"Il preservativo è l'unico dispositivo anticoncezionale in grado di prevenire infezioni sessualmente trasmissibili". Arrivata quest’anno alla sua seconda edizione,#BastaTantoCosì, la campagna digital di Durex Italia presentata in occasione del World Aids Day che si celebra il 1 dicembre, si propone di sensibilizzare sull’importanza di una sessualità sempre più consapevole e protetta dal momento che secondo una recente ricerca condotta dalla celebre azienda che da oltre 80 anni produce preservativi, lubrificanti e sex toy e skuola.net solo un giovane su due utilizza il preservativo, mentre oltre il 60% prova vergogna nell’acquisto. La campagna prevede il lancio di un’asta benefica il cui ricavato, insieme a una donazione da parte di Durex di oltre 90mila preservativi, sarà devoluto ad ANLAIDS - Associazione Nazionale per la Lotta Contro l’AIDS. Dal momento che la prevenzione è l'unica arma che abbiamo a disposizione per fermare la diffusione dell’HIV e che come sottolineano da Lelo, brand leader nel settore dei sex toy, riportando i dati pubblicati sul Notiziario Istisan volume 32 - n. 10 ottobre 2019 l'80,2% delle nuove diagnosi di infezione da HIV effettuate nel 2018 (2.847 casi) è attribuibile a rapporti sessuali non protetti risulta fondamentale potenziare e facilitare l'informazione per ridurre al minimo questi numeri. Per farlo abbiamo realizzato un'intervista doppia a due esperte in materia, la professoressa Gloria Taliani, specializzata in malattie infettive e tropicali del Policlinico Umberto I di Roma, e Kate Moyle, Lelo Sex Expert.

Come si sta facendo prevenzione oggi?
Gloria Taliani: "Per la verità questo è un tema cruciale sempre, ma lo è ancora di più in epoca di pandemia, nella quale - come sottolineato in molte sedi istituzionali e scientifiche - gli sforzi fatti fino a ora per creare una rete di supporto dei giovani e dei meno giovani, si sta sgranando per mancanza di momenti di formazione e di sorveglianza. Il beneficio che indirettamente le misure di controllo della pandemia SARS-CoV-2 implicano, riducendo la probabilità di incontri sociali e limitando le occasioni di incontri sessuali occasionali, e dunque riducendo la possibilità di diffusione per via sessuale dell’infezione da HIV nelle proiezioni a due e cinque anni, si perde completamente per effetto dell'inefficienza di tutti i meccanismi consolidati di contrasto alle nuove infezioni, tra cui l’informazione, la sorveglianza attiva, la diagnosi precoce, l’offerta attiva della PrEP (profilassi pre-esposizione ovvero l'assunzione regolare di farmaci a scopo di prevenzione, ndr) e via dicendo. Ciò è prevedibile che comporterà un incremento nei nuovi casi di infezione che sarà numericamente superiore al beneficio apportato dalla riduzione della promiscuità sessuale. Dunque, al netto di quanto detto, quello che ci dobbiamo attendere è una recrudescenza del fenomeno infettivo HIV in conseguenza della pandemia a dei suoi risvolti sull’organizzazione sanitaria. Se questo è stato vero nel 2019, in epoca pre-pandemica nel 2020 lo sarà ancora di più perché è evidente che l’attenzione generale è assorbita molto di più dalla prevenzione dell'infezione da SARS-CoV-2 che da quella da HIV".
Kate Moyle: "
L’educazione sessuale e l’informazione sono la chiave per aumentare la conoscenza e la consapevolezza su qualunque argomento, questo è ancora più vero quando si parla di educazione sessuale, che storicamente è stata estromessa dai dialoghi e dalle conversazioni più mainstream. Abbattere i tabù e lo stigma sulla salute sessuale, sulla sessualità, sul piacere, sul sesso e sulle relazioni è assolutamente cruciale e bisogna farlo attraverso l’educazione e l’informazione. Istituita per la prima volta nel 1988 dal Programma delle Nazioni Unite per l’HIV/AIDS, la Giornata Mondiale contro l’AIDS ha lo scopo di esprimere solidarietà a quanti sono affetti da questa malattia, sensibilizzare l’opinione pubblica su quella che è considerata una delle epidemie più distruttive nella storia dell’umanità, raccogliere fondi per la prevenzione e la cura, commemorare quanti sono morti a causa di essa. Per questo motivo è sempre fondamentale parlare apertamente di sessualità e prevenzione, a ogni età".

