Bruciare di lavoro, consumarsi, non staccare mai e aggravare la situazione perché a sentirsi logorati, disinteressati a quello che si fa, vengono pure i sensi di inadeguatezza. E subentra la convinzione di essere meno resistenti e efficienti degli altri. La sindrome di burnout e uno dei mali più recenti della civiltà contemporanea che ha dimenticato la parola “noia”. C’è sempre qualcosa da fare, anzi da “dover fare”. Si è sempre connessi, il lavoro non finisce più quando si esce dall’ufficio, o qualsiasi sia l’ambiente di lavoro, sono finiti da un pezzo i tempi in cui “cadeva la penna”. Come racconta Katie Heanei su The Cut, “nella nostra cultura sempre più incentrata sulla carriera, che incoraggia la massima dedizione, che chiama i dipendenti "famiglia", che non fornisce più benefits, che offre vacanze illimitate ma si aspetta che i dipendenti non le prendano mai, il burnout è diventato un'epidemia”. Il problema è che spesso le aziende guardano malissimo il burnout, lo considerano davvero una forma di inadeguatezza, una debolezza. Ma tutto questo è finito.


La novità è che il burnout è stato (finalmente) riconosciuto dall'Organizzazione Mondiale della Sanità come condizione diagnosticabile e incluso nell'ICD-11, il famoso manuale di classificazione internazionale delle malattie e dei problemi a queste correlati. La sindrome di burnout, quindi, ora deve essere trattata con la stessa serietà di tutte le altre condizioni che riempiono il grande serbatoio collettivo della cattiva salute, e di cui fanno parte di volta in volta, o in modo cronico, le persone in tutto il mondo. Come si riconosce il vero burnout? Secondo la classificazione ufficiale, riportata dalla CNN, i sintomi principali che richiedono un accertamento medico sono: sensazione di esaurimento delle energie; distacco mentale dal proprio lavoro, pensieri negativi o di cinismo legati al proprio lavoro; ridotta efficienza professionale. Il riconoscimento è avvenuto perché la sindrome di burnout è ben lontana dall’essere un capriccio e può comportare conseguenza come l’insonnia, pressione alta, diabete, malattie cardiache, indurre all’abuso di alcol e di sostanze stupefacenti. Sempre secondo la CNN, prima di confermare la diagnosi e comunicarla al datore di lavoro, il medico dovrà verificare se il paziente soffre già di disturbi dell'adattamento, dell'ansia e dell'umore. La diagnosi è specificatamente limitata agli ambienti di lavoro, non ha a che fare con altre situazioni. Tutto questo forse non permetterà di trovare poi il lavoro dei sogni a chi non lo ha potuto ancora ottenere, ma aiuterà a vivere meglio quello a cui ci siamo dovuti adeguare. Poi, risolto un problema, si penserà al resto.