Solo chi possiede una mente versatile è in grado di fare tesoro delle esperienze più eterogenee. E il designer di bijoux Lorenz Bäumer – nato a Washington, forte di un'infanzia privilegiata da globetrotter – serba dentro di sé le meraviglie dei luoghi in cui ha vissuto: Stati Uniti, Medio Oriente ed Europa. «Mio padre era un diplomatico di origini tedesche; ci spostavamo molto e sono cresciuto con la valigia sempre pronta!», racconta divertito. Dall'età di quindici anni risiede a Parigi: città romanticissima, che non cambierebbe con nessun'altra. Viaggia in continuazione per business o per diletto, in cerca delle migliori onde da surf («il mio sport preferito»), guardando ancora alla vita con la medesima curiosità di quando girava il mondo da bambino. È da questo imprinting nomade che nascono le lussuose collezioni di monili che l'hanno reso famoso (in passato è stato l'art director della linea di haute joaillerie firmata Louis Vuitton): anelli e orecchini tempestati di gemme, collane di diamanti, fino al coup de théâtre costituito dalla tiara esibita da Charlène Lynette Wittstock il giorno del matrimonio con il principe Alberto II di Monaco. «In realtà, utilizzo senza preclusioni pure materiali meno nobili, compresa la ceramica. Il valore reale di un oggetto sta nell'esclusività, non certo nel prezzo. Perciò le mie creazioni sono pezzi unici, o in edizione limitata, plasmate sulla sensibilità della donna destinata a indossarle», commenta.

L'approccio bespoke entra infatti in ogni spazio – fisico ed emotivo – della sua dimensione esistenziale: dallo showroom di Place Vendôme, di cui lui stesso ha ideato con cura sartoriale sia gli interior sia i mobili, a questo appartamento in un palazzo di fine Ottocento nel IX arrondissement, a un passo dall'Opéra Garnier. Qui vive con la moglie Géraldine Fouquières (partner di una società francese di real estate) e i tre figli Artus, Carl e Alma. A eccezione dei muri e di pochi elementi preesistenti, quali le boiserie e il pavimento in legno di pino nel foyer, il resto è frutto dell'intesa tra i coniugi. «Abbiamo trascorso intere giornate a fantasticare sull'ensemble. Amiamo entrambi i colori decisi, le linee pure e geometriche.Al contempo, non ci piacciono le formule preconfezionate e prive di anima. Ad appassionarci è l'individualità del singolo oggetto, il suo potere di apparire speciale quando entra in relazione con tutto quello che gli sta vicino». Da questo desiderio di unicità nascono ambienti densi di eclettica energia. Nel living, il design del Novecento più audace (ne è un esempio la lampada metallica di Yonel Lebovici, simile a una presa di corrente) dialoga con i sobri divani B&B Italia, mentre i vasi di brocantage sfilano accanto a opere d'arte di grande autorevolezza, acquistate alle aste. Nel gioco di affinità condotto da gioielliere e consorte, si stagliano poi le eccentriche sospensioni di Ingo Maurer, una libreria rotonda di Ron Arad e una scultura di luce a muro, dell'italiano Gianfranco Fini. Stili diversissimi, che trionfano in ricercati accostamenti, complice la palette neutra delle pareti, sui toni del bianco con delicate incursioni di grigio, ad addolcire ogni eccesso.

La residenza dal vivace sentimento compositivo è spesso affollata di ospiti: «Riceviamo tanti amici, soprattutto artisti e creativi; ci trasmettono una straordinaria joie de vivre. È proprio dalle serate passate a conversare sorseggiando whisky (altra mia grande passione) che arrivano le idee più luminose; come quando Vik Muniz – un vero genio, del quale sono orgoglioso di possedere una serie di capolavori – decise di farmi un ritratto in polvere d'oro, omaggio alla mia professione. Christopher Bucklow, invece, mi ha dedicato un quadro di pietre sfavillante come un diadema», rievoca compiaciuto Bäumer. La sua tensione all'innovazione si riflette nell'abilità di fare convergere esperienza e gusto impeccabile, si tratti di una parure o di una stanza. Così, all'ingresso un tappeto a forma di catena (griffato Adrien Rovero) sembra indicare il percorso da seguire, le fotografie black & white di Anna e Bernhard Blume esibite in cucina non sfigurerebbero in un museo, mentre gli arredi vintage, che altrove potrebbero risultare fané, qui si stemperano nella messa in scena d'insieme. Ovunque impera un senso di armoniosa, incessante ricerca estetica, con un tocco di scanzonata ironia. Perché, conclude Lorenz citando Stendhal: «La bellezza è una promessa di felicità».