Nel castello di Lowther l'imponente rovina del torrione centrale, costruito nel 1802. La precedente magione dell'omonima famiglia nobiliare era andata distrutta in un incendio.




Con rigoglioso slancio vitale la natura riconquista lo spazio antropizzato e abbandonato. Riecheggia potente intorno ai ruderi del castello ottocentesco in stile neogotico di Lowther, disegnato dall'architetto Robert Smirke. Lo scenario odierno è un gioco di finzione scaturito dalla mente di un celebre paesaggista britannico, Dan Pearson, che è impegnato nella rinascita di quest'oasi verde − nel nord-ovest dell'Inghilterra, contea di Cumbria − riaperta al pubblico nel 2012 (lowthercastle.org).

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Matteo Carassale
La facciata sud del castello fronteggia il parterre del garden designer Dan Pearson, che sfoggia un gioco di colori e altezze dato dall’accostamento della graminacea a ciuffi Calamagrostis x acutiflora ‘Karl Foerster’, con Veronicastrum virginicum ’Spring Dew’ e Hemerocallis ’Hyperion’.

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Il Giardino nelle rovine, piantato nel 2015. Vicino alla panca in pietre di recupero, ciuffi di Hakonechloa macra e felci di Dryopteris wallichiana.

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Da una finestra del torrione centrale lo sguardo spazia verso il bosco misto di tigli, platani, querce, betulle e faggi.

«Gli edifici ricoperti di piante mi ispirano. Durante il mio soggiorno in Italia ho visitato Ninfa, che è per me un punto di riferimento al pari dei quadri di Claude Lorrain e Nicolas Poussin», racconta Pearson. Passeggiando tra felci, erbacee e ortensie Hydrangea aspera 'Sargentiana', sovrastati da cascate di Clematis montana grandiflora, ci si stupisce di fronte a questa ingegnosa emulazione del selvatico. «I rampicanti sono sorretti da una rete sulla parete; fondamentali, poi, la manutenzione e la potatura annuale».

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Una scenografica veduta del castello inglese di Lowther e della ricca vegetazione che sembra incastonarlo nella natura.
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Spettacolare cascata di Clematis montana grandiflora, rampicante dai fiori bianchi, nel Giardino nelle rovine. Nel verde spiccano la felce dal fogliame grande di Dryopteris wallichiana, Waldsteinia ternata con boccioli gialli e Kirenshoma palmata: un'erbacea dalle foglie simili per forma a quelle dell'acero.

Qua e là spunta qualche frammento lapideo di colonna, testimone silente di tempi migliori. La magione e il parco, infatti, hanno ospitato teste coronate, come il Kaiser Guglielmo II. Fu il quinto conte di Lonsdale, Hugh Cecil Lowther, ad abbandonare la tenuta negli anni Trenta. Per appianare i debiti, nel Dopoguerra furono venduti all'asta mobili e oggetti di valore; infine, la costruzione fu sventrata. Il parterre che fronteggia il maniero − risalente al primo giardino creato nel XVII secolo − venne distrutto, mentre il prato adiacente fu adibito alla silvicoltura. È merito di Jim, figlio del settimo conte, aver fatto risorgere a nuova vita questo eden.

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L’antica architettura convive con l’ortensia Hydrangea aspera ’Sargentiana’.


L'attuale struttura è erede di una continua evoluzione. Risalgono al Seicento il roseto, il viale dei tassi, lo stagno e una terrazza panoramica con vista sulla campagna, assieme all'aggiunta successiva di un orto da parte del primo visconte, che era vegetariano. Il look formale subisce poi l'influsso dell'estetica del pittoresco, che stempera le geometrie più rigide, finché in epoca edoardiana viene coinvolto il garden designer Thomas Mawson per creare il Giardino Giapponese, il Giardino delle Iris e il Giardino Roccioso.

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Foglie violacee di Actaea simplex ’James Compton’.
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Matteo Carassale
Uno scorcio sul Giardino nelle rovine.

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Courtesy photo
Grandi felci Dryopteris wallichiana intorno alla panca in pietra.
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Un dettaglio del castello.

Il recupero in corso è all'insegna di un'interpretazione contemporanea nel rispetto della storia: «Ci interessava conservare l'atmosfera speciale e fiabesca», commenta il paesaggista. Un esempio eloquente è rappresentato dalle aiuole deliminate da siepi di tasso, che imitano l'effetto di una tappezzeria smisurata, dove ciuffi di Calamagrostis x acutiflora 'Karl Foerster' e sottili pannocchie fiorite di Veronicastrum virginicum 'Spring Dew' accompagnano i vistosi fiori gialli di Hemerocallis 'Hyperion'. Il risultato è quello di una spontaneità vegetale evocativa, in felice dialogo con la pietra.