Ci sono persone che pur di non entrare in un ascensore si fanno 15 piani a piedi, altre che non riescono a fare una risonanza magnetica nemmeno sotto Xanax, altre ancora che decidono i loro viaggi in base a strade senza gallerie, altre infine che si sentono mancare l'aria a causa di persone asfissianti e/o opprimenti. La claustrofobia, ovvero la paura eccessiva e irrazionale degli spazi chiusi, di posti e situazioni da cui è difficile scappare, può avere cause diverse, ma ha gli stessi sintomi - senso di soffocamento, tachicardia, sudorazione accentuata, brividi o vampate di calore - che possono sfociare in un vero e proprio attacco di panico. Come superarla? Come non lasciarsi investire da un senso di ineluttabilità, impotenza e profonda ansia? Abbiamo intervistato lo psicologo Daniele Marchesi (@lapsicologiaperte) per capire quali sono i possibili rimedi di questa fobia.

Cos'è la claustrofobia? Ne esistono di tipologie diverse?
Avete presente quella sensazione di impotenza nel trovarsi di fronte a qualcosa che reputiamo insormontabile? Incapaci di muoverci, di agire, di essere liberi nell’esprimere o essere semplicemente noi stessi. In un profondo e oscuro senso di inabilità che pervade ogni nostra possibilità. Ecco questa sensazione è ciò che prova chi ha sofferto o soffre di claustrofobia. Questa particolare fobia nasce nello specifico in situazioni, contesti o percezioni di oppressione. La più famosa e conosciuta è quella relativa a spazi in cui ci sentiamo soffocati: stanze di piccole dimensioni, luoghi senza sbocchi d’aria, oppressione data da altre persone. Anche se, con una personale licenza poetica, vorrei portarvi a riflettere sul concetto e il significato alla base di questo disagio che è il "sentirsi in trappola". La sensazione di trappola è evidente in una stanza dalle minute dimensioni, magari carica di persone dove il semplice spostarsi diviene una vera e propria impresa ercolina, ma non è l’unica condizione. Questa fobia nutre profonde radici, che vanno aldilà delle mura o di un mezzo di trasporto.

Sta dicendo che può trovare per esempio terreno molto fertile anche nelle relazioni?
Ebbene sì, riflettiamoci insieme: la sensazione di essere legati al proprio partner, ma insoddisfatti per qualche particolare motivo, oppure a un amico che non ci permette di essere realmente noi stessi o anche infine un familiare che per qualche nostro pensiero reputiamo troppo stretto e legato a noi tanto da toglierci il fiato e farci sentire incastrati… Questi esempi vi hanno fatto sentire una piccola stretta al collo? Avete provato un accenno di claustrofobia, una piccola spruzzata di panico dettata dal sentirsi in trappola. Condizioni ambientali, relazioni, novità di vita per cui ci sentiamo incapaci, tutto ciò che ci fa sentire impotenti e incastrati di fronte a ciò che consideriamo insormontabile.

Quali sono le cause scatenanti?
Ricordiamoci sempre che la mente non si può separare dal corpo e viceversa. Molti studi fisiologici scientifici trovano la causa di questa fobia in un malfunzionamento dell’amigdala. Quel maledetto e benedetto organo che ci permette di provare le nostre emozioni. Ricordiamoci: le emozioni hanno notevoli sfumature, ma anche e soprattutto un’intensità specifica; e se l’emozione fosse più potente di quanto in realtà dovrebbe? Se la nostra paura fosse aldilà della ragionevole condizione di pericolo che stiamo vivendo? Questo malfunzionamento potrebbe dunque spiegare il problema alla base della claustrofobia, ma non è l’unica ipotesi. Altri grandi esperti considerano l’origine in una disfunzione nella percezione dello spazio che anticamente ci serviva per sopravvivere. Altri ancora considerano una visione interna distorta, conseguente alla nostra paura di essere incapaci nell’affrontare le sfide nella vita e dunque pronti a evitare ogni potenziale trappola. Dipendente dal tipo di claustrofobia, ci sono le diverse cause scatenanti. Ciò che però riguarda ogni tipologia: che dipenda da una causa organica, da un’interpretazione contestuale o da una nostra percezione di incapacità è il concetto che sicuramente può essere anche ereditaria. Fisiologicamente siamo connessi a potenziali disturbi dei nostri genitori come tutte le altre predisposizioni. L’interpretazione disfunzionale dello spazio può essere derivata da comportamenti appresi da chi ci ha cresciuto, infine sicuramente la percezione di noi stessi come incapaci di affrontare la vita non può non avere radici nella nostra crescita. Noi siamo dei mimi. Molti pensano di apprendere per la maggior parte tramite i libri, oppure dall’esperienza. Tutto vero, ma noi siamo in continuo apprendimento di ciò che vediamo fare agli altri. Specialmente dalle figure che reputiamo importanti. Ecco perché il periodo dell’infanzia, da me e dai miei colleghi, viene spesso considerato fondamentale. Lo so, rischiamo di essere dei rompiscatole, chiedendo e riportando a galla anche avvenimenti molto intensi e dolorosi capitati quando si era piccoli. Non ne abbiate con noi, lo facciamo per il vostro bene. Immaginate l’influenza che un genitore può avere nell’evitare contesti condizioni o momenti particolari poiché soffre di claustrofobia. Da buoni mimi cosa apprenderanno i suoi figli? In secondo luogo: un genitore che impedisce ai suoi figli di fare esperienza perché troppo preoccupato che possa succedere qualcosa, cosa insegnerà loro? Forse che non sono in grado di affrontare il mondo? Forse di evitare ogni trappola? Riflettiamoci.

