Può bastare una tendenza congiunta (medica e culinaria) per cambiare le carte in tavola di quella prova bikini che avevamo archiviato? «Perdere molti chili con la dieta della dopamina è possibile». Nelle ultime ore la "dieta della felicità" sta diventando virale dopo che Tom Kerridge, celebre chef della televisione britannica che vanta due stelle Michelin, ha dato alle stampe La miracolosa dieta della dopamina (Newton Compton Editori, 10 euro su Amazon.it), libro in cui racconta come in tre anni è riuscito a perdere 70 chili. La dieta iperproteica in questione, che ha molti punti in comune con altri discutibili regimi alimentari di successo quali la Mayo Diet, la Scarsadale, la Dukan e la Atkins, ha risvegliato, com'era facile intuire, un grandissimo interesse nel mondo del web.

«A 40 anni ero arrivato a 190 kg: non è facile restare in forma quando si trascorrono moltissime ore ai fornelli, tra un assaggio e l’altro. Capivo di avere bisogno di cambiare drasticamente qualcosa nel mio modo di mangiare, ma nessuno dei regimi più in voga pareva adatto a me: erano tutti troppo drastici, restrittivi o semplicemente sgradevoli. Sapevo che la mia situazione non poteva essere risolta con una dieta lampo. Dovevo trovare un menu al quale attenermi nel lungo periodo, un nuovo stile di vita sano con il quale rimpiazzare le mie vecchie (e pessime) abitudini», si legge nelle prime pagine.

Come funziona la dieta della dopamina? Per facilitare il rilascio del neurotrasmettitore del piacere se ne dovrebbero assumere i precursori, cioè le sostanze che l’organismo utilizza per costruirla. Che, spiegano gli esperti, sono gli amminoacidi fenilalanina e tirosina. E fin qui nulla di male. I problemi arrivano quando si tagliano completamente i carboidrati, scelta che fa perdere peso, per potenziare l'assunzione di proteine che (anche) secondo la dietologa e nutrizionista Kaleigh McMordie, come riporta il Reader's Digest, dovrebbero essere assunte nella dose per adulto di 50/62 grammi al giorno.

Gli alimenti che stimolano la dopamina. Secondo Kerridge i cibi che aumentano la produzione di dopamina, sono i prodotti caseari quali i formaggi, i fiocchi di latte, lo yogurt intero e la panna, le uova, il pesce ricco di Omega 3 e di vitamina D quali il salmone, le sardine e lo sgombro, la carne di manzo, di pollo e di tacchino, la frutta fresca di stagione in particolare mele e uva nera fonti di quercetina, antiossidante in grado di limitare la perdita di dopamina, mandorle, nocciole, noci, la verdura a foglie, l'alga spirulina, il cioccolato e i cibi piccanti. «Le ricette che prevedono l’uso di peperoncino non incrementano i livelli di dopamina, ma favoriscono il rilascio nel cervello di endorfine, antidolorifico naturale del corpo che dona una sensazione di benessere e appagamento», spiega lo chef.

Perché la dieta della dopamina ha dei limiti. «Quando ho deciso che era arrivato il momento di mettermi a dieta e ho iniziato a documentarmi, mi sono reso conto che, per prima cosa, dovevo rinunciare all’alcol e ridurre i carboidrati che, consumati in eccesso, favoriscono la liberazione di insulina che trasforma gli zuccheri presenti nel sangue in grasso», scrive Kerridge. Se ormai è scientificamente provato che il regime alimentare migliore è una dieta sana ed equilibrata, risulta facile capire che le diete carbofobiche e ipeproteiche possono essere pericolose per la salute soprattutto se seguite per lunghi periodi. Cosa succede all'organismo quando si segue una dieta ricca di proteine e priva di carboidrati? La prima cosa che accade è l’insorgenza della chetosi, una condizione in cui il corpo, a "corto" di zuccheri nel sangue, compensa questo stato con un aumento di corpi chetonici, con possibile conseguente acidosi metabolica che può portare danni ai reni. Da qui l'importanza di chiedere sempre a un medico nutrizionista che valuterà caso per caso.