Ha realizzato per sé non una semplice dimora, bensì una "cellula di rigenerazione energetica". Valentina Guidi Ottobri definisce "un utero materno" il luminoso appartamento fiorentino all'ultimo piano di un edificio anni Settanta, che costituisce il suo primo lavoro da interior. La Cabane − questa la denominazione − consiste infatti in stanze dal taglio personalizzato e una collezione di oggetti derivanti da una stratificazione di ispirazioni: la Toscana per i colori caldi e i materiali naturali; l'India − dove ha vissuto sei mesi − per la spiritualità diffusa; l'architetto e pittore spagnolo César Manrique, autore di abitazioni in intimo dialogo con il paesaggio.
Concepiti come un rifugio, questi ottanta metri quadrati con terrazze vista Duomo rappresentano l'outfit abitativo dell'apprezzata curatrice di progetti tra arte, moda e design, già buyer di Luisaviaroma. Una sorta di casa/galleria, vetrina di prototipi e produzioni del catalogo VGO Associates: atelier con sede presso una residenza d'artista nella campagna fuori Grasse, nel sud della Francia. «VGO è l'acronimo del mio nome abbinato a un pool di artigiani con i quali do forma a pezzi da me disegnati, replicabili su richiesta, oltre a una collezione d'autore di "sculture funzionali", capaci di infondere valore ai rituali della vita quotidiana», spiega.
Un concept che trova la sua massima espressione proprio qui a Firenze, in questi locali dove tutto gira intorno a un unico modulo centrale: la candida parete-libreria a nicchie, occupate da quelli che lei denomina "talismani". Objets d'art a tre dimensioni, tra i quali le terrecotte astratte di Antonio Di Tommaso e gli amatissimi Mostri dei fratelli Colì: «Maschere in ceramica nera ispirate ai bestiari medievali con funzione protettiva, come il totem a tre teste ideato da me e collocato nell'ingresso, che riprende la tradizione orientale dei Dvarapala, in sanscrito "guardiani delle porte"».
Il touch alchemico/esoterico − esemplare il tavolo Serpente realizzato in collaborazione con maestri toscani della scagliola − ben si sposa con l'imperante mood soft, espresso dagli angoli smussati e dalla sinuosità delle linee. «Da bambina guardavo Botero e mi perdevo nella rotondità di quei corpi», ricorda Valentina, che nell'artista colombiano vede l'antesignano più illustre nella percezione sensoriale dei volumi.