Curioso, intrigante, spesso provocatorio, rappresenta la tecnica perfetta per raccontare ossimori e idiosincrasie del nostro secolo. Questo è l'assunto − in epoca di fake news e Photoshop − di un grande successo editoriale: The Age of Collage, terzo volume di una fortunata serie lanciata nel 2013 e pubblicata dalla casa editrice Gestalten (pp. 320, €39,90).
Untitled #23 è invece un artwork della polacca Weronika Gesicka, che ama alterare la realtà stigmatizzando il mito della felicità tipico dell'America anni Cinquanta e Sessanta, in pieno boom economico.
Da Matthieu Bourel a Weronika Gesicka, passando per Jens Wortmann: le opere più glam di un genere di gran moda
Il collage si rivela un mezzo espressivo affascinante, che ha sedotto artisti del calibro di Pablo Picasso, Georges Braque e Max Ernst (quest'ultimo lo considerava «il passe-partout per l'inconscio, uno strumento destinato a rivelare i più intimi desideri dell'uomo»). In tempi più recenti è stato invece sfruttato per esprimere dissenso e alienazione, in particolare da Larry Achiampong, Adam Pendleton, Jesse Draxier e Amie Dicke, diventando un atto di resistenza alla digitalizzazione dell'immagine e agli stimoli visivi dei social media. Attraverso i suoi sbalorditivi mille volti.