UNA SETTIMANA TRA I FLUTTI di Caprera e La Maddalena per imparare a condurre una barca a vela. Otto mesi di training per prepararsi a una maratona. Nove mesi di gestazione per diventare madre. Tutte cose che si possono fare dopo un tumore al seno.

Nulla di azzardato: si tratta di esperienze e trial seguiti da importanti centri di cura, e sostenuti da associazioni e charity con un solo obiettivo: dimostrare - una volta di più - che dopo la malattia si può continuare a fare progetti, lavorare, sfidare se stesse.

Come prova la crescente percentuale di donne che superano un percorso di cura: oltre l’87% a 5 anni dalla diagnosi - ma quasi il 100%, se la diagnosi è precocissima.

«Il dopo è un momento cruciale: quello in cui bisogna cancellare il cancro dalla mente, dopo averlo cancellato dal corpo», ammette l’oncologa Paola Martignoni - tra le fondatrici dell’Associazione Libellule, con sede al Columbus Clinic Center di Milano - citando Umberto Veronesi.

«Invece può succedere che i controlli periodici, con lunghi tempi di attesa, diventino momenti di grande stress. Per questo la nostra associazione si è impegnata a costruire percorsi di prevenzione e follow up in uno spazio che dedica grande attenzione all’aspetto emotivo, dove i risultati dei test vengono comunicati in giornata, senza attese destabilizzanti. E dove la rinascita è sostenuta da incontri con psicologi, trainer, makeup artist, consulenti del lavoro».

Che la guarigione non possa prescindere dal mondo delle emozioni è la convinzione che ispira Healing Wings, corso integrato di psicologia e pratica di vela organizzato dall’Istituto Europeo di Oncologia e dal Centro Velico di Caprera con alcune ex pazienti.

«Il mare diventa il grande maestro con cui confrontarsi e trovare nuova energia nell’affrontare la vita di bordo, ma anche nel riprendere in mano il timone delle sfide personali», spiega Gabriella Pravettoni, direttore della divisione di Psicologia Ieo e docente all’Università degli Studi di Milano.

«La lezione che abbiamo imparato? La barca sono io, con il mio corpo, la mia mente... Non si possono scegliere le onde che incontreremo, ma si può sempre scegliere come affrontarle».

MAI SMETTERE DI IMMAGINARE un domani. È quello che faranno a Venezia il 21 e 22 settembre gli scienziati riuniti per The Lives to Come, XIII Conferenza internazionale di The Future of Science organizzata dalle Fondazioni Veronesi, Tronchetti Provera, Cini.

Come spiega la presidente del convegno Chiara Tonelli, prorettore alla ricerca dell’Università degli Studi di Milano, che racconta senza problemi di aver affrontato 12 anni fa un tumore al seno.

«Oggi sappiamo che quello che mangiamo regola l’attività dei nostri geni nel bene e nel male. Ciò che ci guarirà domani sarà sempre di più il cibo. I ricercatori sono al lavoro per utilizzare al meglio sostanze tipo il licopene dei pomodori o le antocianine di uva e mirtilli, capaci di migliorare la risposta alle cure e la sopravvivenza. Ma studiano anche come fermare sul nascere la malattia bloccando i “poliziotti corrotti” del sistema immunitario. O come scoprire modificazioni con un prelievo di sangue».

SPORT E ALIMENTAZIONE combattono le ricadute «Oltre al cibo, anche l’esercizio protegge le donne dai tumori, e persino dalle recidive», spiega Alessandra Gennari, ricercatrice dell’Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro (Airc) e oncologa dell’Ospedale Galliera di Genova.

«La prescrizione? Quaranta minuti d’attività aerobica (corsa, bici, nuoto) cinque giorni la settimana». Come sottolinea la venticinquennale Campagna del Nastro Rosa sostenuta da The Estée Lauder Companies Italia, che anche quest’anno ha scelto l’Airc come partner.

E come dimostrano le 25 donne operate che si stanno preparando alla maratona di N.Y. con l’appoggio di Pink is Good.

Guarire significa anche fare progetti importanti, come avere un figlio.

«I primi dati sono rassicuranti: una gravidanza dopo un tumore al seno non compromette le possibilità di guarigione, anche con malattie ormonodipendenti», spiega l’oncologa Olivia Pagani co-chair dell’International Breast Cancer Study Group di Berna, Svizzera, e responsabile della ricerca BIG Time for Baby - Pregnancy after breast cancer.

«Molte domande però sono ancora aperte: quanto tempo dopo la diagnosi si può pensare a un figlio, quanto è sicura l’attesa per il bambino, come comportarsi quando il trattamento compromette la fertilità futura? Lo studio internazionale cercherà di rispondere».

Per sostenere BIG l’appuntamento è a Milano il 25 ottobre, alla cena di gala BIG’S Shadow & Light (bigagainstbreastcancer.org/events/milano).