Nella fotografia in alto, la sala con sedute disegnate da Fabrice Juan: il divano è rivestito in tessuto Carson, la poltrona in Tweed, entrambi di Nobilis; tavolo centrale bespoke; side table Promises, di Wendell Castle, da Carpenters Workshop Gallery, come la consolle qui sotto, DC1713, di Vincenzo de Cotiis. A parete, Lumière, opere gemelle, Hitomi Uchikura.
Ricorre in ogni locale una sapiente alternanza di forme tondeggianti e squadrate: studiato contrasto, fonte di dinamismo
Viali alberati, il lungofiume, i landmark del paesaggio parigino che svettano sull'intersecarsi dei tetti. Il XVI arrondissement è uno dei luoghi più affascinanti dell'intero pianeta, nonché il quartiere privilegiato della ricca borghesia cosmopolita. Qui, a pochi passi dal Musée Guimet, sorge anche questo pied-à-terre haussamanniano: trecentottanta metri quadrati disposti su due livelli, di proprietà di un facoltoso uomo d'affari delle Filippine con famiglia. La ristrutturazione è stata affidata a Fabrice Juan, allievo del guru dell'interior designer Jean-Louis Deniot.
«Nonostante i due precedenti restyling, eseguiti negli anni Ottanta e Novanta, le potenzialità della residenza non erano state sfruttate al meglio e la rendevano un luogo senz'anima», confida Fabrice. Il suo intervento ha puntato ad aprire gli spazi, eliminando molte pareti divisorie per lasciare scorrere la luce naturale. La zona living è diventata il cuore pulsante della casa, in un libero fluire di sala da pranzo, salone centrale e home cinema, decorati con pezzi di design da tutto il mondo: dal vintage italiano di Vincenzo De Cotiis ai lampadari di Kelly Wearstler. Il professionista stesso ha firmato alcuni interventi architettonici (il camino in ceramica), oltre a una sofisticata serie di arredi, in una composizione che alterna garbatamente sinuosità e nette linee ortogonali.
E non poteva mancare un tributo concettuale agli anni Settanta (epoca di grande fervore, particolarmente amata da Fabrice), costituito dalle sue poltrone gemelle ispirate a un celebre modello di Pierre Cardin.
«Ho affidato la produzione dei mobili custom-made solo ad aziende francesi. Pur essendo per metà italiano, da parte di madre, sostengo l'inimitabile savoir-faire del mio Paese», dichiara con orgoglio. E per le finiture di porte e soffitti ha coinvolto gli artigiani che hanno collaborato alla realizzazione della chiesa ortodossa visibile dall'appartamento, la Cathédrale de la Sainte-Trinité. In questa atmosfera di confortevole eleganza, il rovere laccato dialoga con velluti e lane bouclé, il parquet accoglie soffici tappeti e l'ottone di certi dettagli si specchia sui pavimenti in marmo, materiale che ritorna sulle lampade e sui tavoli ornati da una raccolta di porcellane. I quadri della collezione privata sono disseminati lungo gli ambienti, con una predilezione per l'astrattismo di autori della scena internazionale (Asia compresa), mentre intriganti geometrie si sintonizzano sul décor diventandone coprotagoniste, come nel caso dei pannelli in carta lavorata a sbalzo del giapponese Hitomi Uchikura. In una sequenza studiatissima, degna di una galleria d'arte.