Verginali e al contempo seducenti, le esili fanciulle ritratte hanno lunghissime chiome, sguardi languidi e labbra tumide come boccioli
Cavalieri medievali, eroi classici, angeli biblici. La Tate Britain si popola di figure eteree nell'omaggio a Sir Edward Burne-Jones (1833 − 1898). Il pittore che ha sublimato la bellezza ispirata al mito, infatti, è ora protagonista di Pre-Raphaelite Visionary (fino al 24 febbraio 2019). L'esposizione ribadisce attraverso 150 opere l'importanza di uno degli artisti britannici più influenti del XIX secolo. «Un quadro deve essere come un bellissimo sogno: qualcosa che mai è stato e mai sarà, in una terra che nessuno può definire o ricordare ma solo desiderare», sentenziava il maestro preraffaellita, studente di teologia a Oxford prima dell'incontro con William Morris e Dante Gabriel Rossetti.
I due lo convinsero ad abbandonare la religione per dedicarsi all'arte e proprio la mancanza di una vera formazione gli permise di sviluppare un approccio innovativo. Da un lato le suggestioni romantiche delle letture di John Ruskin, dall'altro l'influsso della pittura italiana del Quattrocento e Cinquecento − su tutti Mantegna, Ghirlandaio e Michelangelo − indirizzarono la sua produzione verso ambientazioni oniriche realizzate con tratto simbolista. Uno stile decisamente rivoluzionario per l'epoca e che, sostenuto da un geniale talento, portò Burne-Jones ad anticipare le forme dell'Art Nouveau. In mostra a Londra ci sono tutte le sue maggiori opere: da Love among the Ruins (1870-73) a The Wheel of Fortune (1883); inoltre, i cicli narrativi più celebri risultano esposti insieme per la prima volta. Raccontano la fiaba de La Bella addormentata e l'avvincente storia di Perseo, come The Baleful Head, in cui Andromeda osserva Medusa attraverso il riflesso sull'acqua, mentre Perseo contempla la fanciulla con sguardo innamorato; qui il volto senza vita del terribile mostro appare addirittura placido. È la personale visione del mondo secondo Burne-Jones: un universo in cui il bene trionfa.