Due bevande dividono inesorabilmente americani e inglesi: il caffè e il tè. Si dice che, insieme all’accento, siano il sintomo più evidente delle loro insanabili differenze e che il primo, soprattutto il caffè in filtro, rappresenti la fretta forsennata degli statunitensi, mentre il secondo l’elisir del fair play con cui i britannici fanno le cose. Il tè, infatti, da oltre 100 anni, richiede una preparazione non proprio fast che non è stata mai cambiata, e che consiste nella bollitura dell’acqua (la temperatura ideale è 80° e non 100 come si pensa), l’immersione della bustina o dell’infusore, il dilemma quanto lasciare il tè in infusione (risposta: quattro minuti lo rendono perfetto, di meno sarà acquoso, di più sarà amaro). La bustina, quando è stata inventata, rappresentava il passo avanti versus le foglie gettate nell'acqua, da filtrare poi mentre si versa nella tazza. Insomma, un rito che sembra non essere più conforme con i ritmi (esagerati?) della vita digitale. Risultato: una compagnia di San Francisco ha messo a punto un sistema per dare un taglio ai tempi di attesa e ottenere un ottimo tè senza troppe complicazioni. Come? Riducendo le foglie in cristallo. sì, come una droga avveniristica. Sarà il tè in cristalli la nostra prossima ossessione?

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Pare proprio di sì. L’azienda che ha investito sul progetto del tè in cristalli si chiama Pique e il suo slogan è “libera i benefici del te, scatena il tuo potenziale nascosto”. Nel loro sito, in cui le confezioni sono in vendita a partire dai 35 dollari circa (ma le bustine sono molte, per un prezzo di circa 0,70 a tazza) si legge “Ti sarà difficile trovare un altro tè che offra gli stessi benefici in una singola porzione. Noi ti offriamo una maggiore densità di nutrienti per tazza rispetto a qualsiasi altro tè presente sul mercato”. Sempre sul sito ufficiale di Pique si legge pure che la tecnica di riduzione delle foglie di tè in cristalli, brevettata ed esclusiva, si chiama Cold Brew Crystallization e trasforma il tè in un superfood. “Si tratta di un alimento integrale biologico senza l’aggiunta di nulla”, specificano per superare l’inevitabile ostilità che il prodotto può generare a causa dell’aspetto che ricorda un composto chimico. Il sito mostra anche dei pop-up occasionali che avvisano ogni volta che un utente nel mondo ordina una confezione. La scelta varia tra diversi flawor, tra cui il classico Earl Grey Nero, tè verde al gelsomino, al passion fruit, Sencha alla menta, e ibisco e menta.

Come lasciarsi convincere a provarlo? Forse aggiungendo che Pique è una start up fondata, sì, da un giovane americano che ha studiato ad Harvard, ma di origini cinesi. Simon Cheng di Pique Tea, come lo chiamano ormai tutti, prima di mettere in cantiere il suo progetto con la moglie Amanda Wee ha viaggiato in lungo e in largo nell’Asia da cui erano emigrati i suoi avi. E lì, ha constatato che la salute degli asiatici è migliore proprio grazie al maggiore consumo di tè che è ricco di antiossidanti, il te verde rallenta l'invecchiamento e protegge dai danni dell’inquinamento e aiuta a prevenire i tumori. I due hanno quindi pensato che per convincere gli americani ad assumere più tè bisognava trasformarlo, appunto, in un superfood. In effetti la trovata sta riscuotendo, lentamente ma inesorabilmente, un buon successo in tutto il mondo. Ma alla Pique sono convinti che nel giro di un decennio sarà questo il modo più diffuso per bere il tè. E probabilmente hanno ragione.

Courtesy photo Pique.com