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Una casa a Montevideo, all'insegna dell'eclettismo

L’energia speciale del Sudamerica irrompe in una residenza di ironico gusto massimalista, mitigato dal design europeo

Di Beba Marsano
Juan Carlos Areosopinterest
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La casa come rappresentazione del sé più autentico e creativo. È esattamente così per Juan Carlos Areoso, artista uruguaiano di successo: interior e light designer, scultore e pittore, che ha concepito la dimora di Montevideo a propria immagine e somiglianza, ovvero eclettica, cosmopolita, autocelebrativa. L'appartamento è ubicato in un elegante edificio anni Cinquanta, dall'affaccio impareggiabile sul porto e sull'incantevole baia di questa capitale nel lembo estremo meridionale del continente americano. Panorama meraviglioso incorniciato da vetrate a tutta altezza, che lascia irrompere una luce piena, dionisiaca, stigma dei volumi d'ampio respiro interamente ripensati in chiave contemporanea dallo stesso Areoso, per il puro piacere di ospitare. «Del resto, che cos'è la vita se non la possibilità di realizzare idee e desideri?». Un'attitudine di puro edonismo, la sua.

Spazio social per eccellenza è la vasta area living, dove uno specchio in sostituzione della parete di fondo – quasi una citazione del tema del doppio tanto caro a Borges – ne moltiplica la profondità e gli accessori. Coinvolte nell'illusione teatrale sfilano le icone del pensiero progettuale: la dormeuse Barcelona in pelle nera capitonné, di Mies van der Rohe, accostata alla chaise-longue LC4 di Le Corbusier e a un trasgressivo sofà in pelle pezzata, ideato dallo stesso Juan Carlos Areoso. Il creativo firma inoltre un grande coffee table in cristallo fumé, ingombro di bronzetti e libri di lifestyle, nonché una monumentale scultura trasparente, in cristallo e acciaio, ispirata alle orbite planetarie e alle fasi lunari. L'intero ambiente risulta rutilante, di straordinario carattere, eppure tenuto in funambolico equilibrio. La solare ironia – tonificata da un piglio ardito – si esprime in accostamenti di moderno e d'antan, epoche e stili diversi.

Rarità orientali, lampade Tiffany, consolle ispirazione Impero, copie di busti romani solennemente issati su colonnine in legno rastremato, antiquariato, oggettistica ecclesiastica, velluti e tappeti vermiglio, per un cocktail avvincente. Il medesimo gioco prosegue nella sala da pranzo (collegata a una cucina superaccessoriata), dove sedie Luigi XV si alternano alle Tulip di Eero Saarinen, intorno al tavolo rotondo di Norman Foster. In anticamera, invece, è una coppia di antichi candelieri liturgici a dialogare con un comò bombé; in ricercato contrasto, l'acrilico d'astrazione geometrica di Miguel Ángel Guerra. Si tratta di una delle pochissime opere d'arte non riconducibili ad Areoso: le sue policrome tecniche miste su tela, nel solco della ricerca postinformale, vestono infatti ogni angolo dell'abitazione. Stanza da letto padronale compresa, contornata da superfici nelle tonalità di un profondo grigio fumo, che attenuano – per sonni felpati e rasserenanti – l'impatto dell'impetuosa luce del Sud. Nella zona privata si stagliano anche un fastoso bagno a mosaico e un guardaroba da primadonna, rivelatore della natura dandy del padrone di casa.

Strategico il concept dell'illuminazione. L'intensa luminosità proveniente dall'esterno, attraverso le immense finestre e le terrazze piantumate, ha orientato la scelta su un sistema con pochi punti a terra; a questi si aggiungono sontuosi lampadari d'epoca (vedi l'esemplare inglese di fine Ottocento nel soggiorno e quello a dodici bracci nella dining room), ai quali è affidato un ruolo più decorativo che funzionale, al pari di specchiere e dettagli dorati. «Ho lavorato con particolare cura sul contrappunto chiaro/scuro e luce/ombra. Quindi sulle singole scelte d'arredo, all'insegna di differenti tecniche e linguaggi, per definire un'atmosfera domestica omogenea, rilassata e avvolgente, ma pure vibrante di uno spiccato dinamismo internazionale, al passo con il mio tempo», conclude Areoso.

Se le presenze classicheggianti donano un'allure da vecchia Europa, preziose tele a soggetto religioso – in primis una magnetica Crocifissione – avvalorano il gusto sudamericano per la contaminazione tra sacro e profano. Così come squisitamente latinoamericana è la propensione a un certo divertito accumulo di oggetti. Un segno inconfondibile, che caratterizza varie dimore di personaggi illustri (per esempio, la Casa Azul di Frida Kahlo nel Barrio Magico di Coyoacán, a Città del Messico). Sono luoghi capaci di emanare un'energia speciale, calda e vagamente speziata. Con tutto il fascino della distanza da certe tendenze minimal e razionaliste tanto in voga nel mondo occidentale.

Juan Carlos Areoso
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Eclettismi

Nell'area living, in primo piano, la dormeuse Barcelona, di Mies van der Rohe, Knoll; sofà in pelle pezzata, di Juan Carlos Areoso, come il coffee table in cristallo fumé, al centro; dall'altro lato, divano Impero. Sul tavolino antico, qui sotto, lampada Tiffany; sulle colonne, copie in bronzo di busti romani.

Juan Carlos Areoso
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Tavolo Nomos, Norman Foster, Tecno; sedute gemelle Luigi XV; sedie Tulip, di Eero Saarinen, Knoll; chandelier XVIII secolo.

Juan Carlos Areoso
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Specchiera del Settecento, da un'asta a Montevideo.

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Juan Carlos Areoso
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La consolle stile Impero dialoga con il pouf capitonné e il quadro di Juan Carlos Areoso.

Juan Carlos Areoso
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Dormeuse Barcelona, Mies van der Rohe, Knoll; a sinistra, chaise-longue LC4, di Le Corbusier, Cassina; lampadario inglese in cristallo, fine del XIX secolo. Tutti gli artwork sono di Juan Carlos Areoso: scultura trasparente, ispirata alle orbite e alle fasi lunari, a sinistra; quadri gemelli, sulla parete a destra.

Juan Carlos Areoso
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La consolle stile Impero dialoga con il pouf capitonné e il quadro di Juan Carlos Areoso.

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Sedia Luigi XVI; comò bombé con coppia di antichi candelieri liturgici e una lampada vintage; acrilico di Miguel Ángel Guerra.

Juan Carlos Areoso
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Letto su disegno; consolle Luigi XV; opere di Juan Carlos Areoso.

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