuso non solo rovina gli istanti più belli della vita di una donna, ma può traumatizzarla e lasciarle segni indelebili nel corpo e nell'anima. Ansia e blocco della sessualità sono i sintomi più comuni del disturbo post traumatico da stress che può scaturire dalla violenza ostetrica.

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