Ogni mattina una donna si sveglia e sa che dovrà correre più in fretta o riprenderà i chili persi. Sa che dovrà correre più veloce, perché se mantiene la stessa intensità sul lungo periodo smetterà di bruciare. Ogni mattina una donna pensa «allora scusa, tanto valeva che nascevo gazzella».

Ognuno a questo mondo nasce per fare qualcosa. Io sono nata per mettermi a dieta. Lo faccio da quando avevo 17 anni. A volte ci riesco pure. Sì, anche adesso, mi sono messa a dieta e ho iniziato a fare sport. L’importante è crederci. Avere un obiettivo, tanti obiettivi. Metodo, perseveranza, tempo. Ognuno a questo mondo nasce per fare qualcosa. Io sono nata per sfogliare gallery di Before and After Losing Weight sul web. Posso andare avanti tre ore consecutive in questa attività. Senza fatica. Se adesso mi fermo un attimo, apro Google e posso stare un’ora intera a guardare una prateria sconfinata di corpi di donne prima e dopo cali vertiginosi di ciccia (la mia perversione riguarda solo le femmine, dei maschi non mi interesso). Adoro osservare la flaccidità diventare tonicità. La panza retrocedere e fare spazio agli addominali, i fianchi assottigliarsi come violini levigati da abili liutai, i culi liquefarsi e rialzarsi come maree, i visi perdere doppimenti e le guance scavarsi. Non mi fraintendete, non sono pro-ana (anche se qualche decalogo me lo sono letto attentamente), non chiedo l’anoressia. Dio, io chiedo la magrezza.

La mia dimagrita preferita è una ragazza americana che non ha nemmeno 30 anni. Si chiama Sharee. Che nome splendidamente oleoso. Seguo il suo Tumblr e quello di altre come lei. Il suo blog si chiama semplicemente Funeral for my fat. La sua breve biografia in calce al sito è la frase della mia vita: «I wear black when I workout. It’s a funeral for my fat». Io vesto di nero da tempo immemore. Come una vedova anticipata. Come Ker, la grande dea della morte violenta. Il nero sfina. Il nero è il funerale al mio grasso. Perché con quel nero lo voglio uccidere, coprire, nascondere. Vesto di nero e mi sento grassa, anche se Beth Ditto dice che vado bene così. Ed è disposta a farmi degli abiti firmati apposta. In un’intervista alla newsletter Lenny ha parlato della sua nuova linea di vestiti plus-size. Cari, ma di buona fattura. I vestiti delle grasse sono sempre di cattiva fattura, perché si romperanno: «Gli stilisti pensano che le persone grasse non spendano soldi in abiti buoni perché c’è quest’idea diffusa che stiano solo aspettando di trovare un giorno la loro se stessa magra» (è proprio così, Beth). Dice che la verità è che siamo quel che siamo e dobbiamo sentirci a posto così. È proprio un vizio, quello di obbligare gli altri a essere se stessi.

Anche la Mattel l’ha dimostrato quest’anno, con Barbie Average. Ma mi spiegate a cosa serve una Barbie “normale”? È una contraddizione. Io già da piccola distruggevo l’immagine che i media avrebbero voluto per me e che non avrei mai raggiunto: uccidevo tutte le mie Barbie. Le riducevo a uno schifo, mi mangiavo i piedi e le rapavo a zero. Le facevo copulare con Ken ma poi le buttavo dal secondo piano. A me la Mattel aveva già dato la possibilità di inscenare le mie piccole catarsi. Non c’era nessun bisogno della Barbie chiatta e tarchiata.

Obbligarci a essere noi stessi è un complotto. Una falsa richiesta di onestà. Non possiamo chiedere così tanto agli altri. E poi, diciamolo: chi vuole davvero essere se stesso? Riformuliamo: chi non vorrebbe essere un se stesso migliore, almeno fisicamente? C’è un monologo memorabile nel film Tutto su mia madre, di Pedro Almodóvar. Lo declama il travestito Agrado, che enumera le spese fatte per diventare donna: «Costa molto essere autentica, signora mia. E in questa cosa non si deve essere tirchi. Perché una è più autentica quanto più somiglia all’idea che ha sognato di se stessa». Ecco come la penso. Questo è il significato ulteriore del verbo “realizzarsi.”

La verità è che nell’universo grasso, tutti vogliono dimagrire. Ce ne fosse una soltanto, che non abbia pronunciato la fatidica frase «mi piaccio così» e poi non sia tornata dopo sei mesi o un anno (a seconda dell’impegno applicato) alleggerita di 40 chili. È quasi scientifico. Se una dichiara che va tutto bene, poi dimagrisce. Shonda Rhimes, Oprah Winfrey, Oprah Winfrey, Adele sono solo le dimagrite più eclatanti. Ultimamente c’è stata una remise en forme al di fuori dell’umana concezione a cura di Britney Spears, che ogni giorno sul suo account Instagram ci delizia con nuove pose per dimostrarci che ha raggiunto tutti, ma proprio tutti, i suoi “body goals”. Io le capisco, sono come loro. Tranne che mi rifiuto di dire quella cazzata all’inizio. E rifiuto di ascoltarla detta dagli altri, specie dagli uomini. A un certo punto, se sei grassa, arriverà sempre un maschio a dirti: «Mi piaci così», o anche peggio: «Mi piacciono le donne in carne». Ma chi se ne frega? Io odio essere la versione sovrappeso di me stessa. Oltre a non entrarmi i jeans e tutto il guardaroba da persona magra comprato appositamente in anni di shopping mirato al mio futuro successo, mi sento male. Mi sembra di camminare con un’altra persona addosso. I rischi per la salute sono noti: ipertensione, diabete, colesterolo, problemi di cuore, affaticamento (e anche far sesso non è facilissimo). Quindi sì, lo facciamo comunque per noi stessi. Dateci tregua.

