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Nudo e crudo

In mostra alla Scottish National Gallery of Modern Art di Edimburgo, Jenny Saville esplora l’universo femminile.

Di Benedetta Bernasconi
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courtesy photo

Sensuali eppure tormentate. Autenticamente languide, talvolta addirittura ferite e monumentali nella loro pulsante fisicità. Sono le donne ritratte da Jenny Saville (Cambridge, 1970), la regina della pittura d'oltremanica, capace di trasformare i pigmenti in carne viva. Non stupisce che sia stata consacrata tra le artiste viventi più quotate di sempre, con l'opera Shift battuta all'asta per 9 milioni di dollari. Ora Saville approda a Edimburgo: dal 24 marzo al 16 settembre, la Scottish National Gallery of Modern Art ospita − all'interno della collettiva Now − un'ampia rassegna che ne ripercorre la carriera, iniziata ad appena 22 anni quando Charles Saatchi − il collezionista che ha lanciato nomi famosi tra gli Young British Artists, da Damien Hirst a Tracey Emin − ne scoprì il talento.

In questo contesto i lavori degli esordi si alternano alle tele più conosciute, formando una galleria di immense matrone dal fascino cupo, lontane dagli stereotipi costruiti a uso e consumo del desiderio maschile. Con un tratto iperrealistico e una palette intensa, la pittrice inglese realizza figure capaci di evocare le muse di Rubens, esasperate però dalle prospettive distorte e dalle pennellate vibranti. «Non si tratta solo di vedere il corpo, piuttosto di sentirlo, toccarlo, annusarlo. Utilizzo il colore, la sua matericità, per evocare il puro realismo», spiega l'autrice. Ed è esattamente la sensazione che suscita uno dei portrait maggiormente suggestivi in mostra: Rosetta II, che immortala una giovane cieca dalla nascita. La testa è appena reclinata all'indietro, come se stesse vivendo l'esperienza dell'estasi, mentre gli occhi vitrei restituiscono la luce con un'intensità estrema, ipnotizzando lo spettatore.

Fino ai quadri concepiti (letteralmente) durante la gravidanza, che ha segnato parecchio Saville e la sua ricerca estetica. L'inquietudine e la violenza svaniscono; le composizioni diventano un groviglio dinamico e armonioso di personaggi tratteggiati a carboncino, come in One out of two (symposium). La bellezza non è più racchiusa nell'agonia della carne, ma nella moltiplicazione di corpi sinuosi dalla vitalità feconda. L'esito è una femminilità potente e controversa, che mette d'accordo critica e pubblico. È lei l'erede di Lucian Freud.

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courtesy photo

Jenny Saville

In mostra alla Scottish National Gallery di Edimburgo anche "Rosetta II", 2005-06. Capolavoro dell'artista, ritrae una ragazza cieca dalla nascita.

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courtesy photo

Jenny Saville

"One out of two (symposium)", del 2016, a pastello e carboncino. I soggetti in primo piano sono raffigurati in modo impeccabile e, nelle forme morbide, rievocano i ritratti dei grandi maestri, da Tiziano a Rubens. L'opera è attualizzata da una serie di segni energici color mattone, che ricordano i grafismi di Cy Twombly.

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