Nella foto in alto, vocazione bespoke nel soggiorno, con il divano, il tavolo da pranzo e il tappeto, tutto di Kelly Behun Studio. A destra, cocktail table Stefan, di Studio Van den Akker; sullo sfondo, a sinistra, poltrone Anni 50 in tessuti Osborne & Little, e tavolini di R&Y Augousti; lampada da terra Zorzi, design Vincent Collin.

Dai sogni nascono i capolavori. Per Rafael Viñoly, archistar uruguaiano naturalizzato americano, il desiderio di esplorare forme innovative e sfide costruttive al limite della gravità terrestre ha portato nel 2015 alla realizzazione del più elevato grattacielo dell'emisfero occidentale. È il 432 Park Avenue: novantasei livelli per quattrocentoventisei metri di iconica verticalità, ovvero un totem high-tech tra la 56th e la 57th Street, a Manhattan. L'edificio minimalista e grandioso accoglie nella rigida griglia geometrica di calcestruzzo un ventre materno di aree comuni, dal cinema alla piscina, dal ristorante dello chef stellato Shaun Hergatt alla Spa, oltre a essere la sede di residenze superlusso. Come questa show house di quasi quattrocento metri quadrati, che l'interior decorator Kelly Behun ha elegantemente "vestito" per gli ipotetici acquirenti, in contrasto con il suo usuale approccio sartoriale attento alle esigenze dei committenti. «Non sono mai stata interessata ai model apartment, anonimi e con un'atmosfera da luogo di rappresentanza, ma il building di Viñoly è un esempio superbo d'ingegneria». Infatti, concede alle abitazioni un'altezza imponente prendendo esempio dalle sue "torri del vento"; in pratica, ogni dodici piani ce ne sono due vuoti e aperti, per consentire all'aria di passare impedendo alla costruzione di oscillare in caso di folate improvvise. L'immaginazione s'inchina davanti alla vista stupefacente di ogni stanza, con le immense finestre che inquadrano l'Empire State Building, il Chrysler, la Freedom Tower, Central Park e, in lontananza, la Statua della Libertà. «Sembra che la città entri in casa, inondandola di chiarori ed emozionanti riflessi. La sensazione è di essere davvero a un passo dal cielo ed è stato istintivo prevedere, alla base delle vetrate, morbide sedute su misura, dalle quali godersi lo spettacolo», spiega Kelly, nativa di Pittsburgh (ma da sempre innamorata di New York), che prima di mettersi in proprio è cresciuta alla scuola di Ian Schrager, accanto a celebrità del calibro di Andrée Putman e Philippe Starck. Il panorama, protagonista assoluto, è stato messo in relazione amorevole con gli interni, ai quali la decoratrice ha impresso un nitido carattere femminile: quasi a volere addolcire lo skyline estremo e bilanciare l'esuberanza della megalopoli. Pareti e arredi – alcuni firmati Kelly Behun Studio, altri scelti nei più importanti showroom del pianeta attraverso 1stdibs – sono stati concepiti nei morbidi toni cipria; i tappeti poudre imitano l'ipnotizzante foschia dei cieli urbani.

Una gamma di grigi e rosa, in empatia cromatica con l'esterno, ambasciatrice di una dolce sensualità

Sofà e poltroncine esibiscono silhouette sinuose, mentre sui muri sfilano le opere selezionate da Kelly in collaborazione con il team di Artsy (piattaforma online dedicata ai collezionisti). «Amo guardare le case con gli occhi di una gallerista. Qui ho scelto solo lavori di artiste donne esposti nelle gallerie newyorkesi, in grado di dialogare coerentemente con la dominanza di rivestimenti pastello, accostati ai grigi e ai beige». Fra gli artwork, nel salottino vintage spicca Gilded Gesture, carismatico trittico dal sapore Déco; nell'intenzione dell'autrice, Yolande Milan Batteau, «evoca una dimensione meditativa, simulando le venature dorate tra le rocce». Per la ricerca delle luci, Behun – che il prossimo anno lancerà una sua collezione a tema – si è invece orientata verso un design più deciso: note di contemporaneità perfettamente inserite negli ambienti di classica raffinatezza. Nel carnet delle passioni di Kelly, del resto, convivono stili da epoche e Paesi diversi: Casa Batlló di Gaudí a Barcellona («estrema e sensuale, senza compromessi», ammette) e il monolitico taglio del National Museum of African American History and Culture a Washington (la sua architettura preferita). «Tutte queste suggestioni catturate nei luoghi visitati diventano altrettante ispirazioni potenti per i miei progetti», conclude. Ecco allora arrivare, dopo la neutralità ovattata e pacificante del living, camere per gli ospiti dalle nuance blu intenso e una scenografica restroom in marmo con vasca centrale, ugualmente affacciata sulla grandeur cittadina. Mentre si indugia in un bagno caldo e profumato, Manhattan scorre come un film proiettato su maxischermo. Poi, al tramonto ci si sposta nella suite padronale, che regala una doppia visione: da un lato il sole scompare lento nell'Hudson, dall'altro i riflessi aurei fanno scintillare i pinnacoli dei palazzi. Così vicini da poterli quasi toccare.