Cosa sanno i giovani dell’AIDS?
Gloria Taliani: "Questa è una domanda difficile, al di là della sua apparente semplicità. È difficile sapere come i giovani percepiscano il problema dell’infezione da HIV e della sua evoluzione verso la forma più avanzata di malattia, nota con il nome di AIDS, dal momento che l’informazione sul rischio di contrarre l'HIV non sembra essere compresa nel percorso curricolare delle scuole superiori o medie inferiori. Mi viene naturale pensare che ne sappiano ancora troppo poco, se - come è stato riportato nell’ultimo notiziario dell’ISS pubblicato a novembre - il Registro Nazionale AIDS nel 2019 ha ricevuto 571 segnalazioni di nuovi casi di AIDS, pari a un’incidenza di 0,9 nuovi casi per 100mila residenti. Il dato che il 70% dei casi di AIDS segnalati nel 2019 fosse costituito da persone che non sapevano di essere HIV positive sottolinea la completa inconsapevolezza di avere tenuto comportamenti a rischio, e dunque l’evidenza che per questi soggetti non era chiaro quali fossero le modalità di trasmissione dell’infezione HIV. Si tratta di un dato preoccupante che sottolinea la necessità di educare per prevenire".
Kate Moyle:
"L'AIDS è lo stadio più avanzato di un'infezione da HIV quando il sistema immunitario di una persona non può più combattere le infezioni. I cambiamenti e progressi che sono stati fatti sul trattamento dell’HIV sono stati moltissimi e importanti negli ultimi 40 anni, ma storicamente HIV e AIDS hanno avuto ripercussioni catastrofiche e ancora oggi ci sono moltissime morti in tutto il mondo a causa di malattie legate all’AIDS. I giovani oggi conoscono e si informano sul tema dell’educazione sessuale. Si informano e hanno accesso a moltissime informazioni sulla salute sessuale, ma è importante insistere sull’informazione e sull'educazione".

Cosa dovrebbero sapere oggi le giovani generazioni sulle malattie sessualmente trasmissibili?
Gloria Taliani: "Senza volere demonizzare il sesso, i giovani devono essere educati a un sesso sicuro, al riparo da implicazioni infettive che costituiscono un pericolo per la loro esistenza presente e futura, oltre che un onere per il sistema sanitario nazionale. L’impegno di noi tutti dovrebbe andare nella direzione della formazione oggi più che mai, in un momento in cui le risorse sono assorbite dalla pandemia e quindi meno disponibili per assicurare l’assistenza in altri ambiti. È fin troppo evidente che l’impegno deve essere profuso là dove è più efficace, e cioè a monte del rischio. Solo la formazione può conseguire questo risultato e, con un impegno sostenibile, depotenziare la possibilità di incappare nel contagio".
Kate Moyle:
"Che chiunque può contrarre una malattia sessualmente trasmissibile indipendentemente dal numero di persone con cui ha avuto rapporti, quindi proteggersi e essere responsabili della propria salute deve essere sempre una priorità. Esistono moltissime tipologie di contraccezione che proteggono dalle gravidanze, ma i preservativi sono il modo più efficace per proteggersi anche dalle malattie sessualmente trasmissibili, in particolar modo quando si ha un nuovo partner. È inoltre importantissimo sottoporsi regolarmente a regolari controlli per verificare la propria salute sessuale; infatti molte infezioni sessualmente trasmissibili sono asintomatiche e potrebbero essere trasmesse senza neppure sapere di essere infetti, inoltre - se non trattati - molte di queste posso avere implicazioni per la salute a lungo termine, come l'infertilità".

