La nitidezza tagliente dei suoi scatti sembra addirittura oltrepassare la realtà
Professione fotografa, Michelle Watt utilizza le immagini come strumento per esorcizzare le prove che la vita non le ha risparmiato. Ha vissuto sulla sua pelle la condizione di artista cino-americana e il conseguente razzismo diffuso; ora crea tableaux vivants che solo in apparenza parlano di moda, mentre in realtà raccontano − attraverso colori puri ed eroine femminili − una personale visione del mondo, affrontando tematiche di identità culturale e sessuale, libertà, repressione. Soggetti che vedono trionfare il rosso negli sfondi, sugli abiti indossati dalle modelle, sulle labbra carnose poste in primissimo piano. «È una cromia incandescente quanto un tizzone che brucia dentro. Ma anche cruda, come le viscere e la carne. Rappresenta il sesso e la lussuria, la fortuna e la prosperità. Se il blu per me equivale alla protezione, il rosso simboleggia la forza».
Michelle, che vive tra Brooklyn e San Francisco assieme al boxer rhodesiano Fiona, lo scorso dicembre ha vinto il prestigioso British Journal of Photography, tributo ai migliori talenti internazionali. La nitidezza tagliente dei suoi scatti sembra addirittura oltrepassare la realtà. Altra caratteristica: le creature da lei immortalate appaiono quasi sempre tristi. «Piuttosto direi che non sono felici, ma non temono di mettere a nudo la loro anima, consapevoli del fatto che sono proprio le emozioni e le fragilità a renderci umani», spiega. Lei stessa identifica l'arte come la sua ancora di salvezza. «Costruisco scenari ed esploro temi che suscitano meraviglia, tormento, fantasia, orrore; tuttavia, mi sento sempre al sicuro. Il mio obiettivo è commuovere lo spettatore; facendo interagire colore, gesti e luce cerco di raggiungere un perfetto equilibrio tra leggerezza e significato. Affinché le suggestioni arrivino dritte al cuore».