Nella fotografia di apertura, la hall d’ingresso ornata da due consolle bespoke; applique Turner, Jonathan Adler, e lampadari Pinders, di Currey & Company; l’opera è The Queen Bubble Gum, Michael Moebius.
Mae West, Nat King Cole, Antonio Banderas e Melanie Griffith hanno tutti abitato qui, a Hancock Park: quartiere elitario di Los Angeles dove sorge anche questa dimora Old Hollywood che vanta una storia da film. A volerla, nel 1923, fu infatti Amadeo Peter Giannini, cofondatore della Bank of America; in omaggio alle proprie radici (i genitori erano originari di Favale di Malvaro, nell'entroterra ligure), il finanziere scelse uno stile d'impronta italiana. Sorse così una residenza sontuosa, che però nel tempo perse il suo fascino a causa di una serie di maldestri restauri. Fino all'attuale riscatto, in virtù di un intervento visionario: il sollevamento tramite gru della facciata principale – impreziosita da un portale neorinascimentale in pietra lavorata – e della dépendance, per una rotazione strutturale di centottanta gradi. «In sostanza, abbiamo girato l'intero complesso per ottimizzare gli spazi e le potenzialità del lotto», spiega l'archistar californiana William Hefner, artefice del progetto concordato con l'attuale proprietaria, innamorata dal primo istante della location densa di memoria.
Il poderoso aggiornamento non ha tradito lo spirito anni Venti di casa Giannini, che oggi sfoggia una squisita eleganza di reminiscenza Art Déco. Ne sono esempio la simmetria della pianta, la scenografica leggerezza della scala a doppia rampa, il gioco optical dei pavimenti a scacchiera black & white e la trama grafica del marmo Striato Olimpico nel bagno padronale. Le porte in rovere ebanizzato creano un contrasto deciso con la pulizia degli ambienti dominati da uno sfondo neutro, acceso da studiate incursioni cromatiche: verde mela per il set di dining chairs in velluto, malva per la coppia di consolle in lacca nell'ingresso, mentre un romantico rosa antico avvolge la panchetta in lino della hall. I pezzi sono stati realizzati per la quasi totalità su disegno dello stesso Studio Hefner, in funzione di una tensione dialettica con le rigorose geometrie del "guscio": ammorbidiscono il contesto, al pari di archi, modanature e soffitti a volta.
La master bedroom, privatissimo tempio della distensione, trasuda femminilità. Il letto è ospitato in una nicchia e l'ottomana color lilla, accostata a una chaise-longue dal rivestimento effetto legno, guarda all'esterno. Da lì l'occhio vola verso la piscina, una vasca rettangolare «richiamo al periodo glamorous del divismo», sottolinea Hefner; il patio in teak allude invece al ponte di un lussuoso yacht. La vegetazione – snelle teorie di filari – è arrivata direttamente da Palm Springs e l'insieme botanico conferisce un'atmosfera esotica ai salotti outdoor. Sembra di trovarsi in un resort tropicale, cullati dalla bellezza e dalla promessa mantenuta di una sconfinata vacanza dello spirito.