A che età i ragazzi iniziano a comprare i preservativi e attraverso quali canali?
Gloria Taliani: "L’acquisto dei preservativi dovrebbe iniziare nel momento in cui i ragazzi iniziano la propria attività sessuale, e come ogni genitore sa, questo momento può essere diverso nei ragazzi in base alle caratteristiche individuali. L’aspetto più interessante tuttavia non riguarda il momento in cui un giovane si avvicina a un distributore automatico o a una farmacia per acquistare il preservativo, ma il percorso mentale che ha seguito per fare questo passo. Ed è del tutto evidente che questo percorso nasce in famiglia e si rafforza attraverso i momenti di informazione più probabili, cioè nella scuola e nelle associazioni, sportive o di qualunque altro genere, che il ragazzo frequenta. Solo così l’avvio alla sessualità protetta può essere immaginato avvenire in maniera armonizzata. Senza prevenzioni o pregiudizi".
Kate Moyle:
"Non è importante tanto l’età quanto avere accesso a informazioni affidabili e avere un dialogo aperto in famiglia o con esperti. I preservativi possono essere comprati in supermercati o in farmacia".

Secondo un sondaggio realizzato da Durex e skuola.net meno del 60% dei ragazzi intervistati è solito parlare di sessualità e prevenzione con i genitori che solo per il 26% consigliano il condom per la prevenzione dalle IST. Cosa dovrebbe fare e/o dire un genitore a un figlio preadolescente per fare prevenzione?
Gloria Taliani: "La cosa più utile che un genitore possa fare è mantenere una linea di comunicazione costante, aperta e curiosa nei confronti dei propri figli. La scoperta della sessualità e il bisogno di esercitarla sono percorsi istintivi nei quali la presenza del genitore può rivelarsi ingombrante, oppure essere di supporto. Quale via verrà intrapresa dipende dalla maniera con cui i genitori sanno interagire con i figli. Credo che i ragazzi abbiano bisogno di sapere che il genitore è loro accanto con la necessaria impronta normativa, ma al tempo stesso aiutandoli a non correre inutili e prevenibili rischi. Come insegniamo loro volentieri a guidare, allo stesso modo dobbiamo sapere insegnare loro a proteggersi, con tutti i significati che questa parola implica sia in senso fisico, sia evolutivo".
Kate Moyle: "I genitori dovrebbero sempre rispondere onestamente e con informazioni appropriate all'età alle domande dei figli. Facendo ricerche con e accanto ai propri figli, e se non si conosce la risposta non bisogna avere paura di ammetterlo, ma approfondire l’argomento e informarsi per poi tornare da loro - non si può sempre sapere tutto. Anche se le domande dei figli possono prendere alla sprovvista, non bisogna mai farli vergognare o sentire inadatti per avere chiesto, ma ringraziarli e prestare attenzione a quello che stanno chiedendo, perché potrebbero essere confusi, nervosi e avere bisogno di essere rassicurati in qualche modo. Parte della conversazione potrebbe essere anche incentrata su quello che ha mosso la loro curiosità e provocato la loro domanda - magari qualcosa che hanno visto o sentito - e questo può essere un ottimo modo per avviare la conversazione. Bisogna considerare queste conversazioni come momenti per avviare un dialogo con loro e per essere per i propri figli una fonte di confronto e informazione. Se li si fa sentire inadatti o vergognare delle proprie domande potrebbero non chiedere più e finire con il cercare le risposte alle proprie domande chiedendo al Dott. Google. I genitori spesso temono che le discussioni sul sesso possano “sessualizzare” i propri figli o che li portino a volere avere subito rapporti sessuali, ma vediamo da Paesi come l’Olanda che in realtà accade l’opposto. È importante anche ricordare che non si tratta solo di “un discorso”, ma di “centinaia di conversazioni” e di mantenere sempre aperto il dialogo e di lasciare avvicinare i propri figli quando ne hanno bisogno, facendo sapere loro che possono affidarsi e chiedere ai propri genitori è la risorsa più importante".