Ma torniamo alle cose serie: amo Sharee. La seguo quasi quotidianamente. Anch’io vesto di nero quando faccio sport. Anch’io faccio il funerale al mio grasso. Io, lei e le altre, per non perdersi niente usiamo l’hashtag: #funeralformyfat. Loro però non sono come me, loro sono fitness-blogger, pubblicano i loro miglioramenti, i cambiamenti di peso, le app da scaricare (grazie a loro sono feticista di conteggio calorico su MyFitnessPal), quello che mangiano, quello che bevono. Sono proprio delle amiche: ti spiegano come andare a pigliare le calorie una a una e con cattiveria, ti dicono quali sono gli allenamenti precisi per aggredire una zona precisa di adipe altrimenti irremovibile, la crema che funziona davvero, postano manifesti motivazionali o con foto di ragazze sole che corrono in un bosco mentre piove. Io le amo tutte. Io credo in loro. E in me. In fase di dimagrimento le immagini sono tutto. Le immagini sono sempre tutto. Guardi quelle che ce l’hanno fatta. Ce la puoi fare anche tu. Ci credi.

Ci credi anche durante la settimana della moda a Milano. Il momento dell’anno dove c’è una sospensione del giudizio della realtà, e squadroni nazisti di modelle si rubano la metropolitana ritte nel loro metro e 84 su 50 chili.
Ci credi mentre cerchi su YouTube video di fitness, che puoi seguire a casa, senza che nessuno debba vederti sballonzolare la panza. Il mio preferito è un trainer dal fisico pazzesco. Si chiama Shaun. Shaun è impietoso. Il suo video si chiama Insanity Workout - Asylum, ha fatto anche il dvd. Dura un’ora e 38 minuti. Shaun ti urla addosso tutte quelle cose un po’ da marine per farti andare avanti mentre ti ammazzi di jumping jacks e squats, saltando. Sudi tantissimo e sei in tutto e per tutto Palla di lardo in Full Metal Jacket e ti fanno male anche i muscoli che pensavi di non avere. Quando finisci ti senti immortale. Ci credi. Ci credi anche quando incroci quelli che corrono davvero e ti salutano alzando il collo di un centimetro e facendoti un cenno col sopracciglio (e tu fai lo stesso). Ci credi e ti senti una vera runner pure tu: integrata, baldanzosa, scattante come loro. Ci credi mentre dai le ultime disposizioni ai tuoi amici (i tuoi amici, scopri, sono una moltitudine di ubriaconi fissati con Eataly e le ghiottonerie locali). Ci credi mentre gli dici «Se mi volete bene non invitatemi a cena, non facciamo aperitivi. Quest’anno faccio 34 anni, cos’avrò ancora? 3-4 anni scopabili, poi benvenuto profiterol. Cercate di capire. Grazie e addio».

Smetti di crederci quando nella sauna della piscina siete solo tu e questa figa imperiale. 45 anni dimostrante 32. In due riprese da venti minuti lei ti racconta la sua vita. Vuole lasciare il fidanzato. Smetti di crederci guardandole le cosce mentre lo dice, poi le braccia toniche e quel color bronzo omogeneo della pelle ma come di mare, non di lampada. Smetti di crederci dopo la prima sessione di sauna, quando esci e ti guardi allo specchio. Sei fuxia. Smetti di crederci quando rientri nella sauna e ti accorgi che lei ha il bikini, tu un orrore di intero olimpionico che il solo pensare si chiami olimpionico e l’associarlo alla tua persona ti fa ridere e piangere insieme, come i film di Chaplin. Smetti di crederci quando vedi la sua pancia. È una pancia vera, non una pancia da fitness-blogger. Non è piatta, è perfetta. Smetti di crederci sui polpacci alti e tesi. Sui fianchi, senza smagliature. Smetti di crederci quando ammiri i suoi capelli sbarazzini, rimessi automaticamente in piega per volontà di Nostro Signore, mentre i tuoi hanno la consistenza e il colore della saggina. Sragioni. Fai mente locale. Ma pensi solo questo: Dio, quanto sei ìmpari.

Smetti di crederci. Amy Schumer ci crede ancora. Su Glamour è apparsa accanto a Melissa McCarthy e Adele in un articolo sulle taglie forti. Si è sentita dare della plus-size e non ci ha visto più. Ha detto che lei non è una plus-size, che le plus-size partono dalla 48, e lei non è una 48. Tutto il suo repertorio comico e la sua carriera si reggono sull’autoironia derivante dal peso, ma guai a dirglielo. È così: cIl diario di una ragazza che vuole perdere peso ma non l'autostima.. Se me lo dice qualcun altro ci resto male. Come ci è rimasta male Amy. Ognuno a questo mondo nasce per farsi una ragione delle cose. Hai smesso di credere che sarai magra. Non sei nata così. Devi metterti le cosce in pace. Resteranno grosse. Respira. Sarai una dimagrita, meglio di niente. Hai fame? E mangiati una cosa. Sharee dice tanti piccoli pasti nell’arco della giornata.

Riposati il culo, è grande vero? E va bene così. Non devi pensare a tutto tu, lo ha liberato Beyoncé, e ha risolto quel problema insondabile: la netta differenza tra la più cieca curvy e la più stupida plus-size. Tu non devi manco dare spiegazioni. È bello così com’è il tuo culo, grosso e liberato. Respira ancora. Ci credi?