Patologia infiammatoria cronica di tipo autoimmunitario che colpisce circa l’1% della popolazione, di cui il 70% è rappresentato da pazienti donne, la celiachia tre anni fa è stata trasferita dal Ministero della Salute dall’elenco delle malattie rare a quello delle malattie croniche a fronte del costante aumento degli individui affetti. Se ormai è chiaro alla maggior parte della popolazione che essere celiaci significa essere intolleranti al glutine e quindi dovere mangiare alimenti gluen free, meno chiaro purtroppo a molti è che questo complesso proteico per il resto della popolazione è fondamentale al fine di abbracciare una dieta sana ed equilibrata. Per fare ancora una volta chiarezza abbiamo incontrato la dottoressa Martina Donegani, nutrizionista, interpellata da Gruppo Eurovo in occasione della Giornata Mondiale della Celiachia che si celebra il 16 maggio. L’azienda, leader in Europa nella produzione di uova e ovoprodotti e da sempre attenta alla sicurezza dei consumatori, in particolare di chi soffre di intolleranze alimentari, ha infatti voluto promuovere una corretta informazione sull’alimentazione senza glutine, l’unica terapia disponibile per le persone che soffrono di questa patologia e ricordare l’importanza delle uova, naturalmente prive di glutine, come alimento fondamentale in questo tipo di regime.

Cos'è la celiachia e quante persone ne soffrono in Italia?
La celiachia, termine con cui si definisce l’intolleranza permanente al glutine, è una patologia infiammatoria cronica di tipo autoimmunitario che colpisce circa l’1% della popolazione, di cui il 70% è rappresentato da pazienti donne; in Italia, per esempio si stima siano circa 600mila le persone che ne soffrono. Riconosciuta per lungo tempo come patologia rara, nel 2018 è stata trasferita dal Ministero della Salute nell’elenco delle malattie croniche a fronte del costante aumento degli individui affetti.

L'intolleranza al glutine è permanente?
Sì, una volta insorta, la patologia non sparisce. Al contrario, può capitare che una persona che in passato non ne ha mai sofferto la sviluppi in seguito, talvolta senza che vi sia una causa scatenante certa, ma più frequentemente in seguito a eventi stressanti, malattie o traumi per l’organismo. Vi è però, per fortuna, una terapia salva vita: la dieta senza glutine, da seguire rigorosamente per tutta la vita.

Quali sono i sintomi della celiachia e come si diagnostica la patologia?
Nei soggetti geneticamente predisposti alla celiachia, l’ingestione di glutine scatena una reazione infiammatoria che provoca la distruzione dei microvilli intestinali, con conseguente malassorbimento dei nutrienti. I sintomi sono molto vari ma, per l’appunto, sono soprattutto di origine gastrointestinale: perdita di peso, stipsi, diarrea, distensione addominale, gonfiore e, nei bambini, per via del malassorbimento, anche ritardi nella crescita in primis ritardo puberale e bassa statura. Possono risultare inoltre carenze di micronutrienti come ferro e vitamine, e può verificarsi anche osteoporosi. Si tratta di una malattia che può essere anche asintomatica o che può restare silente per anni, tanto che, in caso di sintomi molto lievi, non è sempre facile diagnosticarla, anche se l’aumentata consapevolezza oggi aiuta. Anche a livello di diagnosi, notiamo come siano migliorati gli strumenti: un tempo era disponibile solo la biopsia duodenale, che si fa ancora oggi, ma è un esame invasivo che spesso in passato si preferiva non prescrivere. Ora ci sono invece step intermedi, a partire dall’anamnesi e da analisi del sangue preliminari - il medico può infatti prescrivere il dosaggio sierologico degli anticorpi anti-gliadina (AGA), anticorpi anti-endomisio (EMA), anticorpi anti-tranglutaminasi tissutale (TTG). In caso di positività a questi test, che indicano una buona probabilità che vi sia celiachia, allora si procede con la biopsia per una diagnosi certa.

