È nella più completa fede alla libertà di espressione che alla Redazione di Marie Claire Italia riceviamo e pubblichiamo questa lettera del Direttore UO Dipartimentale di Neonatologia e Terapia Intensiva Neonatale del Presidio Ospedaliero di Rho e Componente del Comitato Etico dell’ Istituto Oncologico Europeo e del Centro Cardiologico Monzino e pur riconoscendo autorevole la sua posizione rimaniamo aperti alla ricezione e pubblicazione di altre opinioni in merito.

“Nel 2017 e in questi mesi del 2018 alcuni tragici eventi hanno coinvolto, come in altre poche occasioni, un’intera nazione e in due casi quasi l’intero mondo. È stato un coinvolgimento fortemente emotivo, a volte, talmente carico da lasciare poco spazio alla riflessione e forse anche a sentimenti come affetto e pietas. Mi riferisco al caso del bambino morto per otite, i cui genitori e un medico, poco medico, rifiutano la terapia antibiotica, al caso del piccolo Charlie Gard prima e a quello di Alfie Evans poi, e alla storia oramai infinita delle vaccinazioni e dei no-vax.

Tutte queste complicatissime vicende e un’altra che descriverò più avanti, apparentemente diverse, hanno un punto che le accomuna: sono tutte fortemente caratterizzate da una forte presa di posizione che diventa decisione dei genitori di questi bambini. Sono tutti genitori che scelgono-decidono per i loro figli: scelgono-decidono di non curare i figli con gli antibiotici, scelgono-decidono di non curare i figli malati di cancro con la chemioterapia, scelgono-decidono di opporsi alle decisioni dei medici, scelgono-decidono di non vaccinare, scelgono-decidono di non curare una sordità totale, curabile, come un caso che ho recentemente incontrato. Queste decisioni si trasformano in battaglie serrate su mille fronti. I giornali, il mondo politico, i social network, informati o poco informati, alcune associazioni di genitori e addirittura capi di stato tra i più influenti, tutti con la loro irremovibile verità, spesso in opposizione a consolidate pratiche mediche o in generale al mondo scientifico, che di verità non ne ha, ma che cerca di costruire con l’umiltà del dubbio e della continua verifica qualche non indiscutibile certezza.

Ognuna di queste vicende meriterebbe un’analisi a distanza e molte riflessioni, proprio nel senso letterale della parola riflessione: l’azione di considerare pensando e ripensando con attenzione e scrupolo.

Particolare gravità sta assumendo la vicenda delle vaccinazioni. Siamo alla confusione generale, fiumi di articoli, centina di interventi, decreti, contro-decreti legge e qualche non trascurabile minaccia, proprio nell’era in cui dovrebbero essere garantita a tutti, oltre che una corretta informazione, anche la libertà di espressione.

Credo, onestamente, nonostante la mia professione, esperienza e buona volontà, che non riuscirei a convincere un genitore fermamente no-vax. Tutto è già stato detto sull’efficacia, sicurezza dei vaccini e sulla non esistenza del maligno e avido disegno delle big-farms dei vaccini (un semplice sciroppo per la tosse, meglio ancora i fermenti lattici arricchiscono molto di più le ditte farmaceutiche che una linea vaccinale): non saprei proprio cosa dire. Tutti questi dibattiti e prese di posizione, anche ministeriali, mi danno una sensazione di irrealtà e grande sconforto.

Proviamo, uscendo da questo dibattito pro-contro, amico-nemico, vero-falso a riflettere ancora, con l’attenzione rivolta ai bambini.

In questi mesi di grandi dibattiti, ho sempre sentito usare da persone autorevoli, giornalisti, medici, anche opinion leader per giustificare in qualche modo le richieste-decisioni dei genitori, il legittimo esercizio della potestà genitoriale o ancora peggio della patria potestà (alcuni hanno l’hanno chiamata podestà, facendo una piccola confusione).

Leggo dalla Treccani. Potestà: Potere, autorità inerente a una carica, o piuttosto il diritto, giuridicamente riconosciuto, all’esercizio di un potere e delle funzioni con questo connesse.

