Scatti accomunati da un patinato nitore formale, ma anche fortemente provocatori. E' questa la cifra dell’artista olandese

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Della serie Berlin, 2012, la denuncia di Olaf contro la Germania nazista: Porträt 5 – 9th of July vede ritratta una bambina di "razza ariana" dal temperamento molto autoritario.

Scuotere le coscienze e risvegliare le emozioni attraverso il ricorso all'immaginazione. Una vera e propria missione per Erwin Olaf: genio irriverente della fotografia contemporanea, abituato a provocare da oltre trent'anni, sia che si tratti di una pubblicità − celebri le campagne concepite per Bottega Veneta e Diesel − sia di un allestimento scenografico come quello al Salone del Mobile di Milano per il brand d'arredo Moooi (collezione 2013). Ma supera se stesso con i visionari racconti per immagini, dove integra perfettamente reportage giornalistici, staged photography, ritratti posati. Proprio questi ultimi si stagliano protagonisti indiscussi della duplice retrospettiva a lui dedicata all'Aia, che anticipa il suo sessantesimo compleanno.

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Fa parte del ciclo Hope la foto The Hallway, realizzata nel 2005.

Dal 16 febbraio al 12 maggio, Gemeentemuseum e The Hague Museum of Photography ospitano in contemporanea due mostre tese a ripercorrere l'intera carriera del maestro olandese. Esposte ci sono tutte le enigmatiche mise-en-scène che, sfruttando un registro personale, vanno al di là della realtà per condurre il visitatore in una sfera intima e personale. Quella dello stesso Olaf, in cui frammenti di storia dell'arte e citazioni colte − il cinema di Luchino Visconti e Douglas Sirk in primis − contaminano ogni scatto, restituendo uno spaccato fortemente critico della nostra società. Dalle fotografie dominate da interiors impeccabili e attori avvenenti emergono a contrasto dettagli dissonanti o un profondo senso di spaesamento, stimoli per una riflessione sui temi esistenziali: dalla solitudine al dolore e alla violenza.

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Sempre della serie Berlin, l’opera Freimaurer Loge Dahlem (22 April 2012).

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A sinistra, Keyhole #6, 2012

Ne è un esempio Porträt 5 – 9th of July con una bimba che pare una recluta della Hitlerjugend e ancora The Hallway, dove si crea una forte tensione tra la posa della modella − perfetta per un servizio di moda − e il volto disorientato dell'uomo. Anche l'ambientazione, nel corridoio di un hotel anonimo, enfatizza la sensazione di incertezza. Questi capolavori dalle luci caravaggesche si traducono in attimi sospesi nel tempo, scene dell'universo onirico di Erwin Olaf. Sognando (e sperando) che qualcosa di buono finalmente accadrà.

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Pearls (Sabine), 1986, rappresenta una critica feroce da parte di Erwin Olaf al mondo della moda, con una top model dallo sguardo fisso e assente, che vomita gioielli preziosi.