"Ci sono tante cose belle nello sport, ma la voglia di riscattarsi per me è la migliore. Quando la vita ti toglie qualcosa lo sport te ne dà 100 in cambio e tra queste il riscatto". Il 24 marzo 2012 alle 18, ora locale, 14,30 ora italiana, durante un attacco alla base italiana nel distretto del Gulistan, nella provincia di Farah in Afghanistan, il Caporal Maggiore Monica Contrafatto subisce gravi lesioni alla gamba destra che verrà poi amputata. Dopo l'accaduto alla sua nota determinazione si aggiungono una tenacia, una resistenza e una sicurezza che lei stessa non aveva creduto possibili. In convalescenza facendo zapping dal letto dell'ospedale militare resta ipnotizzata dalla diretta tv della finale dei 100 metri delle Paralimpiadi di Londra e assiste alla vittoria di Martina Caironi. Non ha dubbi: la corsa sarà il suo futuro. A dicembre 2012 riceve la sua prima protesi da cammino. Nel 2013 rientra a lavorare con ruolo d’onore e nel novembre 2013 riceve la sua prima protesi da corsa. Comincia ad allenarsi e dopo un infortunio al ginocchio e che la tiene ferma un anno, riprende gli allenamenti. Ad agosto 2016 vince la medaglia di bronzo paralimpica nei 100 metri piani categoria T42 ai Giochi Paralimpici di Rio de Janeiro e nel 2018 si aggiudica la medaglia d'oro nei 100 metri piani agli Invictus Games a Sydney. L'abbiamo contattata per conoscerla meglio e per sapere come si sta preparando alle Paralimpiadi di Tokyo.

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Cosa si prova a essere la prima donna soldato dell'Esercito Italiano decorata?
È un grande onore soprattutto perché molte volte viene sottovalutato il lavoro delle donne. Questo riconoscimento è come un riscatto per me e per tutte quelle donne che ogni mattina si svegliano si rimboccano le maniche e con fatica e dedizione mandano avanti la propria famiglia.

Il ricordo più bello che ti ha lasciato l'Afghanistan.
Il suo cielo stellato e i bambini che ti riempiono il cuore.

Come si svolge una tua giornata tipo?
Mi sveglio, colazione, porto il cane a fare una passeggiata, faccio fisioterapia, allenamento e poi casa. Niente di eccezionale, ma un’atleta non ha una gran vita sociale, poi ci si aggiunge la pandemia e quel “non ha una gran vita sociale” diventa "non ha vita sociale". È fondamentale preservare la propria salute per evitare lunghi stop e preservare la salute di chi mi sta vicino, il mio allenatore per esempio.

Cosa fai prima e dopo una gara?
Prima della gara ascolto musica che mi carica - ogni mia gara ha una colonna sonora - e mi isolo. Dopo ritorno a essere la persona sociale che sono, a sorridere e mi concedo uno sgarro alla dieta!

Il tuo modello in pista.
Marie-Josée Ta Lou, velocista della Costa d'Avorio, perché la conosco e per quanto sia tra le donne più forti al mondo è di un'umiltà assurda.

Un atleta deve sempre... Un atleta non deve mai...

Un atleta deve sempre dare il massimo anche nei giorni in cui non è in forma. Ciò che conta non è il risultato, ma sapere ammettere anche "Ho fatto schifo, ma non potevo fare meglio perché ho dato tutto". Non deve mai dire "Non ce la faccio", perché nulla è impossibile.

Cosa rappresentano per te le tue cicatrici?

Le mie cicatrici sono il passaggio di me dalla vita operativa nell'esercito alla vita agonistica, raccontano ciò che ero e quello che sono diventata, un tatuaggio indelebile che racconta la mia vita. Non ho mai voluto nasconderle, sono belle. Credo che le imperfezioni rendono perfetta una persona. Il corpo umano non è altro che un’impalcatura ciò che conta è quello che hai dentro, la bellezza è invisibile agli occhi.

Il libro più bello che hai letto?

Non sai quanto sei forte, ovviamente il mio (ride, ndr). La mia autobiografia raccontata con leggerezza, a tratti commovente, ma mai pesante, basti pensare che alla seconda riga menziono C’è posta per te.

La canzone che non ti stanca mai?
Premetto che io e il canto siamo due poli opposti, ma una canzone che canterò e che canto sempre a squarciagola è Amore di plastica di Carmen Consoli.

Come ti stai preparando per Tokyo?
Mi alleno quattro volte a settimana, tre volte in pista e una in palestra. Mi sto allenando parecchio per cercare di migliorare i miei difetti, sperando che si attenuino, o meglio spariscano, per fare una prestazione ottimale e avvicinarmi al gradino più alto del podio il più possibile.

Come ti immagini la città?
Per colpa del Covid saremo costretti a vivere in una bolla, quindi cerco di non immaginarmela per non rimanere delusa dal fatto che non potremo visitarla. Il mio focus è sulla gara. L'esperienza più bella che un agonista possa provare, il gradino più alto del podio.