Vivere in un trullo
A casa di Barbara Frua, cullati dalla magia della natura e dai profumi del mare.
Uliveti a perdita d’occhio, borghi disegnati, muretti a secco, aria di mare. «Mi sono lasciata trasportare dall’atmosfera del luogo, dalla storia che mi suggeriva questo posto magico. Non volevo stravolgere la sua natura». Così, con un intervento rispettoso delle architetture e del paesaggio locali, l’interior designer milanese Barbara Frua ha trasformato un vecchio trullo non lontano da Ostuni, nel castello di pietra che un gentiluomo milanese ha eletto a sua seconda dimora. Un nido per pensare e per sognare, cullati da una brezza profumata e da un clima sempre dolce. L’abitazione, una gemma architettonica incastonata in un paesaggio da cartolina, si lascia scoprire a sorpresa tra le vibranti onde d’argento dei possenti ulivi secolari che caratterizzano quest’angolo di Puglia, là dove i trulli, con i loro tetti conici e le loro origini misteriose, raccontano storie vecchie di millenni.
Riportarla in vita è stata una piacevole sfida per Barbara Frua. «Avevo davanti una costruzione povera, con spessi muri, archi e volte in perfetta armonia. Un nucleo di cinque trulli concatenati che accolgono camere, cucina, sala da pranzo e bagno, con annessa una lamia con due camere per gli ospiti e un secondo servizio aggiunti dopo. Tutto ciò non andava toccato. Ecco che l’imperativo, durante il restauro, è stato procedere con la massima delicatezza, quasi un po’ sottotono, per valorizzare al massimo l’esistente. L’essenzialità è insita nella natura stessa del trullo, così ho lavorato all’insegna della semplicità», racconta Barbara. «Gli interni, con tipiche pareti in pietra a vista, ricche di nicchie, sono stati rispettati il più possibile. Alcuni muri, come in cucina e in bagno, sono stati intonacati a calce per praticità e facilità di pulizia. Le finestre, piccolissime per proteggersi dal caldo e dal freddo, non le ho toccate affatto, lasciando così ai raggi del sole la possibilità di creare interessanti giochi di luce. I pavimenti, prima in terra battuta, li ho realizzati con un’amalgama di cemento pigmentato che richiama la terra delle campagne intorno. Poi, per una casa senza troppi orpelli, facile da aprire e chiudere quando si arriva e si parte, ho inserito il minor numero di mobili possibile, sfruttando al massimo le nicchie delle pareti. Così, per i letti ho costruito strutture in muratura su cui appoggiare i materassi, così come per i comodini, concepiti come semplici ripiani di cemento. In armonia con i cromatismi e lo stile della costruzione, ho voluto evitare la pomposità di tessuti elaborati per le tende, preferendo invece sete, lini e cotoni a lavorazione grezza.
All’esterno, ho aggiunto un ampio living con il pavimento in cemento beige come la pietra locale, in sintonia con il paesaggio del Salento, e una pergola per i pranzi all’aria aperta, anch’essa integrata nel verde grazie a una copertura in finto fogliame, a uso militare, che il padrone di casa ha visto utilizzare per la prima volta durante una vacanza a Mykonos. Poco distante ho ambientato la piscina, appartata tra gli ulivi, come un’isola relax che non disturba la quiete di casa. La sua struttura è volutamente essenziale, un rettangolo allungato in cemento color pietra che assomiglia a una vasca di raccolta d’acqua o a un abbeveratoio». L’ambiente, fuori e dentro casa, è intenso e minimale allo stesso tempo, in perfetta armonia con lo spirito del proprietario. All’arrivo, sembra di approdare a un’oasi lontano dal mondo, un rifugio per vacanze e interminabili weekend in libertà.
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