Quali sono gli alimenti vietati a un celiaco?
Tutti quelli che contengono glutine, prevalentemente cereali come il grano, l’orzo, il farro e la segale. Serve, inoltre, fare attenzione alla contaminazione. Per esempio, l’avena è un alimento ambiguo: di per sé non contiene glutine, ma è ad alto rischio di contaminazione crociate, per via della produzione congiunta in stabilimenti in cui si producono anche alimenti con glutine; si consiglia, quindi, in genere di evitarla o di assumere solo quella che riporta la dicitura "senza glutine" o il marchio della spiga barrata. In generale, è sempre bene leggere attentamente le etichette, evitando tutti quei prodotti che riportano la dicitura "potrebbe contenere tracce di cereali contenenti glutine".

celiachiapinterest
Getty Images

Cos'è il glutine e come si sopperisce alla sua mancanza?
Il glutine è una sostanza proteica composta dall’unione di due proteine, la glutenina e la gliadina che, mescolate con l’acqua, originano una massa viscosa, il glutine per l’appunto, che consente alle farine di grano e dei cereali che lo contengono di dare origine a impasti resistenti ed elastici. Essendo il glutine presente in molti cereali, che rappresentano la nostra maggiore fonte di carboidrati, quando si segue una dieta gluten free si devono trovare fonti di carboidrati alternative: il mais, il riso, il grano saraceno, la quinoa e il miglio sono cereali privi di glutine, senza dimenticare che anche le patate e le castagne sono una buona fonte di amido. I legumi poi sono un’ottima fonte gluten free sia di carboidrati sia di proteine, infatti bisogna anche garantire nella dieta una giusta quota proteica che non sia il glutine: oltre ai legumi, sì a pesce e uova, in guscio o sotto forma di ovoprodotti. Grazie all’estrema versatilità, le uova si rivelano preziose anche come ingredienti negli impasti per dare sapore e per aiutare a dare un po’ di elasticità alle farine prive di glutine, di per sé meno facili da lavorare.

Perché secondo lei la dieta gluten free va di moda? E perché molti ritengono che il glutine per esempio gonfi o faccia ingrassare o faccia male all'intestino o alla tiroide?
Qui serve fare chiarezza. Essendo aumentata l’efficacia degli strumenti di diagnosi, sembra di conseguenza che sia aumentato il numero di soggetti celiaci, ma i dati non dipendono assolutamente da un aumento di consumi di alimenti con glutine, così come non è il consumo di glutine “eccessivo” a determinare la celiachia. Non solo, è errato associare a prescindere gonfiore e disturbi al glutine, perché questi non sono correlati nei soggetti che non soffrono di celiachia o di gluten sensitivity. Quest’ultima è un fenomeno ambiguo, non una vera e propria celiachia – i soggetti sono, infatti, negativi al sierologico e alla biopsia – eppure manifestano sintomi molto simili. È una terra non ben definita, che porta tante persone a inserirsi nella categoria, autodefinendosi sensibili al glutine e di conseguenza evitarlo. C’è poi tutto un discorso di marketing ed economico, collegato all’alto costo di questi prodotti rispetto ai tradizionali e a una nicchia di mercato in forte crescita, che è per di più alimentato da vip, gossip e false notizie: pensiamo alle molte “diete senza glutine delle star” - una delle pioniere è stata quella di Gwyneth Paltrow, che guarda caso ha poi pubblicato i suoi libri di ricette senza glutine per tornare in forma - che inducono il pubblico a evitare il glutine a loro volta. Una comunicazione sommaria o errata ha portato a cattiva conoscenza, con il dilagare di false credenze. Per essere chiari: non ci sono, a oggi, studi scientifici che dimostrano una correlazione tra disturbi tipici della celiachia in casi in cui non c’è né patologia né sensibilità.