L’imperatore. Il maestro della cucina francese. Il primo dei grandi, addirittura definito il Papa Re della nouvelle cuisine, tristellato per cinquant’anni. Per antonomasia chef, Paul Bocuse è morto all’età di 91 anni a Collonges-au-Mont-d'Or, vicino Lione, la cittadina dove era nato. Da diversi anni soffriva di Parkinson ma non aveva mai smesso realmente di cucinare, di pensare a come rapportarsi con il cibo. "Il nostro Capitano si è spento, il tricolore se ne è andato" hanno scritto su Facebook la moglie Raymonde e i figli Françoise e Jerôme. E i foodies d’alto rango tornano a piangere alla notizia della sua scomparsa, annunciata dal ministro degli interni francese Gérard Collomb ex sindaco di Lione, appena dopo tre settimane dalla morte del corrispettivo e amico fraterno Gualtiero Marchesi. L’altissima gastronomia mondiale è a lutto nuovamente, perché la morte di Paul Bocuse non può lasciare indifferente nessuno. Nemmeno chi non lo conosceva, nemmeno chi lo ha sempre e solo letto come nume tutelare senza mai conoscere la sua filosofia di cucina, nemmeno chi si ciba di junk food. Jacques Pépin, una delle storiche personalità culinarie francesi più celebri al mondo, diede nel 2011 una definizione immarcescibile di Paul Bocuse in occasione della nomina de le pape quale chef of the century: “Ha fatto di sicuro più di ogni altro chef al mondo per portare i cuochi nella sala da pranzo e rendere la professione rispettabile. Se gli chef sono delle star, siamo debitori a Paul Bocuse”.

È morto Paul Bocuse, il Papa Re della nouvelle cuisine di Franciapinterest
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Eppure Paul Bocuse nouvelle cuisine era un termine che non amava. Lo rifuggeva. Quando, dopo aver partecipato come soldato alla seconda guerra mondiale ed essesi guadagnato la croce nelle battaglie dell’Alsazia, Paul Bocuse riprese il suo apprendistato nelle cucine dei ristoranti, la cucina francese era di una classicità immutabile e la guida Michelin già dettava legge da vent’anni con le sue stelle. Paul Bocuse ci ha messo quasi dieci anni a decidere di aprire un posto suo, l’Auberge du Pont de Collonges, che ottenne il primo macaron (così chiamano le stelle Michelin in Francia) in appena due anni, e la seconda nel 1960. Il terzo macaron arrivò nel 1966 e Bocuse scelse così di cambiare strada: riacquistò il vecchio risotrante venduto dal padre quarantacinque anni prima, gli cambiò il nome in Abbaye de Collonges e appese all’esterno una scritta al neon gigante col suo nome, Paul Bocuse. Punto. Ci vollero quasi altri dieci anni per arrivare alle copertine dei magazine mondiali, dal New York Times Magazine a Newsweek, e a sottolineare l’embrione del fascino del grande chef. I giovani cuochi si accapigliavano per avere un posto da apprendista da Paul Bocuse ristoranti, ma lo chef aveva già in mente la sua nuova rivoluzione: allontanarsi dalla nouvelle cuisine, la cucina delle “mini porzioni su piatti enormi” che aveva contribuito a creare e modificare. Una distanza siderale dalle definizioni. “Non è vero che Paul Bocuse ha inventato la nouvelle cuisine: c’erano alcuni piatti che erano stati sviluppati in modo più leggero, ma è normale nel mondo della cucina” spiegò al Wall Street Journal. Per Paul Bocuse nouvelle cuisine era ormai diventata “quello che c’è sul conto”, invece di quello che doveva esserci nel piatto. E Paul Bocuse ricette di piatti fenomenali che non meritavano poca attenzione ne ha create parecchie, e sono diventati tutti piatti simbolo: la zuppa di tartufi (per l'allora presidente francese Valery Giscard D'Estaing), il pollo in fricassea con i funghi spugnole, il celebre pasticcio d'anatra e foie gras da mangiare anche freddo con l'aggiunta dell'amatissimo, onnipresente tartufo, alma e omega della sua cucina, fino alla spigola in crosta farcita con mousse di astice, lusso supremo da ricchi estimatori gourmand.

La zuppa di tartufi di Paul Bocuse, uno dei suoi piatti più celebripinterest
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La zuppa di tartufi di Paul Bocuse, uno dei suoi piatti più celebri

Per riportare l’attenzione nelle cucine e non sui conti stellari della new wave culinaria, creò il premio Bocuse D’Or a suo nome dedicato agli chef, che si tiene ogni due anni a partire dal 1987. Egocentrico, ma poteva permetterselo: anche perché oltre al premio Paul Bocuse pensò alle scuole di cucina e formazione, cosa che oggi sembra perfettamente normale, e fu pioniere anche nel passaggio delle sapienze gastronomiche alle nuove generazioni. Personaggio scomodo, tanto amato quanto criticato per certe sue particolarità lontane dalla cucina (nella vita privata Paul Bocuse era sposato e con una figlia ma confessò di avere avuto anche due amanti, una delle quali gli diede anche un figlio), non si faceva mettere i piedi in testa da nessuno: dei critici gastronomici diceva “sono come gli eunuchi, sanno come si fa ma non possono”, sugli errori in cucina ironizzava platealmente “Se un architetto fa un errore, lo ricopre di edera. Se un medico fa un errore, ci mette sopra la terra. Se un cuoco sbaglia, lo nasconde sotto una salsa” amava dire, specialmente dopo aver preso le distanze dall'ormai vetusto decalogo della nouvelle cuisine. La curiosità lo spingeva ancora avanti, nonostante la malattia. Paul Bocuse, l’or de France.

Photo courtesy Bocuse.fr