Nella fotografia in alto, le componenti del "clan" Carozzi: in piedi, da sinistra, la decoratrice Elena e Maria Antonietta; seduta, Giulia.
Come un carattere ereditario dominante, il talento per la pittura si tramanda in questa casa atelier vibrante di memorie
Bozzetti, appunti, pastelli, cavalletti e cornici. In questa dimora settecentesca a Sarzana, ogni singolo oggetto racconta del proprietario: Gian Carozzi, pittore che qui visse fino alla morte, nel 2008. Lui non c'è più, ma il talento si riverbera sulle donne di famiglia. In primis, sulla nipote Elena, disegnatrice di wallpaper dallo spiccato tratto artistico, rigorosamente hand-painted e simili a immensi quadri. «Il nonno è stato il mio maestro; considero la sua casa atelier un luogo sacro, fonte inesauribile di idee e suggestioni», ci confida.
Ad accoglierla trova sempre Maria Antonietta Franchini – la vedova Carozzi, nonché catalogatrice dei lavori del marito e curatrice della prima monografia, in uscita a fine anno per l'editore Skira – e la figlia di quest'ultima, Giulia, appassionata ricercatrice di tessuti. «Gian mi ha insegnato il rigore del mestiere, la disciplina e l'uso di una tavolozza fatta di pigmenti naturali: terra di Siena, ocra, nero d'avorio e blu oltremare», riprende Elena. L'eredità estetica si concretizza nella scelta di escludere i colori primari. «Adoro, al contrario, le cromie spente e bruciate dei paesaggi autunnali, sulle quali poi le piogge repentine imprimono teatrali chiaroscuri».
La palette crepuscolare, che all'improvviso si accende degli arancioni e dei rossi riecheggianti il foliage, si declina in trame dalle morbide geometrie. L'input parte sempre dall'osservazione dell'ambiente campestre, dalle forme di fichi, nespoli e canneti. Del resto, le basta guardare fuori per ispirarsi, considerato che abita in una residenza di campagna alle porte della cittadina ligure. «L'orientamento delle foglie, in particolare, guida il movimento della mano donando dinamismo». Le creazioni sono concepite in formato XL, tributo alla vastità dei panorami.
Elena Carozzi firma infatti pannelli giganteschi (fino a quattro metri per tre) pensati in sequenza: vere e proprie narrazioni naturalistiche. Gli strumenti sono pennelli e spatole, olio e colle, fili di seta e lana, in materiche composizioni su varie tipologie di carta; pezzi unici lontanissimi dal concetto di serialità. La loro sede privilegiata è in spazi di femminile raffinatezza, che Elena ama immaginare «foderati per intero con i miei dipinti, ulteriormente impreziositi da "incursioni" di artwork, secondo il gusto personale del committente». Come fa lei stessa con certi acquerelli del nonno, sovrapposti ai suoi wallcovering in emozionanti incontri. Vertigine decorativa, bellezza all'ennesima potenza.