Un progetto che sembra mettere in pratica la celebre lezione dell'archistar americana Richard Meier: «In rapporto a una superficie bianca, meglio si apprezza il gioco della luce e delle ombre, dei pieni e dei vuoti». Perché è appunto il "non colore" a donare una composta eleganza a questo appartamento, al quarto piano di un esclusivo palazzo parigino di sapore haussmanniano, pied-à-terre di una facoltosa coppia mediorientale. Siamo nell'VIII arrondissement, sulla Rive droite, a pochi passi dagli Champs-Élysées. Vicini di casa i più rinomati indirizzi dell'hôtellerie a cinque stelle e le grandi griffe del lusso; intorno si dipana la quintessenza della Ville Lumière: i boulevard immensi, gli edifici dalle facciate in pietra, i tetti d'ardesia mansardati e gli splendidi balconi ricamati in ferro battuto.
Protagonista, qui, è una filosofia dell'abitare luminosa e ricercata, che affida il tratto distintivo ad accessori tailor-made, a texture morbide e ai toni caldi e avvolgenti del deserto, dalla nuance sabbia al camel beige, in armonioso mélange con il candore dominante. La ristrutturazione dei trecentoquaranta metri quadrati, precedentemente occupati dagli uffici labirintici e claustrofobici di un'agenzia di produzione cinematografica, è stata affidata al designer d'interni francese Damien Langlois-Meurinne.
Apprezzato in patria e all'estero, il creativo ha firmato interventi residenziali tra Saint-Tropez e la Polinesia, ideato spazi retail a Manhattan e sontuose spa in Cina, oltre ad avere disegnato linee d'arredo per noti brand quali Zimmer + Rohde, Pouenat e il londinese Sé. Dopo un inizio nello studio di Christian Liaigre, accanto al quale ha familiarizzato con il rigore delle proporzioni e l'abbinamento di materiali nobili, ha avviato una gloriosa carriera in proprio. La sua personale cifra si riflette in spazi dove ordine e leggerezza duettano in una virtuosa alternanza e orme sinuose convivono con marcate geometrie. Tra gli estimatori, annovera la collega arredatrice Muriel Brandolini e lo stilista Alber Elbaz, ex direttore creativo di Lanvin. «La mia fonte di ispirazione è da sempre la natura, forza primigenia e misteriosa. Da bambino ero soggiogato dalla vista della volta celeste pulsante di stelle, nelle magiche notti d'estate», confida. Da tali memorie infantili, eppure ancora vivide, è nato uno dei suoi pezzi iconici: il lampadario Last Night Branche, bestseller dell'azienda francese Pouenat, che dialoga con il tavolo in sala da pranzo.
Suggestioni analoghe si ritrovano nel pattern pointillé – simile a petali galleggianti sulle acque di un torrente – del tappeto White Rain in seta e canapa o nelle pannellature del bagno padronale, il cui legno dalla venatura pronunciata evoca l'atmosfera ovattata di una fitta nevicata. «Considero fondamentali i dettagli: tocchi di poesia in grado di rendere seducenti gli aspetti funzionali», riprende Damien. Ogni locale, intimo o di rappresentanza che sia, si trasforma dunque in un'oasi di benessere, sussurrato invito alla lettura e al piacevole ascolto di ottima musica. Ovunque, nella medesima ottica, l'arte viene esibita in maniera anticonvenzionale; accade per esempio con il dipinto circolare di Desirée Engelen, posizionato sopra la vasca da bagno. Langlois-Meurinne ha rivoluzionato il layout generale, definendo una netta separazione tra l'area giorno (living doppio, cucina, dining room e studio) e la zona notte (quattro camere con i rispettivi servizi), collegate da un lungo corridoio di diciotto metri. L'infilata di stanze gode di una perfetta prospettiva centrale, con l'ingresso a segnare il punto di snodo tra i due ambiti.
La scenografica entrata diventa l'eloquente biglietto di visita della dimora, accarezzata in ciascun angolo da un talento fuori dal comune. Il motivo a raggiera corre dal pavimento al soffitto ornato da una cupola in gesso, elemento reso quasi sacrale dal lampadario in ottone (di Arteriors): astro scintillante che onora un tavolo del portoghese José Leite de Castro, impreziosito dalle ceramiche di Jonathan Adler. «Trattandosi di un luogo di passaggio, mi ha concesso una maggiore libertà», ammette il decoratore, che ha arricchito ulteriormente il vestibolo con sculture in bronzo di François Stahly, accanto a opere di Marc Cavell e Pierre Bonnefille. La committenza aveva infatti richiesto di comporre una collezione ad hoc e Langlois-Meurinne, avvalendosi della collaborazione della casa d'aste parigina Aster Art, ha privilegiato dipinti astratti e tele intriganti, ma mai invadenti.
Li ha poi sintonizzati sugli opulenti chandelier, sui tessuti delicati e sulle specchiere, che a loro volta innescano lirici riverberi con l'ottone delle maniglie e di certi minuti particolari; comprese le cornici gioiello delle ampie porte, che paiono aprirsi su scenari metafisici. «Ho scelto finiture brillanti per conferire un mood solare e la percezione di una dimensione felice», conclude Damien. È il suo tributo affettuoso ai proprietari, legati sentimentalmente al Mediterraneo e alla sua luce speciale: approdati in terra straniera, senza tuttavia mai rinnegare le origini.