Le dieci più belle bioarchitetture al mondo
Eucalipto, abete rosso, cedro. Dallo Yucatán all’isola di Bali, essenze autoctone e di recupero, per vivere nel pieno rispetto del contesto e della natura.
La vegetazione tropicale si rispecchia nei materiali ecologici dei building, tutti a ridotto impatto ambientale.
Immersi nei boschi di conifere, nelle foreste tropicali o costruiti in prossimità della costa oceanica, gli edifici presentati in queste pagine sono caratterizzati dalle essenze tipiche delle zone in cui sorgono e da legname di recupero. Protagonisti del coffee table book Out of the Woods, edito da Gestalten (pp. 288, €39,90), vantano anche progettisti che lavorano secondo i canoni e i principi della bioarchitettura.
L'eucalipto vince la sfida nel Nuovo Galles del Sud, in Tasmania e su Phillip Island, dove spiccano rispettivamente OCM House, i lodge Krakani Lumi e la geometrica Casa X. Sorprendente l'asimmmetrica Rode House in Cile, con il suo tetto rivestito in scandola. In Québec, invece, l'abete rosso dà carattere a un'abitazione alle porte di Mansonville. Ricavata da un ex fienile, è stata ribattezzata La Grange (termine francese che indica proprio il fabbricato rurale in cui si conserva il foraggio).
A Bali, teak e carpino sono il binomio vincente di House Carbon, villa da sogno affittabile per trascorrere vacanze esotiche, mentre sequoia e conifere armano l'impianto di Roofless House e Bayhouse, residenze private tra California e New England. Meritano una menzione speciale due boutique hotel: Jungle Keva, a Tulum, e Qiyunshan Tree House, in Cina; se il primo ha una copertura in foglie di palma, l'altro si mimetizza tra cedri giganti. Come in un sodalizio con la natura circostante.
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