Mai più censure. Il sentore è abbastanza chiaro, il femminismo spinto ha preso il volo. Le donne hanno bisogno di far sentire la propria voce in tutti i modi e i luoghi, da Manhattan a Los Angeles, dal lettino del chirurgo pagato per ridare vigore alla zona bikini (depilazione definitiva addio!) al tappetino di yoga.

Ciclo e sportpinterest
Getty Images

La cronaca più recente racconta la storia di una yoga-guru, tale Stephanie Góngora, che ha scelto di condividere con i suoi 250mila followers un video di lei mentre si allena in pieno periodo mestruale indossando un paio di pantaloni bianchi sporchi di sangue. Ma lo yoga non era lo sport snob per eccellenza da praticare nel modo più snob del pianeta? La didascalia del video Sono una donna, quindi, sanguino è diventato l’ennesimo manifesto femminista. Una protesta virale e un messaggio audace che invita le donne a non vergognarsi e a non nascondersi durante il loro momento emotivamente e fisicamente più fragile. Un video provocatorio, spiacevole e ipnotico allo stesso tempo, studiato a puntino per colpire dritto al cuore del problema: perché ci auto-censuriamo durante il ciclo? Non bastano crampi, emicrania e malumore? Non bastano tamponi nascosti nel palmo della mano e assorbenti accartocciati dentro alle tasche dei jeans per fare sì che nessuno se ne accorga?

Ma tornando al video di Stephanie, come era prevedibile aspettarsi, la pioggia di critiche si è scatenata fragorosa almeno quanto il coro di voci concordi. «Sapevo che una macchia di sangue rosso vivo su un paio di pantaloni bianchi sarebbe stata una dichiarazione di “guerra” verso una società che raramente si prende del tempo per leggere la realtà così com'è», ha commentato la Góngora. Provocazione eccessiva e un tantino sgradevole ma la domanda resta una e una sola: ce n'era davvero bisogno? O ancora: il ciclo è davvero l'ultimo tabù rimasto? Una cosa è certa: un macchia di sangue ha il potere di contaminare il mare dell’ipocrisia.