Nella fotografia in alto, ricca di riferimenti alla street photography e al cinema, Crowd #7 (Bob Hope Airport), 2013, è l'opera più complessa mai realizzata da Prager.

Tutto è iniziato per caso, con una Nikon comprata su eBay e uno scatto di William Eggleston. Così Alex Prager − artista e film-maker autodidatta dallo straordinario talento − ha trasformato la passione per la fotografia in una carriera folgorante. Classe 1979, oggi è lei la regina statunitense dell'obiettivo: consacrata ad appena 31 anni con una mostra al MoMA e la vittoria di un Emmy Award per il docufilm Touch of Evil.

Dopo le campagne pubblicitarie per maison come Bottega Veneta ed Hermès, apre ora i battenti a Londra la sua prima retrospettiva europea. Fino al 14 ottobre, The Photographers' Gallery ospita Silver Lake Drive: esposizione sofisticata, dove immagini in Technicolor e fotografie XL dialogano visivamente con le pellicole più audaci. Nel suo immaginario surreale le donne sono protagoniste indiscusse («Empatizzo con quello che provano e interpreto le loro emozioni», spiega).

Face, Hair, Blond, Chin, Hairstyle, Eyebrow, Facial expression, Skin, Lip, Head, pinterest
Mark Williams e Sara Hirakawa
Un ritratto della statunitense Alex Prager.

L'esito è un défilé di ritratti enigmatici, in cui dive anni Cinquanta sfoggiano tailleur bon ton e pettinature vaporose, mentre seduttive teenager ostentano rossetti brillanti. La sua attenzione per il dettaglio è quasi ossessiva; l'artista orchestra inquietanti mise en scène per raccontare un mondo in cui la bellezza da promessa di felicità si rivela mera illusione, traducendosi sui volti in angoscia, tristezza, paura. «Nel mio lavoro la componente emotiva, assolutamente sincera, è un elemento centrale». Alex va oltre il classico portrait, combinando il linguaggio iconografico dei film cult con quello dei servizi moda firmati Guy Bourdin. Della società contemporanea cattura il distacco tra côté intimo e aspetto esteriore, in particolare a Los Angeles, sua città natale e principale fonte di ispirazione. Ogni opera risulta costruita come se fosse un set cinematografico: dalla scelta degli outfit alle comparse, dall'illuminazione abbagliante alla predilezione per i colori saturi. E la finzione è voluta, esplicita; ragione per cui le attrici appaiono immobilizzate come in un fermoimmagine. «Il mio intento è raccontare storie a metà, lasciando allo spettatore la scelta del finale», afferma.

Fun, Event, Performance, Party, pinterest
Courtesy Alex Prager Studio, Lehmann Maupin, New York and Hong Kong
La celebre opera Susie and Friends, dalla serie The Big Valley, 2008, creata per raccontare il contrasto losangelino tra finzione, bellezza e dramma.


Hair, Green, Blond, Drink, Long hair, Juice, Drinking, pinterest
Courtesy Alex Prager Studio, Lehmann Maupin, New York and Hong Kong
Ellen, del ciclo Polyester, 2007; lo scatto ha raccolto uno straordinario successo, consacrando Alex Prager internazionalmente.
Tree, Bird, Gesture, Fictional character, Feather, Wing, pinterest
Courtesy Alex Prager Studio, Lehmann Maupin, New York and Hong Kong
Eve, omaggio al grande regista Alfred Hitchcock e al suo cult movie Gli uccelli (1963); per l’artista si tratta di un mito assoluto, assieme a Douglas Sirk e a Luis Buñuel.

In Eve − omaggio ad Alfred Hitchcock, in basso a sinistra − Prager sottolinea il panico di una signorina assalita da uno stormo di uccelli, mentre nella sua serie più ambiziosa, Face in the Crowd, rende le scene teatrali ricorrendo alle inquadrature dall'alto. Per questo shooting la regista ha diretto oltre trecento interpreti su quattro set, costruiti per immortalare il fiume di persone che affolla solitamente gli spazi pubblici. In Crowd #7 (Bob Hope Airport), nella pagina precedente, il focus è su un gruppo di individui completamente disinteressati a instaurare qualsiasi contatto con gli altri. Solo un'avvenente ragazza bionda − quasi una star dei melodrammi di Douglas Sirk − fissa l'obiettivo con sguardo ansioso: è una metafora dell'alienazione dell'uomo moderno, isolato in mezzo alla folla. Nell'idea di Prager rappresenta l'assenza di comunicazione in un mondo sempre connesso.