Mangiare carne fa male? Il dibattito è aperto da lungo tempo e genera opinioni contrastanti (e a corrente alternata), oltre ai flame infiniti su Facebook fra vegani e carnivori a colpi di foto di braciole vs mucche maltrattate. L’ultimo verdetto sulla questione lo ha emesso il Congresso Europeo di Cardiologia a Barcellona, dove si è giunti a una conclusione che dovrebbe calmare un po’ le acque. Lo studio che è stato presentato è il Pure (Prospective Urban Rural Epidemiology) pubblicato anche su Lancet, e si pone l’obiettivo di riportare equilibrio nelle scelte alimentari compromesse dalle mode, oltre a ricordare uno dei concetti fondamentali (e risaputi) dell’alimentazione sana: la varietà. Lo studio, infatti, mette in guardia sui rischi per la salute e le sottovalutazioni degli effetti del consumo eccessivo di carboidrati, che aumentano il livello degli zuccheri nel sangue, soprattutto quelli semplici (meglio quelli complessi, che lo fanno gradualmente). Così come degli effetti collaterali dell’abbassamento eccessivo del consumo di grassi insaturi e saturi.

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«La dieta sana dovrebbe apportare non più del 50-55% delle calorie derivate dai carboidrati e non più del 35% dai grassi, includendo sia i saturi che gli insaturi», spiega Elisabetta Bernardi, biologa nutrizionista dell’Università di Bari interpellata da Carni Sostenibili, un’associazione che si occupa di promuovere il consumo responsabile della carne. «Non ci sono evidenze che assumere al di sotto del 10% di energia dai grassi saturi sia benefico, ma è stato evidenziato che andare al di sotto del 7% può essere anche pericoloso. La giusta quantità per i grassi saturi si dovrebbe aggirare fra il 10 è il 13%. Il messaggio più importante dello studio è che la moderazione al posto del troppo o del troppo poco, per grassi e carboidrati, è la vera saggezza», conclude la dottoressa Bernardi. Di parere simile il Prof. Carlo Gaudio, Primario di Cardiologia, Università la Sapienza di Roma secondo cui «ci si accanisce sempre sui grassi mentre si trascurano gli zuccheri, silenziosi nemici delle arterie». Mentre per il nutrizionista Luca Avoledo: «Esiste l'ingiustificata convinzione che in Italia si consumino troppi grassi e proteine; l'eccesso riguarda semmai i carboidrati, dal cui abuso questa ricerca mette in guardia», augurandosi infine che lo studio riporti verso la scelta di una dieta bilanciata e onnivora. E in effetti, paragonata, ad esempio a quella dei paesi anglosassoni, la nostra dieta mediterranea non è mai stata così ricca di grassi. Via libera, quindi? Un po’ sì, ma senza farsi prendere troppo dall’ottimismo.

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Le carenze di grassi denunciate dallo studio potrebbero infatti riguardare soprattutto un'allarmante fascia di popolazione che segue un'alimentazione scorretta o monotematica (per disinformazione) o estremista (spesso lo stile di vita vegan viene adottato come scusa per celare disordini alimentari come l’anoressia). Per la maggioranza la cautela è sempre d’obbligo. La percentuale di persone che soffrono di ipercolesterolemia, in Italia, è infatti molto alta (oltre il 20% fra i 35 e 73 anni) e si calcola che moltissimi italiani non siano neanche consapevoli di avere il colesterolo alto perché restii ai controlli di prevenzione (bastano le semplici analisi del sangue, sì quelle che non fate da 10 anni). Il 33% della popolazione è inoltre in sovrappeso (che sia vegan, vegetariana o onnivora) anche se i dati stanno calando negli ultimi anni. Inoltre, secondo l’epidemiologo Franco Berrino, impegnato da decenni nella ricerca della prevenzione dei tumori tramite l’alimentazione, la dieta strettamente vegana non è salutare, gli zuccheri e la farina bianca sono veleno, i dolcificanti sono una fregatura, ma la drastica riduzione di carne rosse e insaccati (secondo lui, questi ultimi proprio da dimenticare) a favore di proteine vegetali (legumi e cereali), e del pesce (lo sgombro in particolar modo) è d’obbligo. Una teoria confermata dall’Organizzazione mondiale della Sanità.

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Infine, rimane da convincere chi conduce un’alimentazione squilibrata per cause etiche (sì, quei rompiscatole che alle cene fra amici fanno le pulci a tutto quello che hai nel piatto), e che delle calorie e dei grassi se ne infischiano, a costo di sacrificare eroicamente la propria salute. L’allevamento intensivo è infatti considerato da molte associazioni animaliste e dai suoi seguaci immorale e non più sostenibile, nei termini attuali (il consumo di carne pro capite nell'ultimo secolo è aumentato vertiginosamente col benessere economico). Ci sono obiezioni che vanno dalle emissioni di gas al consumo eccessivo di acqua, che ne fanno una delle cause principali dell’inquinamento mondiale. Il fenomeno della piromania su commissione per disboscare aree da destinare ai pascoli in zone preziose per l'ecosistema, come l'Amazzonia. Ma soprattutto il trattamento degli animali in alcuni allevamenti lager (oggetto di boicottaggio). Per molti, insomma, la questione rimane ancora aperta. Come fare per non sbagliare? Rispolverando la saggezza degli antichi. Come dicevano i latini, in medio stat virtus, la virtù sta nel mezzo. Mangiate variegato, e la vita vi sorriderà.

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