È proprio cosi? Un genitore ha potere sui figli? E che potere ha? Di decidere per lui? Di fare o non fare una scelta per lui, indipendentemente dalle conseguenze? Le scelte/ decisioni sono sempre quelle giuste? Sono insindacabili? Devono essere sempre rispettate?

Forse non è proprio così, molte cose sono cambiate dal Regio Decreto del 16 marzo 1942 della “Patria potesta”, ma non ce ne siamo accorti.

Non ci siamo accorti di due cambiamenti importanti del diritto di famiglia italiano. Nel 1975 la “patria potestà” è sostituita dalla “potestà genitoriale” parificando i diritti e doveri della madre verso i figli a quelli del padre, con la legge n. 151/1975 (ben 29 anni dopo la parificazione amministrativa tra uomo e donna con il voto alle donne del 1946).

Per il secondo cambiamento, più importante, bisogna aspettare molto di più. Solo il 07 febbraio 2014, 39 anni dopo, entra in vigore il D L 28 dicembre 2013 art. 316 c.c., in applicazione della Legge 10 dicembre 2012, n. 219 che abolisce il termine “potestà” genitoriale sostituendolo con “responsabilità” genitoriale. Questo nuovo sostantivo affiancato a genitoriale, presente da tempo in ambito europeo, finalmente definisce meglio i contenuti dell'impegno genitoriale, non più da considerare come una “potestà”, ma come un'assunzione di una paritetica responsabilità da parte di entrambi i genitori verso i figli.

Un cambiamento importante, straordinario. I genitori da esercitanti un potere, un’autorità, da alcuni intesa ancora quasi come una proprietà, devono assumersi una responsabilità verso i figli: la responsabilità di tutelarli. Responsabilità di allevarli, educarli, istruirli e custodirli anche sul piano sanitario.

I genitori sono i responsabili del benessere generale presente e futuro dei loro figli. I figli non sono più l’espressione delle scelte-decisioni dei genitori ma i destinatari della responsabilità dei loro genitori di essere tutelati nel miglior modo possibile. Siamo oltre il vecchio concetto di buona madre e buon padre di famiglia, oltre all’indispensabile bontà, mai sufficiente, serve anche la prudenza, quella di non esporre i propri figli a inutili rischi, soprattutto sanitari, anche se rari e lontani nel tempo.

Mi ero ripromesso di non entrare nella nebulosa della discussione sulle vaccinazioni, ma proprio in questi giorni il Ministero della Salute ha diffuso un report sulle coperture vaccinali in Italia. Secondo i dati del Ministero della Salute la copertura vaccinale nel 2017*, per la rosolia, nei nati nel 1999, diciottenni, è solo dell’80% con minimi del 60% in alcune regioni, quindi con ampia possibilità di circolazione del virus. Il virus della rosolia è un virus teratogeno, cioè capace di provocare gravi danni al feto durante la gravidanza. Il gruppo di ragazze nate nel '99, più o meno vicine, per età, a una possibile gravidanza, è a maggior rischio di contrarre la rosolia in gravidanza, per la propria minor copertura e per la minor copertura generale che facilita la circolazione del virus. In questo caso la scelta-decisione dei genitori potrebbe avere una grave ripercussione addirittura su due generazioni successive. Una situazione analoga, forse più preoccupante è la scarsa copertura vaccinale per la pertosse: sempre dai dati del Ministero della Salute per la coorte nata nel 1999, in Italia la copertura vaccinale non arriva al 70% con un molto preoccupante 38,4% in una regione. La tragica morte di due lattanti per pertosse, avvenuta recentemente all’ospedale di Bergamo, spiega più di ogni parola la necessità che i genitori vaccinino le loro bambine (e non solo), future mamme, per salvaguardare i loro nipoti e più in generale che si diffonda la consapevolezza della necessità del controllo del proprio stato di copertura vaccinale in gravidanza.

La potestà sui figli, abolita per legge, spero lo diventi anche per cultura".

Dr Rossano Massimo Rezzonico

Direttore UO Dipartimentale di Neonatologia e Terapia Intensiva Neonatale del Presidio Ospedaliero di Rho
Componente del Comitato Etico dell’Istituto Oncologico Europeo e del Centro Cardiologico Monzino.

*fonte: Ministero della Salute Le coperture vaccinali al 31 dicembre 2017