Nella foto di apertura: divano su misura in velluto, di Ivano Redaelli; poltrone da flea market e coffee table "sartoriale"; luci Heavy Metal, Buster + Punch. Sullo sfondo, Strato-Project, di Lukas Rapold; a sinistra, piatto a muro, Pablo Picasso,
e, appoggiato, UN.limited 198003, Ilaria Franza; l'artwork in primo piano
è di Stefano D'Amico.
Prospettive a cannocchiale e superfici traslucide riflettono gli ambienti, moltiplicandoli come in un gioco di specchi. È uno scrigno prezioso l'appartamento milanese di Marijana Radovic e Marco Bonelli, moglie e marito titolari dello studio di architettura m2atelier; in portfolio una facoltosa clientela internazionale, oltre a collaborazioni in ambito residenziale, nautico e del retail con nomi del calibro di Dolce & Gabbana e Furla. La dimora della coppia – al primo livello di un palazzo risalente agli inizi del Novecento, tra Corso Sempione e l'Arco della Pace – riflette la cifra stilistica del loro brand: materiali pregiati, arredi bespoke di gusto contemporaneo accostati a pezzi classici e raffinate soluzioni funzionali. Un mix che conferisce agli interiors una confortevole eleganza e un'intimità familiare imprescindibile per i coniugi, genitori di due bambini.
Al medesimo civico si trovano pure gli uffici di m2atelier, estesi sull'intero pianterreno dello stabile, un'ex fabbrica di pentole. «Abitazione e spazio lavorativo sono doverosamente attigui, per controbilanciare il nostro continuo viaggiare», spiega Marco, il quale dopo una decina di anni trascorsi a New York è rientrato in Italia nel Duemila. La casa – che gode di un ingresso riservato realizzato ad hoc, in modo da evitare il passaggio dal vano condominiale – è il risultato di ampliamenti successivi, nonché dell'accorpamento di due unità.
Il layout preesistente era caratterizzato dalla tipica "distribuzione a pettine", in cui i locali si aprono sul corridoio. Oggi, una sala di sessanta metri quadrati affacciata sulla terrazza sfoggia un'ingegnosa decorazione dominata da trovate graffianti: una maxiopera tridimensionale dell'artista svizzero Lukas Rapold, una scenografica parete a listelli in legno e ottone, un grande divano progettato dagli stessi designer, un ricercato tavolo circolare custom-made nella zona pranzo. «Per annullare l'imperante mood piccolo borghese, abbiamo deciso di imprimere una forte personalità materica alle stanze; poi ci siamo dedicati alla pianta originaria, eliminando i tramezzi, livellando i soffitti e sostituendo le porte con soluzioni scorrevoli a tutta altezza».
Privato anche di stucchi e infissi, l'involucro può contare ora su una fluida linearità. Nei passaggi più stretti sono state ricavate armadiature in vetro retrolaccato, che hanno pure il compito di celare gli elementi strutturali. «Le molte possibilità di storage ci consentono di rendere visibile solo ciò che ci piace: le sculture di Stefano D'Amico, una sedia di Gio Ponti, le opere di Fausto Melotti e Vanessa Beecroft», puntualizza Marijana. Ad ammorbidire il nitore formale interviene una palette avvolgente, che spazia dal cipria al marron glacé e abbraccia svariate nuance di beige, evocando negli interni l'atmosfera dei vecchi cortili milanesi. Tributo al fascino unico di questa città: cosmopolita, ma ovunque pervasa di dolci reminiscenze
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