«Ho molta più paura quando incrocio qualcuno sul marciapiede prima di arrivare alla macchina che quando entro nel reparto di oncologia. È altamente improbabile che uno dei pazienti in cura sia un asintomatico con il Coronavirus, non sarebbe nemmeno in grado stare in piedi», racconta Francesca Barbieri, 37 anni, che attualmente si sta sottoponendo a un ciclo di chemioterapia. «Ero già in quarantena a gennaio/febbraio e giravo rigorosamente con la mascherina. Per chi è nelle mie condizioni era pericoloso entrare in contatto con un colpo di tosse dovuto a una normale influenza: ho trovato doloroso constatare come all’inizio del lockdown molte persone che conoscevo si lamentassero di non poter uscire, senza pensare alle conseguenze».

La chemioterapia porta a un drastico abbassamento delle difese immunitarie e i pazienti con tumore sono quindi tra le persone più fragili in questo periodo, anche perché sono costretti a uscire una o due volte la settimana per recarsi in ospedale: «La situazione in ospedale è molto cambiata. Non possiamo essere accompagnati da nessuno e i protocolli di sicurezza sono aumentati. Il personale indossa tutti gli strumenti di protezione. Sanno ancora essere gentili e premurosi, ma vedo che sono molto sotto stress».

Francesca è conosciuta sul web come Fraintesa, da quando oltre dieci hanno fa ha iniziato con un blog di viaggi per poi spostarsi anche sui social con la stessa voglia di raccontare le più belle destinazioni del mondo. La sua storia potrebbe essere quella di tante persone che lottano contro il cancro («per favore chiamatelo con il suo nome e non con degli eufemismi», chiede) ma è resa ancora più emblematica dalla sua giovane età e dal fatto che sta curando una recidiva. Il tumore è infatti tornato con delle metastasi pochi mesi dopo l’annuncio di guarigione. «All’inizio ho provato molta rabbia e un certo senso di ingiustizia. Avevo fatto tutto quello che mi era stato detto, da sempre ho uno stile di vita salutare, mentre molti, mi dicevo, fanno ben di peggio e non si ammalano. Poi ho capito che "giusto" e "ingiusto" sono categorie a cui non ha senso pensare. Rimuginarci di continuo mi toglieva solo energie». Ha scoperto che il cancro era tornato mentre stava concludendo un viaggio intorno al mondo, che aveva deciso di organizzare come «una rivincita sulla vita».

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«La prima volta che mi è stato diagnosticato il tumore non è stato affatto semplice reagire. Non sapevo nulla di questa malattia, avevo solo 35 anni e nessuna famigliarità. In più, mi era toccato quello più stronzo di tutti, con un alto tasso di recidiva. Ho trovato sostegno e le giuste informazioni grazie alla Lilt - Lega Italiana per la lotta contro i tumori. Una volta guarita ho deciso di organizzare una viaggio per partire esattamente un anno dopo che mi era stata comunicata la diagnosi, l'8 ottobre, così da dare un nuovo significato a questa data», spiega oggi al telefono da casa. Ma non poteva essere un semplice viaggio da raccontare come al solito. Questa volta tutto era cambiato dopo quei mesi da incubo in cui Francesca si era sottoposta all'operazione, al primo ciclo di chemioterapia e a uno di radioterapia.

Il viaggio era diventato un progetto per parlare di tumore al seno e invitare a fare prevenzione. Francesca voleva parlare per la prima volta alla sua community social della malattia, visto che fino ad allora aveva preferito curarsi senza dirlo e fotografandosi sempre con una parrucca per nascondere i capelli caduti con la chemio. E ha coinvolto tutti in un crowdfunding a favore della Fondazione Airc per la ricerca sul cancro. «Diagnosticarlo in tempo è stata l’unica cosa che mi ha salvata. E, ripeto, io non avevo casi in famiglia. A giugno 2018 avevo sentito un nodulo sotto la doccia e nei primi tre mesi ero stata rassicurata da ben due senologi, che mi avevano visitato e detto che molto probabilmente era una cisti. Potevo operarmi, certo, ma secondo loro non era urgente. Io però sentivo che questo nodulo lo volevo togliere al più presto, anche perché si era ingrossato. Quindi a settembre ho fissato in via privata l'operazione per farlo rimuovere. In questi casi, è prassi fare delle analisi successive: ed è così che l'8 ottobre 2018 ho avuto la notizia del cancro».

Ero in quarantena con la mascherina ben prima del lockdown: troppo pericoloso uscire liberamente

«Non è stato facile accettare che il tumore fosse tornato così presto e dover ricevere la notizia mentre mi trovavo dall’altra parte del mondo, proprio nel mezzo di quel viaggio che doveva essere il mio riscatto». Francesca è infatti partita l'8 ottobre 2019 da Milano verso l’Asia, dove ha viaggiato tranquillamente a Hong Kong, in Cina, Indonesia, Malesia, fino in Polinesia per poi andare in California. «A Los Angeles ho iniziato a non sentirmi bene, sembrava influenza ma pensavo che alla tappa successiva, il Costa Rica, il caldo mi avrebbe aiutata a riprendermi. Anche la stanchezza che avvertivo poteva essere normale: gli effetti del vecchio ciclo di chemioterapia potevano sentirsi anche a mesi di distanza, mi avevano detto. Quando sono arrivata, però, mi sentivo sempre peggio e sono andata in ospedale per una visita di controllo». È proprio lì che le hanno fatto una tac e una dottoressa le ha preso la mano per comunicarle la notizia: c'erano delle metastasi, il cancro era tornato. Incredulità, negazione, panico. Per un attimo Francesca ha pensato che non poteva essere vero, ma poi è tornata in hotel, ha fatto la valigia e si è messa sul primo aereo per l'Italia.

Francesca Barbieri Fraintesapinterest
Courtesy Fraintesa
Uno dei luoghi preferiti di Fraintesa è l’Australia, che conosce molto bene e ha visitato più volte.

Al suo ritorno ha raccontato tutto sui social fin da subito. «Alla prima diagnosi ho preferito curarmi in silenzio, ma questa volta ho dovuto spiegare ai miei follower come mai fossi tornata a casa prima e quindi ho pubblicato la notizia della recidiva. Non aveva senso tenerlo nascosto e sarebbe stato impossibile». In molti le hanno scritto in segno di sostegno o anche per raccontare la propria esperienza personale o di un famigliare. «Continuo il percorso con una psicologa, ma ho trovato molta forza anche nella meditazione che pratico da tre mesi. E poi ho deciso di informarmi solo lo stretto indispensabile, di risparmiarmi i bollettini quotidiani sulla diffusione del Coronavirus. Penso che causino molta ansia e a me personalmente non servono. In questo periodo ho accettato di non poter lavorare a pieno regime, anche a causa del virus, e semplicemente aspetto che arrivino tempi migliori. Affronto un giorno alla volta, senza far viaggiare la mente troppo in avanti: ho deciso di non preoccuparmi per le cose che ancora non sono successe».