Romantica e con uno strategico effetto cocoon. Questa poetica town house parigina è stata infatti ideata per essere il luogo d'incontro privilegiato tra una scultrice fiorentina e il marito, finanziere a Londra. Un rifugio per due «raffinato, elegante, eppure a tratti sorprendente», realizzato da Anne-Sophie Pailleret, che ha saputo tradurre alla perfezione il sogno di intimità della committenza nei centosettanta metri quadrati all'ultimo piano di un signorile edificio haussmanniano, nel sesto arrondissement.
Il primo, folgorante contatto della padrona di casa con l'interior designer francese – uscita dalla prestigiosa École Boulle e a lungo assistente di Jean-Louis Deniot – è avvenuto attraverso le pagine di una rivista. «Ho visto un progetto di Anne-Sophie e ne sono rimasta incantata; si trattava di una dimora armoniosa, impreziosita da oggetti e arredi dalla forte personalità. Ho capito subito che era la persona giusta per me», confida l'artista.
Dopo qualche riunione, le due donne hanno iniziato un lavoro a quattro mani, il cui risultato finale è una residenza capace di parlare il linguaggio di entrambe: avvolgente e confidenziale, accarezzata da una palette suadente nei toni del grigio e del rosa, in sinergia con i tetti in ardesia della Ville Lumière e la luce delicata che filtra dalle vetrate orientate a sud. Una tavolozza accesa dai guizzi d'oro su cornici, lumi, chandelier e tavolini. Come quello in salotto, dalle gambe a zampa d'uccello, firmato Meret Oppenheim, musa del Surrealismo, modella preferita di Man Ray e autrice di eccentrica visionarietà.
Negli ambienti ovattati, l'arte entra in punta di piedi con selezionatissimi pezzi contemporanei dal respiro classico, opera di due fuoriclasse: Robert Bodem e Sophie Cahu. I loro bronzetti – teste, torsi, figurine muliebri – si incrociano qua e là, posati su un fusto di colonna in salotto, su un ripiano della libreria nello studio o sulla credenza in mogano Luigi XVI, elemento forte della sala da pranzo.
Eredità di famiglia, quest'ultima, assieme al dining table e alle sedie della stessa epoca, in una piena uniformità di stile. «Ho tuttavia insistito per un intervento attualizzante, decidendo di modificare il top del tavolo. E ho chiesto alla decoratrice Florence Girette di dipingere su vetro un pattern che simulasse il marmo», spiega Pailleret. Un gesto velato di ironia teso a interrompere la composizione dal dichiarato Dna antiquario, una deviazione dall'ovvio capace di destare stupore, al pari della sospensione Malagola, di Catellani & Smith, con le sue scenografiche linee antropomorfe.
«Gli interni devono avere un'anima, che è sempre data da qualche componente capricciosa e inaspettata». Un'altra scelta anticonvenzionale è stata quella di non esibire quadri alle pareti, delegando a soluzioni décor un'accentuata qualità pittorica. Accade nell'area kitchen, dove il blocco cucina sfoggia inserti in nero opaco dalle candide striature, puntuale rimando al maestro del Gestualismo europeo Pierre Soulages. Allo stesso modo, ingresso e corridoio sono ornati dai carismatici grafismi bicolori delle wallpaper.
«Adoro le stampe black & white, protagoniste di autentici coup de théâtre, in particolare negli spazi di passaggio spesso sacrificati», rivela Anne-Sophie. I suoi riferimenti estetici, del resto, sono l'Art Déco, il design talvolta folle degli anni Settanta e Jean Royère, maestro francese amatissimo nel Dopoguerra dai sovrani del Medio Oriente per il suo stile audace e fiabesco. In ogni stanza sono stati preservati gli stucchi scultorei («Vista la mia professione, non avrei potuto rinunciarci», afferma la proprietaria), in una matericità che torna nei dettagli ispirati al mondo naturale: le maniglie in cristallo di rocca, la maschera in conchiglie di Thomas Boog e l'affascinante lampada Palazzo di Maison Charles, composta da foglie di ginkgo in bronzo.
Altre suggestioni tattili arrivano dai tessuti (su intere pareti, armadiature custom-made e sedute), in una dimensione felpata; femminili e ammiccanti alla moda, grande passione di Anne- Sophie, che conclude: «La ciniglia della panca in soggiorno, per esempio, è un tributo alle iconiche giacche Chanel. Mi piace l'idea che tutte le stoffe della casa si possano indossare, in una sensuale "vestibilità abitativa"».