Assomigliano agli attori di una pièce che si ripete all'infinito, in particolare ai personaggi della Comédie humaine di Balzac, pronti a rivivere in ogni romanzo o novella. Sono le figure enigmatiche di Nicolas Party, che si stagliano sullo sfondo di ampi murales, a formare una scenografia fantastica. La grande retrospettiva ospitata dal MASI di Lugano (in calendario dal 27 giugno al 9 gennaio 2022) riunisce trenta artwork in un'unica, suggestiva narrazione. Ritratti, nature morte e paesaggi − composti tra il 2013 e il 2020 − si alternano negli spazi museali, mentre un'imponente scultura policroma campeggia sul tappeto verde del Belvedere.
«È importante che un'opera risulti seducente, perché ci avviciniamo all'arte con gli occhi», spiega l'autore svizzero, il quale negli ultimi anni si è imposto all'attenzione di critica e pubblico facendo registrare vendite record (vedi Still Life, del 2014, battuto all'asta da Christie's per la cifra esorbitante di un milione centoventisette mila euro).
Austere e solenni come dive ieratiche, le sue figure femminili
citano l’iconografia classica di Picasso
Nato a Losanna nel 1980, ma di casa a New York e Bruxelles, Nicolas si è avvicinato al pastello nel corso del 2013. A segnare un punto di svolta nella sua carriera è stato l'incontro con il genio di Picasso, precisamente la sua Tête de femme, del 1921, realizzata con la medesima tecnica e ispirata alla statuaria classica. Ma i riferimenti di Party, che non è raro vedere in mostra accanto ai suoi lavori, includono anche René Magritte, Félix Vallotton e gli artisti rococò Rosalba Carriera e Jean-Baptiste Perronneau, famosi per i portraits delle petites femmes dell'epoca. «Quello che mi piace di questo mezzo espressivo è l'essere molto simile al makeup», rivela.
E le sue tele si arricchiscono di citazioni di altri dipinti − con un metodo che ricorda il campionamento in musica − a cominciare dai funghi e fino ai serpenti, ripresi da Three Snakes, Lizard and Toad (1663), del pittore olandese Otto Marseus van Schrieck. Il confronto con uno strumento fragile come il pastello ne esalta la bellezza: «Quella effimera poetica delle cose che con un soffio diventano aria».