Come si calma un attacco di panico scatenato da claustrofobia?
La prima cosa che spesso ripeto ai miei pazienti è: di attacco di panico non si muore. È bene però affrontarlo e cercare di superare questa condizione poiché anche fisiologicamente è notevolmente stressante per il corpo. Un primo consiglio fondamentale è concentrarsi molto sulla respirazione. Lo so sembra il consiglio più banale del mondo, ma credetemi non lo è. L’attacco di panico aumenta il battito cardiaco, produciamo più adrenalina, i nervi e i muscoli si tirano, il fiato diviene corto dandoci la percezione di svenimento dovuto alla mancanza di ossigeno al cervello. Direi che forse è il consiglio principale. Inoltre, se gli yogi praticano questo esercizio da più di 2500 anni forse un motivo ci sarà. Chiudiamo i nostri occhi, assumiamo una posizione comoda, inspiriamo con il naso lentamente fino a polmoni pieni e tratteniamo per tre secondi quell’aria. Espiriamo tramite la bocca fino a polmoni vuoti, manteniamo gli stessi sempre per tre secondi e poi ricominciamo da capo. Lentamente. Ci potrebbe essere anche una scelta, a priori, di un’immagine o una situazione da tenere come “pensiero felice alla Peter Pan” da rappresentarsi quando siamo in uno stato di panico. Per me è il giardino della mia vecchia casa in campagna, i grilli, il profumo di erba appena tagliata, il silenzio potente della natura.

Come si può aiutare una persona che ha un attacco di panico?
Immaginiamo chi ha un attacco di panico come una persona che non sa nuotare e si agita sempre di più cercando di stare a galla. Ovviamente finirà per affondare sempre di più. Noi siamo le persone sulla barca che desiderano aiutarla. Numero uno: non scendiamo in mare con lei. Sembra assurdo, ma la prima cosa da fare è non andare in panico anche noi. Ricordiamoci che di panico non si muore, se noi stiamo tranquilli già abbiamo fatto il 90% del lavoro. Numero due: lasciamo libera la persona di parlare. Non dobbiamo né possiamo risolvere noi il suo problema. In questo momento ha bisogno di qualcuno accanto, che semplicemente c’è. Ascoltate e con voce calma fate sentire la sua presenza. Numero tre: non sottovalutiamo né svalutiamo ciò che succede. Nessuno si diverte in un attacco di panico, inoltre ci si sente indifesi come dei cuccioli di zebra in un recinto di leoni. Immaginiamo cosa potrebbe causare il sentirsi anche ridicoli di fronte a persone accanto a noi.

Come si può gestire e come si può vincere la claustrofobia?
In primis partendo dal concetto che tutto si può affrontare. Lo so, starete pensando che sono un presuntuoso psicologo che con frasi fatte cerca di risolvere i problemi tout court. Aspettate però: per questo tipo di patologia è proprio il tema dell’"affrontare" a essere centrale. Sapere di potere affrontare ci aiuta a essere capaci, a essere in grado di muoverci ed essere liberi di essere noi stessi. Essere dei guerrieri non significa vincere tutte le battaglie, ma di scendere in campo sì. Ci sono diversi modi e strategie che possono essere utilizzate. C’è la via farmaceutica che lavora sulla ricaptazione della serotonina per abbassare la condizione di ansia. Ci sono le terapie cognitivo comportamentali, molto utili in questi casi, che aiutano ad affrontare il tema in più aspetti. Ci sono tecniche specifiche come l’esposizione graduale in cui la persona viene portata in sicurezza e gradualmente a contatto con le sue paure, così da conoscere di essere più forti di loro. Ci sono tecniche di immaginazione in cui si portano le persone a stati alterati e si insegna loro come gestirli. La scienza e le tecniche ci sono, ciò che è più importante: il desiderio di volere affrontare questa fobia. Tutto parte da una ridefinizione delle abitudini, dei comportamenti, delle visioni che noi abbiamo avuto sulla vita e su ciò che abbiamo vissuto. Non spaventiamoci, nulla di distruttivo, ma un grande cambiamento nella libertà di vita. Smettendo di evitare, ma mettendoci in gioco, passo dopo passo. Lo so, fa paura, lo provai anche io quando dovetti affrontare le mie tematiche, cambiare i miei comportamenti. Di fronte a ogni cambiamento, anche se positivo, la mente all’inizio genera resistenza. Ma se vi chiedessi: avete voglia di scoprire quanto in realtà voi siete potenti? Cosa mi direste?