La cornice è quella di una New York da sophisticated comedy, ambientata nei pressi di uno dei più celebri parchi privati di Manhattan: Gramercy Park, all'estremità meridionale di Lexington Avenue. «Un gentleman vittoriano che si è rifiutato di morire», lo ha definito la scrittrice e giornalista Charlotte Devree su The New York Times; poco meno di un ettaro di verde a uso esclusivo dei residenti, che − come in un club − versano una quota d'ammissione per godere di tutto il suo incanto. All'ombra di quegli alberi hanno passeggiato John Steinbeck, Karl Lagerfeld e Julia Roberts; un privilegio ora concesso anche a Kenneth Alpert, titolare della KA Design, studio di interior fondato assieme ad Andrew Petronio. Perché proprio in questa zona il professionista ha progettato per sé una dimora ricavata dalla trasformazione di un vecchio edificio, in origine il quartier generale della United Federation of Teachers.
L'appartamento − di forte personalità e ampi volumi: oltre cinquecentosettanta metri quadrati di superficie e soffitti alti quasi quattro − vanta una palette declinata nei toni del grigio, colore metropolitano per eccellenza; maschile e riflessivo, accarezza pareti, kitchen corner a vista e la quasi totalità dei complementi, dalle sedute ai tappeti, fino a certi artwork (Man with Briefcase, di Jonathan Borofsky). «La mia passione viscerale è collezionare arte contemporanea. Ho scelto un palcoscenico neutro per consentire a ogni singolo pezzo di risplendere», afferma Alpert. Su uno sfondo deliberatamente uniforme, dipinti e sculture innescano così autentici coup de théâtre, esplosioni di luce, cromie e movimento dall'accattivante effetto decorativo. Esemplare è l'applicazione a una vetrata del salone di Ragazza con l'orecchino di perla, omaggio a Jan Vermeer da parte di Valery Koshlyakov. L'autore, figura tra le più interessanti della scena russa di oggi, insegue l'utopia della bellezza attraverso simboli universali e l'utilizzo di materiali poveri o di scarto; nella fattispecie, nastro da imballaggio che, baciato dal sole, acquista una sua insospettabile nobiltà.
Di potente impatto visivo risulta analogamente il trittico di specchi dal rosso all'arancione Miroir A, dell'archistar Jean Nouvel, collocato nell'area dining al di sopra della consolle; cattura porzioni di mondo esterno dalle alte finestre, lasciando irrompere in casa spicchi di paesaggio urbano e, a seconda delle ore, rimanda anche immagini d'intimità quotidiana restituendole trasfigurate. Accanto campeggia The Bride (injection), opera fotorealistica di Bradley Hart nella tecnica che l'ha reso famoso: iniezioni di pigmento in un semplice pluriball da imballo.
Con il piglio del profondo conoscitore, Alpert ha disseminato la raccolta personale in ogni angolo dell'abitazione, da lui progettata nella zona giorno come uno scenografico open space, al quale proprio i capolavori donano ritmo e carisma. Ecco un ottone di Roy Lichtenstein sulla parete della cucina, mentre sul banco campeggia un marmo candido di Helaine Blumenfeld, l'allieva prediletta del russo naturalizzato francese Ossip Zadkine. Uno degli iconici cani di Jeff Koons orna il tavolo all'ingresso, in dialogo con una miniscultura di Arman, gigante del Nouveau Réalisme e maestro della "distruzione creativa". Un pezzo di Rob Wynne si pavoneggia sopra la vasca, mentre nel secondo bagno, riservato agli ospiti, spuntano le mani della serie Hands, di Daniel Arsham. Ulteriori, rinomate mani compaiono nella camera padronale: una – sul tavolino Ralph Lauren Home usato alla stregua di un comodino – porta la firma di Auguste Rodin (genio che, con libertà e audacia, cercò incessantemente la verità celata nel corpo umano); altre ancora sono protagoniste, in primissimo piano, del quadro Stones Against Diamonds, di Isaac Julien.
Il design entra in scena con passo felpato, in un ensemble di elementi raffinati dalle morbide forme, tra drink table con il piano in cristallo Swarovski, di Gary Hutton, sofà Michael Berman e poltroncine Christian Liaigre. Qua e là piccole, squisite curiosità – in particolare lampade e tavolini – scovate ai mercati delle pulci parigini. Luoghi che Kenneth adora («Sono i miei luna park», ironizza), elettrizzanti scrigni di preziose trouvailles.