Una straordinaria capacità di documentare i grandi cambiamenti. Così Zoe Leonard ha saputo trasformare fotografie di denuncia sociale e politica in veri capolavori. Classe 1961, è lei la regina dell'obiettivo newyorkese: il MoMA l'ha subito consacrata acquistando per la collezione permanente del museo la sua serie più famosa: Analogue, quattrocentododici immagini che testimoniano l'evoluzione del paesaggio urbano dal 1998 al 2009.
Ora questi scatti, selezionati assieme ai suoi ritratti maggiormente innovativi, sono protagonisti di una mostra-evento al Whitney Museum of American Art. A partire dal 2 marzo fino al 10 giugno, la storica istituzione ospita Survey, un percorso in cui i lavori celebri duettano con installazioni e sculture poco note, affrontando temi cruciali come migrazione, globalizzazione, lotte di genere. Perché spiega l'artista: «Considero l'arte una forma di riflessione. Osservare, essere presenti, avere una certa prospettiva sul mondo sono azioni che scuotono la capacità di reagire».
Erede contemporanea del genio Walker Evans, in ogni lavoro Leonard ribadisce il desiderio di ricontestualizzare e interpretare la realtà, per rappresentare il punto di vista personale. Attraverso una Rolleiflex degli anni Quaranta, Zoe immortala il quotidiano con un linguaggio essenziale, restituendo istantanee di una società soffocata dal consumismo. Ma se inizialmente eleva a fonte d'ispirazione solo le città, dopo un soggiorno lungo due anni in un centro isolato dell'Alaska inizia a interessarsi del rapporto tra uomo e natura. Ne è un esempio la monumentale installazione You see I am here after all, un archivio di quasi quattromila cartoline che hanno per soggetto le cascate del Niagara e mostrano come un paesaggio incontaminato sia stato trasformato ad hoc per la fruizione di massa.
Poco interessata all'estetica, l'autrice presenta una raccolta di fotografie autentiche, esenti da ritocchi o rielaborazioni: dimostrazione di come il suo angolo di visuale riesca a influenzare radicalmente il modo di vedere e percepire le cose. Una volta inquadrati dall'obiettivo, infatti, i luoghi più ordinari svelano tutto il loro dolente lirismo.